Il prezzo della verità. La denuncia di una giornalista a Sanremo.

Il prezzo della verità, della sua vittoria contro ogni censura, contro le minacce, a costo della propria stessa vita. Lo denuncia una donna giornalista, ed è forse la prima volta che accade in una trasmissione da ascolti favolosi, in un festival della musica che esce fuori dalla sua liturgia e dai suoi canoni. Si chiama Emma D’Aquino ed è la cosa più forte ascoltata al Festival, anche se in seconda serata (le due del mattino). 

La paura che attanaglia la categoria di chi fa informazione, la penna che scrive seguendo una logica di sudditanza da qualcuno o da qualcosa. Emma lavora in Rai e ha seguito inchieste, sempre in prima linea, ma denuncia lo stato attuale del giornalista, chiamato a raccontare i fatti, anche quelli scomodi, ma sempre sul filo del rasoio. Non legge, ha la parola facile e la capacità di essere come poche comunicativa, efficace e diretta.

Emma D’Aquino

«Pensate – dice – che nel 2019 sono 49 i giornalisti uccisi nel mondo ed è incredibile che lo scorso anno è anche il dato più basso degli ultimi 16 anni. La statistica degli ultimi 20 anni, parla di circa 80 colleghi ammazzati di media».

Il prezzo della verità, lo chiamano; anteporre la propria vita all’accomodante silenzio o alla verità distorta. Non si muore solo nei territori di guerra, cosa che sarebbe anche quasi normale. Si muore anche a casa nostra, in Europa, Turchia, Russia, in paese ufficialmente non in guerra. Il Messico, ad esempio, che nel 2019 ha visto ammazzati 10 giornalisti. Allarmante il numero dei reporter in carcere, ben 389 lo scorso anno.

Il prezzo della verità: l’Italia al 43° posto nel mondo per libertà di stampa

La  verità è scomoda al punto di perdere la vita per essa. Solo per averla accarezzata e basta, aver provato comunque a cercarla. Un prezzo che affonda l’Italia al 43° posto al mondo (su 180 paesi) per libertà di stampa. Un paese democratico a cui viene preclusa la verità come altri paesi in guerra, davanti a Taiwan e seguita dal Botswana, paesi non proprio sereni come dovrebbe essere il nostro. In Italia magari oggi non si muore, ma si usa la strategia della paura, quella giudiziaria, la querela, la minaccia, che ha lo scopo di frenare o inibire l’attività d’inchiesta. 

Quando la querela non viene usata, esistono gli avvertimenti, subliminali, messaggi veicolati in cento modi diversi. Dall’amico comune, da un messaggio telefonico o da una telefonata apparentemente di distensione. 

Delle querele minaccia, appena il 10% vanno a processo, il resto si archivia perché anche la giustizia a volte si rifiuta di accogliere querele finalizzate, spudoratamente, all’intimidazione e alla paura.

Paura e libertà d’informazione, appaiate in un binomio allarmante. Fa molto pensare che le due voci siano accomunate, ma in Italia è così che  siamo messi. Dove finisce la libertà di informazione, inizia il tentativo di minare quella libertà. La si ostacola, la si impedisce, costi quel che costi.

Esistono mille modi per riuscire nell’intento. Da quello corruttivo, morbido e  accomodante, alla denunce bavaglio, precedute da lettere di avvocati che intimano il ritiro di quell’articolo. 433 minacce contro giornalisti, blogger nel solo 2019. L’obiettivo sempre lo stesso. Impedire la ricerca della verità. Atti violenti nel 70% dei casi. 

La libertà d’informazione viaggia su strade parallele alla paura

Chi deve delinquere, tesse una fitta rete di collegamenti nella quale un giornalista non dovrebbe entrare. Se il sistema funziona, vuol dire che qualcuno vi entra e ne ha riscontro. Soldi? Privilegi di altro genere? Complicità in altre questioni? Un po’ questo ma anche altro. 

E quando non bastano le querele, entrano in gioco anche vecchi amici del mestiere che ti consigliano non prudenza ma ti contestano modalità, fonti. Ti declassano il tuo lavoro perché quel tuo lavoro a qualche loro conoscente non va bene.

Sparano a zero, sventolando una carriera personale di rango, come se questo bastasse a farli diventare tue guide spirituali. 

Sono un blogger, faccio anche televisione, non scendo a compromessi per chi minaccia o denuncia. Ho una strada, idiota quanto si vuole, ma è quella che mi fa dormire sereno e non si presta ad lisciare nessuno, per quanto potente esso sia.

Se a qualcuno duole, è segno che il mio lavoro, per quanto modesto sia, crea qualche mal di pancia. Non vi sta bene? 

Il prezzo della verità è questo? Francamente me ne infischio.

 

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