«Superficialità e spocchia». Ancora un caso di malasanità.

Superficialità e spocchia, ovverossia  la faccia più disastrosa della sanità pubblica al tempo del coronavirus. Un altro caso, l’ennesimo di questi anni, che ci rimanda a quanto accade sempre più spesso negli ospedali. Superficialità di una frettolosa diagnosi ed anche una buona dose di arroganza che stride alquanto con la professione medica. A scrivere, è un figlio che per lavoro si trova a Palermo mentre la madre anziana vive a Tempio da tantissimo tempo. Non scriviamo il nome anche se il mittente non ha richiesto l’anonimato. Non lo facciamo perché non ha alcuna importanza chi scrive ma lo ha il danno in se, spiacevole e rischioso, che la donna ha subito. E voglia il cielo che non ci siano ulteriori complicanze nella situazione sanitaria di cui scrive il figlio.

Ecco la lettera e la burrascosa dinamica di fatti reali e, ahimè, nemmeno tanto insoliti di questi tempi.

«Quanta superficialità su mia madre che vomitava sangue»

«Ieri, 18 aprile, mia madre Covid+, accusava un forte dolore addominale, stordimento e malessere generale. Allertavo il medico di famiglia che chiamava l’U.S.C.A. Intervengono subito (io ero in videochiamata da Palermo dove vivo e lavoro) e sospettano una gastrite ulcerosa o qualcosa di simile, come conseguenza possibile del Covid.

Ospedale Paolo Dettori di Tempio

Chiamano il 118 che la porta al Pronto Soccorso di Sassari, dopo averle somministrato morfina per i forti dolori. Nel viaggio vomita ripetutamente. Arrivata a Sassari le somministrano tachipirina, fanno un elettrocardiogramma e le analisi del sangue. In condizioni precarie e senza nemmeno avvisarmi, la caricano su una ambulanza e la riportano a Tempio. Io lo vengo a sapere solo perché chiamo l’ospedale e mi dicono che la stanno mandando a casa. Resto perplesso e chiedo al medico cosa avesse mia madre e da cosa era causato il forte dolore addominale. Lui mi risponde che non lo sapeva e che non era compito suo accertare la causa,  e che ci avrebbe dovuto pensare il medico di famiglia a prescrivere una eventuale tac o gastroscopia».

Superficialità, spocchia e scaricabarile

«Mamma fa in tempo a tornare a casa, la chiamo e vomita sangue. Da Palermo non so che fare, provo a chiamare il medico, è l’una e mezza di notte e non risponde, chiamo la polizia di Palermo che si fa in quattro per rintracciare il 118 di Tempio in tempi record. Arrivano gli operatori sul posto e la riportano a Sassari. Sono oltre le 2.00 di notte, arriva in ospedale alle 3 passate, gli fanno una tac e continua a vomitare sangue.

Ora è in reparto con una emorragia e la stanno portando per fargli una gastroscopia in sedazione.

Spero che vada tutto bene, ma una tale superficialità, accompagnata da spocchia del medico del pronto soccorso poteva risultare fatale. Non capisco davvero come si possano trattare i pazienti in questo modo». (lettera firmata)

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