Santa Teresa di Gallura: al cinema sino a lunedì 28.

Santa Teresa di Gallura, 24 aprile 2014-

Due pellicole di successo in programmazione a Santa Teresa di Gallura per oggi e sino a lunedì 28 aprile.

Giovedì 24, venerdì 25, sabato 26, domenica 27 e lunedì 28 e aprile: alle ore 17.00: Rio 2 Missione Amazzonia

Negli stessi giorni ma con due proiezioni, alle 19.00 e alle 21.30: Gigolò per caso.

Rio 2 Missione Amazzonia: Blu e la sua anima gemella vivono insieme a Rio de Janeiro e hanno avuto 3 figli, quando però scoprono che nel cuore dell’Amazzonia è stato avvistato un altro uccello della loro specie capiscono di non essere gli ultimi rimasti come credevano e decidono di partire in un viaggio di famiglia alla scoperta delle proprie origini. Non sarà facile adattarsi, specie per Blu, il più lontano dalle regole del mondo animale, e non aiuterà il fatto che Miguel, sopravvissuto miracolosamente al film precedente, li abbia avvistati e abbia deciso di partire alle loro calcagna con l’obiettivo di vendicarsi.
In anni in cui l’animazione si moltiplica, i cartoni non sono più un’esclusiva Disney e si ampliano in quantità, qualità e varietà sembra che Blue Sky miri ad essere il meno inventivo e più tradizionalista degli studi. Dopo L’era glaciale,Robots, Epic e Ortone e il mondo dei Chi, l’arrivo di Rio confermava la tendenza a creare grandi affreschi, possibilmente appartenenti al mondo animale, che ribadiscano i valori tradizionali e ruotino intorno alle famiglie, così da poter mettere in scena qualcosa che rispecchi il pubblico in sala ma soprattutto quello a casa. Non è dunque nelle trame, molto semplici e prevedibili, che sta il successo e il gradimento riscosso da Rio e che probabilmente riscuoterà Rio 2, quanto nella maniera in cui Blue Sky riesce a reinterpretare la tradizione più elementare fuggendo qualsiasi variazione dal modello originale.
Le avventure dell’uccello Blu e della sua famiglia questa volta affrontano la metafora del trasloco e l’ideale abbandono del centro abitato a favore della residenza rurale (una mitologia tipica dell’America), un riavvicinamento alle origini e al proprio mondo che non manca di fare facile ironia sul distacco tecnologico. Insomma al pari del precedente è un’ottima macchina d’intrattenimento anche Rio 2 ma nulla di più, perfettamente in linea con quello che ha mostrato la serie di L’era glaciale (Carlos Saldanha del resto era l’autore anche di quei film). Tuttavia giudicare con paternalistica benevolenza questo film, guardandolo solo come un divertimento in grado di piacere ai bambini, renderebbe un cattivo servizio all’animazione come genere, dopo tutta la fatica che ha compiuto per dimostrare non solo di meritare di sedere nel salotto del cinema di serie A ma di essere in molti casi migliore. Rio 2 una volta sarebbe sembrato di certo più frivolo e accettabile di quanto non appaia oggi, quando i cartoni possono sia piacere ai bambini sia essere opere monumentali, status a cui il film di Saldanha nemmeno ambisce, preferendo rimanere nei territori più sicuri degli animaletti che ballano la samba e giocano a calcio (essendo in Brasile), delle figure archetipe presentate senza che venga compiuto un lavoro su di loro ma semplicemente per quello che sono sempre state.
Anche solo volendo pensare al pubblico dei bambini (ma è evidente che questa è una deformazione occidentale, se un film è tale il suo pubblico potenzialmente può essere composto in qualsiasi maniera) è evidente che pure a loro si può dire qualcosa, specie considerate le volte che vedono e rivedono i medesimi film, ma Rio 2 non dice nulla che non si sentano già ripetere tutto il giorno dagli spettacoli più pigri tra quelli pensati per loro, li intrattiene con poco gusto (ma indubbia efficacia) ripetendo come un pappagallo cose in cui sembra essere il primo a non credere.

