«E datemi questo benedetto esito!», scrive una donna di Tempio.

Al centro di questa vicenda ancora lo scandalo sul ritardo dell'esito dei tamponi.

« E datemi questo benedetto esito! » scrive una donna di Tempio sullo scandaloso ritardo dell’esito dei tamponi per verificare la positività al covid. Un’altra vicenda dunque che mette ancora una volta l’accento sulla inefficienza del SSN a proposito del tampone. Una incapacità che paralizza e blocca la vita delle persone che restano chiuse in casa per più di una settimana, aspettando questo “benedetto esito” come lo ha chiamato la signora di Tempio.

« Ero positiva, fortunatamente senza gravi sintomi se non una febbre leggera, ricorrente, ma senza altri sintomi compresi quelli respiratori. Tanto basta – prosegue la donna – per stare chiusa in casa e senza mio figlio del quale avevo terrore che si contagiasse anche lui. Assurdo tutto. Capisco chi ne subisce i contraccolpi psicologici da questo stato. Il primo tampone di mio figlio risultò negativo ma ho atteso ben 9 giorni per avere l’esito del secondo tampone. Nove giorni di delirio, di preoccupazione, di vero terrore che mio figlio si ammalasse.  Chiedo, ma di questi riflessi psichici, qualcuno si preoccupa o non importa a nessuno che se non si muore di covid si muore di disperazione?».

Lo stato d’animo di chi vive queste situazioni, sembra essere simile in tutte le persone che l’hanno vissuta o la stanno vivendo. Attese e telefonate vane, terrore per i figli con i quali si è vissuto e si vive. Una madre, che sente tutta la responsabilità verso i propri figli, non deve subire questi contraccolpi violenti nella sua psiche e pensare che, quando sarà finita, tutto torni alla normalità. No, nulla sarà come prima e questo filo del rasoio che è la nostra vita, sarà sempre contrassegnata da questo marchio di terrore autentico. E lo sarà anche sui bambini che, attorno agli 8 anni, ricevono dall’educazione e dalle relazioni esterne, il cosiddetto imprinting, ossia i caratteri e il comportamento che avranno da adulti. 

«E datemi questo benedetto esito, non si può restare chiusi in casa »

« Io sono una mamma che lavora e devo aspettare il mio esito, il secondo che spero sia negativo, per rientrare al lavoro e poter rivedere il mio bambino che ovviamente non sta con me. Hai capito Antonio? C’è qualcuno tra gli esperti del CTS che sa cosa vuol dire star lontani dal proprio figlio e essere sempre in uno stato d’animo devastante e veramente da delirio? Alla fine, ti senti in gabbia, non puoi uscire e ti manca tutto, anche l’aria e non solo gli affetti, tua madre  e tuo padre dall’altra parte del mondo ma in realtà a qualche centinaio di metri da casa tua. E’ tutto assurdo e se prima ero convinta che fosse necessario questo enorme sacrificio, oggi penso che non lo sia affatto. Mi immedesimo in chi ha difficoltà economiche e deve stare a casa chiuso, senza reddito e senza aiuti e, in più, il capestro della quarantena. Ma l’azienda sanitaria, sia questa nostra che un’altra qualsiasi, ha idea di cosa sia tutto questo e di cosa comporti nella psiche umana?».

La lettera prosegue parlando di ingiustizie sociali, di carenza di sanitari che possano riempire un vuoto che è ormai un profondo cratere dove sono sepolte persino le speranze di riavere la normalità nella sanità pubblica. A poco è servito, finora, l’aver dotato anche Olbia della possibilità di processare tamponi. I ritardi si accumulano e la gente resta paralizzata in casa in atte di esiti su cui, purtroppo, persiste anche la scarsa attendibilità. Sono sempre troppi i falsi positivi dal momento che anche un ministro (Lamorgese) è incorsa in questo pasticcio.

In attesa dell’esito, la prigionia e il tormento quotidiano.

« In questa vero e propria reclusione, o se preferisci, sequestro di persona, – prosegue la lettera – ci passano tutti e non solo chi è positivo e attende l’esito del tampone. I nostri genitori, i figli, il marito, gli amici, eventuali colleghi, tutte quelle persone venute a contatto con me. Tutti restano 19 giorni chiusi in casa. Intanto i 10 giorni dell’incubazione e poi, non certo previsto ma è così, anche i 9 giorni dell’esito del tampone. Ma si deve denunciare o no tutto questo? A mo avviso certo che si, dovremmo tutti denunciare».

Sempre più gente, ad esaminare la lettera, sta prendendo coscienza che il virus sarà anche pericoloso ma abbiamo perso il resto della nostra sanità e dell’economia che aveva poche cose da salvare e ora ha perso pure quelle. L’Italia ridotta a chiedere ora l’elemosina europea quando avrebbe sostenuto proprie spese per risanare la sanità ridotta in mutande. Ma da 20 anni siamo senza uno stato e senza una moneta. Risollevarsi non è possibile e dobbiamo anche affrontare un virus sul quale, come detto, sempre più persone nutrono dubbi sulla sua attuale letalità.

E datemi questo esito « Viviamo incubi dai quali sarà difficile uscirne senza conseguenze»

« Ci hanno fatto vivere incubi – continua la lettera – e basta. Sono seriamente preoccupata che, dopo l’incubo del contagio, dell terapia intensiva, ecc., è normale che quando prenderemo aria a pieni polmoni (chissà quando e se succederà), vivremo sempre nel terrore. Quel che vorrei sottolineare è lo stato di impotenza e di abbandono che stiamo vivendo come se fossimo figli di un dio minore. Noi che restiamo chiusi e reclusi per deficienze dell sanità pubblica. E poi c’è tuo figlio di 8 anni che ti chiama dicendoti “mamma io non ce la faccio più a stare chiuso in casa”».

«E non è solo la sua voglia di evasione, c’è anche la mancanza dei genitori che stanno vivendo anch’essi da reclusi. A sentire mio figlio, avevo il cuore a pezzi. Cosa ho sofferto e ancora sto soffrendo, lo posso sapere solo io. Ma a queste sofferenze ci pensa qualcuno? No!. Ci pensa qualcuno ad un bambino piccolo che ti dice di avere il covid, come se stesse parlando di morte certa, sicura semplicemente per un colpo di tose? Ma ci si pensa a questo? Tutto per un tampone che non arriva? Si paralizza la vita delle persone, bambini compresi, per un tampone che non arriva e per un virus che oggi si cura facilmente?».

La lettera chiude con quel che rimane un pensiero precipuo della donna.

«E datemi questo benedetto esito ma ridatemi la sanità perduta e l’umanità che non esiste più»

« Vorrei che la mia protesta si sintetizzasse su due concetti fondamentali. Il primo è l’inefficienza della macchina che fin’ora ha risposto a questa epidemia. Il secondo, è la totale assenza di umanità. Non si ragiona su questo aspetto. Non si pensa alle famiglie, alle conseguenze psicologiche delle reclusioni, ai bambini lontani dai genitori, ai genitori che non si possono vedere per settimane sapendo che sono soli e spesso bisognosi di cure e attenzioni. Questi sono i dettagli che sono sfuggiti al sistema o, almeno lo spero, trascurati durante le chiusure e l’attesa dell’esito di un tampone». 

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