Calangianus, Quando attraverserà l’ultimo vecchio ponte…..

Calangianus, 15 gen. 2018-

La vita diventa ogni giorno più difficile, non bastassero le difficoltà oggettive di andare avanti, tra le mille fatiche di sopravvivere alle troppe insidie della mancanza di un lavoro, lo stillicidio quotidiano delle vite fragili che stentano a ritrovare se stessi e il necessario equilibrio per dominare le intemperie da cui veniamo sopraffatti senza nemmeno accorgerci del male che ci stanno facendo. Viviamo senza accorgerci del perché sia indispensabile farlo, tiriamo avanti come si dice, talvolta senza un perché. Non basta neppure una minima sicurezza economica, non basta più nulla. Il male viene a galla, si affaccia tra i nostri affanni e prende il sopravvento su tutto.

Non bastano la famiglia, i figli, i riferimenti che ci servono ad avere ascolto nel silenzio del male oscuro, non bastano gli amici, le piccole gioie che abbattono i pensieri negativi, non riusciamo a scorgere un riparo dalla pioggia torrentizia della mente che dirotta altrove il suo interesse. L’esperienza di una vita di lavoro, quel vissuto che è memoria e testimonianza del nostro passaggio, è solo uno stanco passato che non ci aiuta a trovare il senso, l’essenza minima per raggiungere la serenità interiore che è più importante delle medicine che assumiamo per ricostruirne l’artificialità. La mente non si placa mai, evolve e dissolve nel medesimo tempo qualsiasi residua forza, ci spinge in teatri dell’orrore piuttosto che in placide commedie spensierate.

La vita, sarà sembrata di troppo per lui, ne ha sentito l’ingombrante fardello che gravava sempre di più tra le nuvole oscure di un cielo invernale. Avrà sentito addosso l’impercettibile silenzio del vuoto che diventa un troppo pieno di solitudini interiori che incombono come una valanga sulla testa. Ce lo chiediamo ogni volta perché succedano queste tragedie, diventano numeri che crescono, come se la vita  si dimentichi di noi, e aumenti la nostra frenesia di chiuderci dentro un mondo di protezioni fittizie, dentro uno scafandro che ci isola dal resto del mondo.

Soffriva- così ci hanno detto- reduce da una grave malattia, non accettava il suo stato, ora che una vita nel suo lavoro nel sughero gli aveva concesso una tregua, un armistizio tra le pieghe scompaginate di una mente non più serena.

Ha cercato anche lui un riparo, lo ha fatto come un uomo che voleva porre fine a quel martellante suono che distrugge la volontà di una qualsiasi reazione. Basta poco, avrà pensato, una corda e quell’ultimo sospiro davanti a quel cielo che era sempre più oscuro.

Antonio Masoni

Quando attraverserà
l’ultimo vecchio ponte
ai suicidi dirà
baciandoli alla fronte
venite in Paradiso
là dove vado anch’io
perché non c’è l’inferno
nel mondo del buon Dio. (Preghiera in gennaio – Fabrizio De Andrè)

Related Articles