Gigolò per caso: Fioravante è un gentiluomo  di mezza età che svolge svariate mansioni. Elettricista, idraulico, artista floreale e in tempi di magra gigolò, Fioravante attrae le donne con la sua dignità e la sua costanza. Factotum cortese passeggia tra i borough di New York in compagnia di Murray, amico di vecchia data che gli procura i contatti con donne in cerca di avventure erotiche o carezze amorevoli. Condiviso da due ricche signore di Park Avenue, Fioravante le ascolta e le celebra in lunghe sedute in cui sfoggia la naturale sensibilità, l’arte della danza e del massaggio. Se Murray tiene il conto degli affari, Fioravante non ha messo in conto di innamorarsi. Incontrata Avigal, giovane vedova di un Rabbino, il nostro cede armi e cuore. Contro di lui si solleva una comunità chassidica e Dovi, ebreo ortodosso invaghito da sempre di Avigal. Tra erotismo ed ebraismo, Fioravante muoverà nella vita e nei sentimenti con la delicatezza delle sue composizioni floreali. 
Che cosa potrebbe mai accadere tra un uomo e una donna in un appartamento di New York dopo anni di sfruttamento di quella certa formula e di quel certo décor? Cosa di raccontabile potrebbe ancora accadere ce lo rivela John Turturro, alla sua quinta regia fuori standard e sommamente chic. Sguardi rapiti e solitudini sospese si incrociano dentro una commedia vaga e garbata conficcata nei molti cuori (etnici) di New York. Ventotto anni dopo Hannah e le sue sorelle spetta a John Turturro dirigere Woody Allen, che nella finzione lo inventa gigolò. Apprendista gigolò, perché il suo protagonista impara sul campo il ‘mestiere più vecchio del mondo’, per cui dimostra una straordinaria disposizione, valorizzando donne a cui qualcuno ha smesso di prestare attenzione. Fioravante, riservato e cortese tuttofare di origine italiana, parla poco e osserva molto catturando il nostro sguardo e quello delle sue signore, che avvicina con movimenti morbidi come pennellate. 
Avvolgente e ipnotico, Gigolò per caso è una radiografia ravvicinata di una solitudine gravosa, interrotta dal delicato movimento romantico del Fioravante di Turturro, che pratica l’amore ai tempi della crisi, diluita in qualche bicchiere e in amplessi retribuiti. Amore che non significa stare insieme ma uno accanto all’altro, amore che osserva la bellezza irraggiungibile delle donne, quelle che il protagonista desidera, ama e lascia (andare) nel corso della sua vocazione. Un campionario femminile di rilievo, erotizzato da Sharon Stone e Sofía Vergara, ‘incapricciato’ da Vanessa Paradis e familiarizzato da Aida Turturro, in cui si inserisce senza deprezzarle l’attore autore, che lascia salire la temperatura emotiva della storia fino a concentrarsi ancora e sempre sul territorio dei sentimenti. Perché Fioravante alla fine cede alla tentazione di rompere il cerchio dell’isolamento, di far scorrere ancora la vita, di intrecciare una relazione, solo verbale, solo di sguardi, con la vedova ortodossa di Vanessa Paradis. 
Non è un amore, è solo la promessa di un amore possibile ma sufficiente a scatenare un terremoto emozionale nell’ordinaria routine del protagonista, affiancato dal lenone di Woody Allen. E al ‘venerabile maestro’ Turturro non chiede di risplendere per le opere passate ma per la capacità di essere attore del presente, accordando le loro poetiche con parole, note e notazioni antropologiche. Come i suoi personaggi, il Murray di Allen cerca una soluzione alla propria crisi d’identità, lanciandosi (conto terzi) in un’avventura sessuale, sfuggendo alla propria ebraicità ma finendo giudicato da un tribunale chassidico e intrappolato in una concezione del mondo profondamente ebraica. Se per Allen la relazione sentimentale rappresenta la soluzione, per Turturro la soluzione elaborata è un congedo di irripetibile delicatezza. 
Così in Gigolò per caso niente davvero accade perché il regista sa non farlo accadere nello stile stranito e lievemente livido che segna le migliori commedie sentimentali americane degli ultimi dieci anni. Lavorando sul filo dell’understatement solenne, John Turturro è la garanzia emotiva di un impalpabile romance, che sfuma le cigarettes, ‘suona’ la canzone popolare, consuma l’offerta di corpi, promesse e misteri. La ragione d’essere sono invece le protagoniste femminili che nei dialoghi con lui ricevono il doppio di tempo e di spazio. Perché a Fioravante, sovente in silenzio, spetta il compito equilibratore del testimone.

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