Hope, la città immaginaria dove tutti vorremmo vivere.

Queste riflessioni non sono attinte da testi religiosi o appartenenti a qualche setta che può aver usato parole simili. Non pratico religioni, né seguo sette. Fanno parte di un racconto mio personale, non ancora pubblicato, e si tratta solo della sua premessa iniziale.

La città della speranza

Ho immaginato tante volte Hope, la città della fantasia, l’utopica meta dove tutti vorremmo nascere o vivere.

O nascerci per viverla, o viverci quando un giorno vi potremmo ritornare.

Hope è fantasia. 

E’ il mondo di incontri occasionali che diventano occasione di vita, o di semplici rapporti che segnano le orme dei tuoi passi  incerti, rendendoli sicuri.

Hope è la sicurezza.

Quando vi approdi perché ci trovi sempre un camino acceso per scaldarti le mani e l’anima.

Essa è la famiglia immaginaria che ti sei creato, anche al di fuori della tua.

E’ la meta soleggiata che ti rende chiare le oscurità, ti sa rassicurare quando hai paura.

E’ anima e sogno, è la tua interiorità che partorisce bellezza, sorrisi e sincerità.

In mezzo a tutta questa sequenza ci stanno fatti e persone, relazioni di amicizia e d’amore.

E’ la conoscenza del nostro sé, del mondo attorno e della nostra capacità di distinguere con chi andare avanti, chi seguire e come avanzare nel cammino infinito.

Le interruzioni ci sono, perché abbiamo tutti dei nemici ma esiste arroganza e cattiveria, la malvagità e gli esseri che la esercitano.

Bisogna allontanarsi verso il sole o combattere le nefandezze e le oscurità.

Dobbiamo essere senzienti e pensanti, capovolgere la sfera di cristallo che controlliamo per vedere cosa potrà succedere.

Sul rettilineo di arrivo, lo striscione del traguardo si può allontanare o avvicinare.

Dipende solo esclusivamente da quanto corriamo.

E si corre per sfuggire alle negatività o per andare incontro a quella porzione di felicità che a  tutti spetta.

Ogni piccolo successo, è parte della nostra preziosa valigia che ci accompagna su e giù per le strade della vita.

Non dobbiamo accontentarci di possedere oggetti preziosi.

La vita stessa è il dono maggiore.

Ripartire dalla semplicità dei rapporti umani.

Saperli vivere e condividere con oculata sapienza.

Hope è uno scrigno infinito di sostanze vere, da aprire e usare, e da coltivare ogni giorno.

Hope, è la città immaginaria, Speranza.

La speranza è utopia se non siamo strettamente connessi con la vita che viviamo.

Hope è la città di tutti, a chiunque è concesso viverci.

Possiamo raggiungerla solo quando ci saremo dissociati da ogni frenesia che ci circonda ed in cui cerchiamo “non di vivere” ma di sopravvivere.

Una fiaba,  se la leggiamo nella sua veste più logica.

E’ astratta, perché  pensiamo tutti come figli delle stelle, uguali ma diversi l’uno dall’altro.

Appare reale, quando sappiamo interpretare la verità come un’altra maniera di porci davanti agli influssi onirici di cui si pervade.

E’ anche magia, se ci avviciniamo alla sua lettura con gli occhi sognatori di un bambino adulto.

E’ senso e controsenso.

Siamo in una Torre di Babele che lascia spazio a diverse lingue ma vorremmo avere una lingua unica.

Mica è facile!

Ognuno di noi può rispondere da solo.

Ogni sequenza del sogno ha solo letture personali, non interpretazioni oggettive.

Per avere speranze bisogna continuare a coltivare vita e relazioni umane. Non cerchiamo sicurezza, è pericoloso. 

Semmai viviamo  di speranze, crediamo nei sogni possibili, ascoltiamoci di più, non arrendiamoci mai.

Un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è arreso (Nelson Mandela),

 

Related Articles