Fotografie, tante immagini, una sola memoria.

100 anni

Sono tante le fotografie della vita, tracciano il diario visivo del nostro passato e segnano ogni giorno il  prosieguo dei nostri giorni. La solcano di lacrime quando le foto sono la memoria dei tuoi cari che non ci sono più ma hai il netto rifiuto di pensarli assenti. Ci sono e ci saranno, lo si dice sempre, anche quando se ne sono andati da un’altra parte dove regna il mistero per chi ha fede.

Il 27 agosto del 1919 nasceva una mia memoria eterna, a lui debbo tutto, non solo una rassomiglianza che i pochi vecchi che ancora lo ricordano in gioventù, dicono esagerata. Non lo so, a me restano le sue fotografie, incomparabili, in bianco e nero o color seppia, sgualcite da album indecenti dove insistiamo a collocare i nostri ricordi. Meglio sarebbe tenercele in un supporto informatico e rivederle senza fargli ancora del male.

A babbo debbo tutto, a mia madre la vita e le cure che solo una donna può darti. Ho amato mio padre, così come oggi io sono amato dai miei figli. In lui vedevo la mano sicura che mi guidava, nelle scelte sagge, nelle disavventure. A lui debbo anche una fragile emotività che mi porta alle lacrime quando vedo il dolore in tutte le sue variabili, quando lotto per qualcosa che ritengo ingiusto. Era un comunista mio padre, figlio della povertà che lottava senza armi per una equità sociale. Non era un eroe, non ha mai fatto battaglie o guerre. Fu persino riformato e non fece la seconda guerra. Negli ultimi anni di vita, diceva che la politica non gli piaceva più, era tutta uguale. Aveva ragione, aveva sempre ragione mio padre.

Fotografie del cuore

Erano tempi di dolore i suoi, una famiglia numerosa e tante bocche da sfamare. Andò a lavorare prestissimo, finì nella acciaierie di Terni. Mi mostrava la sua tessera di quegli anni della fabbrica, quella del P.C.I. che non lo vide mai protagonista ma solo votante. Imparò la musica che era ancora infante. Ore e ore di solfeggio sdraiato per terra sul pavimento. Eppoi i primi strumenti, il clarino ma soprattutto il bombardino. La banda musicale, le sfilate, i carnevali. Erano tempi diversi dove bastava poco per tirar su allegria e serenità. La semplicità dei costumi del tempo e la sostanza del pane a tavola, erano gli scopi. Sembra tutto uguale ad oggi, se non fosse per l’assenza della semplicità, delle essenziali esigenze che bastavano. Un vestito buono, poi gli indumenti del lavoro. E le fotografie, quelle non mancavano mai. Se ne facevano poche allora ma erano tutte di qualità, senza fronzoli di scenari di fantasia. Bastava uno sfondo di muro e le pose statiche con gli occhi sbarrati per evitare il lampo della luce sugli occhi.

Costruì dal 1949  la sua famiglia. Mia sorella, deceduta a soli 6 anni, venne alla luce nel 1951. Morì quando io ero nato da appena 4 mesi. Seppi poi, da grande, che ero stato nutrito a lacrime e latte. Poi venne mia sorella nel ’61, avevo compagnia. Finalmente! Ho tutte le fotografie a casa, le guardo e riguardo sempre senza mai immaginare che quelle persone non ci sono più. Per me sono fotografie del cuore, qualcosa che non muore con la fine della nostra vita.

Sono memorie non fotografie

Mi piaceva scrivere a me stesso stasera, pensando di farlo a te, babbo. Oggi sarebbero stati 100, forse se c’è qualcosa oltre, starai suonando da qualche parte con mamma accanto. Lei era schiva e timida ma aveva coraggio e forza. Ha vissuto per te, per me e tutti noi.

Suona per lei, quel clarinetto che – me lo dissero gli altri, tu eri troppo modesto- faceva da solo danzare il Carmine. Falla innamorare ancora di te, anche se per riuscirci allora non avevi certo bisogno della tua musica. Ciao Babbo, buon compleanno e se sta con te, dai un bacio a mamma. Vi amo!

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