La vita si ferma e non siamo noi a deciderlo, nessuno conosce cosa si nasconda dietro l’esistenza degli esseri umani. Non ha un’età per fermarsi, decidono l’imponderabile e l’ignoto. Nessuno si erga a giudice o diventi responsabile delle vite altrui. Non possiamo decidere noi cosa sia giusto e cosa non lo sia. Cosa serva a star bene e cosa a sopportare pesanti carichi intrisi di sofferenza e dolore. La vita di ognuno di noi ha il sapore dolce amaro delle esperienze vissute, dei momenti felici e di quelli che tendono alle lacrime.
Si soffre in silenzio, è un continuo immergersi ed emergere dalle troppe negatività. Talvolta ne usciamo, sperando in qualcosa che accenda di colori nuovi il nostro quotidiano, confidiamo nella speranza che è l’ultima a morire e la penultima a lasciarci. Dopo che tramonta anche l’ultima stellina, affiorano tenebre oscure e insidiose. Diventano vane le parole, il giorno è colmo di nubi e il domani non è certezza.
Chi può stabilire come sarà il domani se a fatica si vive l’oggi? Siamo continuamente sollecitati dalle nostre vicende che incalzano e devastano, giorno per giorno, senza una schiarita che dia sollievo. La vita ci sovrasta con le sue continue tribolazioni, ci avvolge con un cielo oscuro da cui non vediamo il sole. La mente gioca con noi, con sporadici attimi di gioia e continui passi verso l’ignoto che è mistero. Non basta la tolleranza, l’essere madre e sposa, avere responsabilità che inducono a ripensarci. Non basta nulla, e l’attimo diviene il solo futuro che ci pare la scelta da fare.
Ragiono da ateo ma scrivo da cristiano, da chi ne ha viste tante e ne continua a vedere. Un insegnamento lo ricevi da notizie tristi. Un monito a non giudicare mai nessuno e ciò che si sceglie. Lo chiamo rispetto.
La vita che sceglie la resa
Li hai incontrati e li hai amati, come si amano ruscelli e aquiloni, e mentre ti affanni a sottrarli all’usura del tempo, hai già consumato un calamaio di lacrime, riponendoli in quel ripostiglio sempre troppo pieno, di anime belle che hai visto, incontrato, vissuto e perduto. Troppo dolore, ti dici. La morte deve avere un suo senso se lo ha questa vita giusta e ingiusta. Come un saggio nomade del deserto, soffochi il pianto davanti a due mani congiunte e fredde, a pregare un Dio impietoso, feroce e solenne, che non ha concesso deroghe a tutte le anime belle che hai incontrato.
Ma la vita che sceglie sempre e comunque, ci insegna a volerci bene, a rispettarci, ad evitare il giudizio sommario e impietoso. Sta a noi scegliere. Nessuno deve decidere quale sia la scelta giusta e quella sbagliata.
Riposa in pace Dora, ti sia di conforto chi hai lasciato a piangerti, i tuoi figli, tuo marito, tutta la tua famiglia e quanti ti hanno voluto bene.