Giuseppe Fresi, il sarto del capello « Chiudo la mia attività perché…».

Giuseppe Fresi, 51 anni a novembre, parrucchiere dall’età di 21 anni, ha deciso di chiudere il suo salone per una serie di motivi.

« Dopo 30 anni, una vita si può dire, con grande amarezza decido di chiudere a Tempio. Mantengo la mia attività stagionale a Costa Paradiso dove da qualche anno ho trovato una dimensione consona alla mia professionalità. Debbo tutto a Tempio, credo che il legame che ho verso questa città sia qualcosa di magico, ancorato alla mia infanzia, alla mia crescita, anche del mio mestiere, ma soprattutto di vero affetto per qualcosa che sta scomparendo».

«Era una città con grandi personalità e gente di incredibile cultura, oggi assisto al suo declino, alla crisi sociale ed economica che si è aggravata in questa emergenza sanitaria».

«Un’attività quelle del parrucchiere dove si instaura un profondo legame con le tue clienti che è di affetto, di cura e di profondo rispetto ed educazione. Valori, questi ultimi, che restano tra la gente di Tempio ma vengono meno in altri ambiti che sono quelli che poi determinano scelte come questa mia di chiudere»

Sin troppo chiaro, nelle parole di Giuseppe, il riferimento allo stato di abbandono nel quale si sono trovati artigiani, addetti al commercio, che certo non hanno potuto godere di attenzioni, tolti gli spiccioli erogati da Stato e Regione. Lui, però, non ha avuto nemmeno quelli. Decide che Tempio, la sua amata città, potrà fare a meno di lui.

Rimane lo sconforto, l’amarezza di un momento terribile che dissuade lui e chissà quanti altri, a riprendere in mano la speranza. Tanti pensano  che non “passerà”. 

 

Giuseppe Fresi: « Duole il cuore a vedere Tempio decadere così»

Ascolto le sue parole e sembrano un paradosso quei sorrisi e quella nostalgia che sa di sconfitta. Eppure Giuseppe Fresi sorride, parla col cuore di Tempio di cui intravvede il declino da anni senza una seria e oculata programmazione delle sue risorse naturali. Accarezza i muri a vista del suo salone, mi racconta particolari e dettagli che dicono della storia di quel palazzo e delle scoperte ritrovate quando aveva ristrutturato. Ogni sua parola e intrisa di amore e malinconia ma è un uomo forte, amareggiato ma ancora in grado di riproporre qualche progetto che serba nel suo cassetto segreto.

 

Sempre che, chi amministra sappia leggere in prospettiva futura. Non per lui ma per le future generazioni che si troveranno a pagare per le troppe carenze di chi mai ha saputo interpretare la città e il suo immenso patrimonio. Il sogno della Accademia che intende far sorgere lo vede per lasciare qui i nostri giovani, scoprirne il talento e le abilità con forbici e pettine.

Ci tiene, lo vorrebbe per proseguire quel sogno del suo padrino Mario Alias. Il sogno di un tempiese che ama la sua città e la vorrebbe vedere com’era un tempo. Lontano, troppo lontano.

Forza Giuseppe, Tempio avrà ancora bisogno del tuo talento e della tua “sartoria” del capello

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