«Quel reparto ha salvato la vita di mio marito». La lettera.

Una lettera di ringraziamento per la Medicina del Paolo Dettori.

Quel reparto, quell’ospedale, quei servizi, salvano vite umane. Sin qui tutto normale, non fosse per il fatto che si parla dell’ospedale Paolo Dettori. Si scrive del personale sanitario preparato e della premure quotidiane che ogni giorno rappresentano un valore aggiunto per chi si rivolge ad esso riponendovi, spesso, l’ultimo filo di speranza.

E’ vero che il nostro presidio attraversa il suo periodo peggiore, al dramma delle malattie si sono aggiunti servizi chiusi o depotenziati. Ciò non toglie, però, che pur operando sempre ai limiti dell’emergenza dovuta a carenze di personale, quei sanitari facciano più del loro dovere di medici e infermieri.

Non lo si dice per dire, è veramente così.

La lettera che pubblico, è prova tangibile di quanto appena scritto. Le parole non sono le mie ma di chi ha visto per un attimo la vita del proprio congiunto, spegnersi e oggi ha una speranza concreta che il marito ce la farà. Ed è sempre bello poterlo testimoniare, convinti che questo non è un miracolo, ma è la tangibile dimostrazione che grazie a quell’ospedale, al suo personale, la vita può sorriderci ancora. Così è, o meglio, dovrebbe essere la funzione di un ospedale che rischia di essere ulteriormente minato dall’inefficienza non dei sanitari ma di chi abbiamo delegato a rappresentarci.

Scrive Lucia, da Tempio.

«Quel reparto ha salvato la vita di mio marito »

«Mi affido a te per mettere nero su bianco la mia riconoscenza nei confronti del reparto di Medicina del nostro ospedale di Tempio. Il 30 novembre scorso mio marito ha avuto un grosso problema di salute, e dopo il primo intervento al pronto soccorso è stato trasferito in rianimazione a Olbia dove è stato messo in coma farmacologico per 5 giorni.

Il corridoio del reparto di medicina del Paolo Dettori (foto Natalina Casu)

Dopodiché è stato riportato a Tempio in medicina per continuare la cura. C’erano pochissime speranze di salvezza, ma la tenacia e la professionalità dei medici lo hanno salvato.

Fino al 30 gennaio è rimasto ricoverato, ora si trova al Mater dove lo hanno trasferito, per la riabilitazione, perché non cammina ancora.

In due mesi, mentre assistevo mio marito, mi sono resa conto del lavoro pazzesco che fanno questi medici e infermieri. Pochissimo personale, senza orari e il reparto strapieno, con pazienti che arrivano anche dalle zone di Sassari.

Non dimenticherò la gentilezza e la dolcezza degli infermieri con i malati e la disponibilità dei medici nel darmi informazioni e rincuorarmi, con una umanità indescrivibile. E credimi, purtroppo, abbiamo visitato parecchi ospedali e non è stata la stessa cosa.

La mia gratitudine va soprattutto alla dottoressa Angela Usai, la dottoressa Lasio e la dottoressa Pirredda. Ora ti chiedo, se per favore, puoi pubblicare la mia testimonianza. Lucia».

 

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