Appelli, promesse, speranze, illusioni, tutto per niente.

Gallura, Ogliastra, Sarcidano, ovunque il grido di ribellione di chi vive la disfatta del diritto alla salute.

Anni che si fanno appelli, che si alimentano speranze, illusioni. I proclami  si infrangono contro lo spietato quadro vuoto che nulla alla fine ha prodotto. Scrivo per questa comunità e poche volte per altre, ma non so strapparmi di dosso le accorate espressioni di chi, al pari di questa comunità, continua a lottare per un diritto. Ne scrivo, ne parlo, sino a far provare senso di disgusto in chi si estranea dall’interesse comune per la sanità. So di dar fastidio ma poco mi curo di chi non legge e non pensa che la salute sia il centro che fa muovere tutto.

Ripeto a me stesso che essere pugnaci e fieri anti sistema non è un atteggiamento ma un corretto modo di combattere le ingiustizie. Vado a ritroso nel tempo, da quei primi vagiti delle rivendicazioni per il Paolo Dettori. Di quelle persone ce ne sono ancora, tante. Ne mancano altre, quelle che oggi si defilano dietro la modalità “stand by” che sottende al disinteresse. Non me la prendo con nessuno di quelli che oggi ne stanno fuori, in fondo non c’è solo la sanità di cui parlare. Vero, ma da malato la prima cosa che penso è curarmi e non andare ad un festival o ad un concerto. Non è un modo di dire, ma la salute è al primo posto sempre.

Gli appelli vani di La Maddalena.

Scrive Emanuela Cauli, una delle oppositrici alla disfatta del Paolo Merlo. L’ospedale di un’isola meravigliosa che si ricorda solo per Garibaldi, Caprera o per la spiaggia Rosa. Non per i suoi 10.000 residenti che si trovano intrappolati in una fortezza stupenda affidando la loro salute agli ambasciatori in giacca e cravatta della politica. Ad un elicottero o ad un battello che riesca a salvare delle vite umane.

L’ospedale Paolo Merlo di La Maddalena

«Perché? Tre anni di lavoro per la sanità e per il Merlo, tre anni di speranze morte sul nascere, di buchi nell’acqua, di fiducia riposta nelle persone sbagliate, di colloqui conclusi con strette di mano e poi traditi, di proposte neanche prese in considerazione. Tre anni nella melma, ad aver a che fare con persone squallide, false, bugiarde. Sopportando, facendo buon viso a cattiva sorte, ingoiando falsità e umiliazioni, viaggiando su e giù per la Sardegna a questuare attenzione e Compassione per un piccolo presidio di zona disagiata. Quante porte sbattute in faccia…A che è servito? Siamo peggio di prima, il punto più basso della sanità isolana.
Quanta rabbia e quanta amarezza per una comunità che nessuno vuole o sa aiutare, e che affonda nelle sabbie mobili di invidie e rancori e assurdi interessi personali».

gli amici di La Maddalena, al Paolo Merlo

Ripenso ad una giornata tra le tante trascorse in ospedale a Tempio. La visita di un ex parlamentare, non attesa ma casuale. Era a Tempio per altri motivi. Beveva un caffè al bar e ci avvicinammo con Mario per parlargli. A domanda, rispose: ” Cosa vogliono quelli di La Maddalena?”. Ecco, la frase squallida che non accetti ma che almeno sa di verità. Era ed è quello che pensano tutti coloro che avrebbero da unire questo territorio baciato dalla fortuna di essere splendido ma che deve fare i conti con i chiacchieroni, fannulloni, sciupa tempo in giacca e cravatta.

Appelli dall’Ogliastra, da Isili, da ogni avamposto in lotta per il proprio ospedale.

Stesso grido, medesime e legittime richieste: vogliamo avere il diritto di curarci nella nostra terra. Ogliastra, Gallura, Sarcidano, terre difficili con situazioni ben aldilà della materia sanitaria.

L’ospedale di Lanusei

Se guardiamo alle altre regioni della Sardegna, stessa situazione. Dove si abbatte la ferocia della discriminante mannaia, sono danni, servizi chiusi, strade disastrose, problemi economici e sociali che aggravano il quadro complessivo di chi ha un ospedale distante. Non si pensa alle persone anziane, fragili, malate, disagiate economicamente. Nella pentola si finisce tutti, con le dovute differenze tra chi ha la possibilità e chi invece non ce l’ha. E non è mai stato un mal comune e mezzo gaudio, per nessuno. Quando si soffre un disagio, la cosa migliore che possa capitare è che passi subito. Ma nella Sanità allo stremo, preda di feroci e malefici disegni liberisti extraterritoriali, la deriva colpisce per intero lo stato sociale. Le conseguenze non sono riparabili nel breve e nemmeno nel medio termine.  

I giovani manifestano a Lanusei.

Di fronte a una simile “Caporetto”, indagare le cause è doveroso. La prima, la più evidente, e in qualche modo ovvia, è  legata ai quattrini. Cioè ai tagli brutali alla spesa sanitaria effettuati indiscriminatamente negli ultimi lustri e al contemporaneo crollo degli investimenti pubblici. Dal 2013 al 2017 la spesa sanitaria pubblica è aumentata appena del 2 per cento, mentre quella privata ha messo il turbo: +9,6 per cento. Allargando l’orizzonte temporale, dal 2010 al 2018, la spesa sanitaria pubblica, rispetto a quella complessiva, è percentualmente diminuita, passando dal 78,5 per cento al 75 per cento, mentre quella sanitaria privata è aumentata, passando dal 21,5 al 25 per cento (in base all’ultima relazione della Corte dei Conti citata da un’indagine Istat dell’aprile 2019). Scenari Economici di Francesco Carraro.

Basta appelli, promesse, illusioni, speranze.

Di fronte allo sfascio completo anche della sanità pubblica, il disegno spartitorio della politica prosegue. Si riparla di nuove province e si attende solo la conferma della 5^ Assl Gallura dopo che verrà approvata la nuova riorganizzazione della rete ospedaliera. 

C’è chi ancora crede nella lotta e chi invece pensa a sistemare qualche deluso dalla logica della politica che accresce il peso burocratico di una sanità che ha bisogno solo di capire cosa sia veramente indispensabile. Io, come tanti, penso che siano utili medici e sanitari, che gli ospedali vengano riportati alla loro dignità di baluardi della salute. Non occorrono poltrone superflue e inutili, solo la presa di coscienza che la salute si governa con gli ospedali e non con le promesse, gli appelli e le illusioni alle quali nessuno crede più.

 

 

 

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