Cecilia, vittima di un grave caso di malasanità.

Cecilia Maisto ha solo 31 anni, è madre di due bimbe, una di 7 e una di 4 (ad ottobre saranno 5). La sua vita cambia radicalmente subito dopo il secondo parto (2014). Probabilmente ciò è dovuto alle conseguenze del parto della sua secondogenita. Si tratta di una forma di cistocele, il prolasso della vescica che determina lo spostamento dell’organo dalla sua posizione anatomica. La causa un indebolimento del pavimento pelvico che ha una rete di muscoli e nervi col compito di sostenere l’uretra, la vescica l’intestino e l’utero. La vescica, pian piano abbandona la sua normale posizione per scivolare verso la vagina. Dei tre gradi della patologia, quello di Cecilia viene diagnosticato intermedio (2° grado). Le consigliano ginnastica pelvica e null’altro. L’attività, tesa a rendere più funzionale e elastica la vescica, non ha effetto. I dolori intervengono e con essi anche fastidiose perdite di urina. Una causa non rara, ma certamente si deve andare a fondo per chiarire il quadro anatomico e funzionale e cercare un’altra soluzione. Le si prospetta un intervento chirurgico. 

Si calcola che circa 1/3 della popolazione femminile oltre i 50 anni, presenti questa patologia per svariate cause. Quel che rende spesso la patologia nascosta è che può essere asintomatica e non manifestare dunque particolari problemi, ma anche palese con problemi di minzione e perdite urinarie.

Cecilia, dal 2014, subito dopo la nascita della secondogenita, avverte dolori. Passano quattro anni, senza che senta il bisogno di fare una visita accurata, specialistica. Quando decide che la vita diventava sempre più insostenibile, mentre in palestra esegue un esercizio che prevede un salto, si ritrova senza accorgersene, “bagnata”. E’ un segnale forte, non può trascurarlo, né rischiare di incorrere in ulteriori problemi più gravi.

Inizia la vicenda sanitaria di Cecilia.

Siamo nel 2018, aprile. Le viene diagnosticato un Cistocele, di secondo grado, tra il lieve ed il grave. In un ospedale sardo, non in Gallura, le consigliano un intervento chirurgico. Si tratta di apporre attorno alla cavità pelvica una rete di polipropilene che ha la funzione di contenere il prolasso. Un intervento non pesante, che su di lei viene eseguito col sistema tradizionale, benché sia possibile anche quello in laparoscopia.

Al risveglio, avverte dolori molto forti alla gamba sinistra che si propagano dalla coscia sino al piede. La gamba resta fredda. In ospedale, la tranquillizzano, è normale o quasi che ci possano essere nel post-operatorio e il tempo rimetterà tutto a posto. Non va così, Cecilia passa più di 6 mesi male, la sua condizione peggiora e si vede costretta ad usare una carrozzina per spostarsi. Smette di guidare, non potrebbe comandare il pedale della frizione con quella gamba che sente  fredda e del tutto inservibile.

Le stampelle, sottopongono a sovraccarico l’altro arto, quello destro, su cui quando è in piedi sulle grucce, grava  il peso del corpo. Lo sbilanciamento degli arti, scompensa praticamente tutto. Quando usa le stampelle, trascina la gamba sinistra senza muoverla. I dolori sono insopportabili, feroci come coltelli che lacerano le sue carni. I farmaci analgesici sono inefficaci, ora occorre la morfina.

Il secondo intervento chirurgico

18 Ottobre 2018. Secondo intervento, si deve far qualcosa per rimuovere la causa dei dolori lancinanti. Il secondo intervento avviene sempre con lo stesso medico ma in un altro ospedale. La situazione è pesante. La rete polipropilenica ha avvinghiato organo e nervi. Una gabbia che avvolge e comprime le innervazioni periferiche e anche il nervo ileo-gastrico è ridotto a poco più di un filamento. La vescica è rigonfia, anche l’utero subisce una deviazione dalla sua normale posizione. La rete invade la vescica e avvolge anche il nervo otturatorio che innerva l’omonimo muscolo dell’anca. Una piastra cicatriziale crea una massa con dentro nervi. Cosa fare? Non si può fare nulla. Si rischia la totale paralisi dell’anca sinistra. 

Roma, ultimo step della disavventura sanitaria di Cecilia

A febbraio 2019 decide di andare a Roma, bisogna sicuramente re-intervenire e trovare una terza soluzione chirurgica per rimediare ai due interventi che non sono andati bene, affatto bene. La situazione è difficile, appare irrimediabile e definitiva.

Cecilia, è forte, non si arrende, vuole indietro la sua età, il suo diritto a vivere bene, le sue figlie, il marito, la famiglia. E vuole anche la sua gamba, ritornare a camminare come prima.

A Roma, Cecilia, con grande sua sorpresa, non viene rioperata. Le probabilità sono dello 0,1% di ripresa funzionale della gamba e del resto della sua patologia. Nulle, inesistenti.

Intenta una legittima causa e oggi vuole che il suo caso, il dramma di una giovane donna e madre di 31 anni, venga portato a conoscenza degli organi di stampa nazionali, delle televisioni nazionali. Vuole giustizia ma cerca la speranza ovunque, all’estero, o dove sarà possibile avere una minima garanzia  di recuperare la sua vita. 

Oggi era in TV, a RTG, ospite della mia trasmissione Punto & Virgola, ma certo non si fermerà a far conoscere la sua storia a Tempio. Le interessa riavere indietro questi 17 mesi di non vita, alla vana ricerca di guarire e riprendere il suo cammino. Io ci sono, per quel che potrò esserle utile. So anche che ci saranno tutti con lei.

Oggi ho avuto un altro esempio di quanta forza esista in chi soffre e lotta per una sanità che funzioni. Una sanità che abbia anche maggiore rispetto quando un errore, certo non voluto, ha queste conseguenze. In una persona che a quella sanità si è rivolta con fiducia. 

Forza Cecilia, sono, siamo con te. In questa pagina, da domani, avrete anche l’intera intervista video.

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