Tempio Pausania, Acqua Potabile! Un lontano e malinconico ricordo a quasi due anni dalla sua scomparsa.

Tempio Pausania, 21 gen. 2018-

Sono passati già due anni dalla sua scomparsa, due lunghissimi e malinconici anni che l’acqua potabile manca dai nostri rubinetti. Col tempo che trascorre, ci si rende conto di cosa essa abbia rappresentato per tutti noi, che l’abbiamo amata, sinceramente usata col garbo che ci accomuna tutti dinanzi ad un  bene così prezioso. Era il 26 (o il 28 forse) gennaio 2016, un tragico giorno che ha segnato la vita di ogni tempiese, tranne quelli forniti di acqua propria, e questo bi (in gallurese “bi” vuol dire bere, ironia della sorte!) anniversario della sua morte, ci apprestiamo tutti a riviverlo con la giusta emozione di allora, con la stessa immutata nostalgia per quell’amica che ci allietava le giornate e ci faceva cucinare il cibo con la dovuta serenità. Senza pensare al manganese, all’alluminio e a tutte quelle schifezze che nemmeno sapevamo cosa fossero. Fu una spietata ordinanza che ci preannunciò la morte certa, un pezzo di carta che decretò la sua fine, confortata dalle amorevoli attestazioni di qualche laboratorio che emise la feroce condanna.

Anni difficili, anni  di corse alle fontane pubbliche, anch’esse a turno inquinate, ai supermercati a caricarci di bottiglie di plastica che oggi sono vendute copiosamente e acquistate anche da chi mai se ne era servito in questa Tempio che era famosa anche per essere la “Città dell’acqua”, oltre che del granito. Era clorata, e va bé, dicono che sia indispensabile usare ogni precauzione, mica come quando, da ragazzi, la si beveva senza alcun problema perché era buona e basta. Clorum non est disputandum, e ci siamo accontentati di non berla. Da due anni però, la sua morte definitiva, in attesa di una resurrezione che appare improbabile nel breve termine, ci ha messi in ginocchio tutti. E, a parte qualcuno che la ricorda ancora perché non ci si arrende a questa perdita, è subentrata una specie di rassegnazione cronica, quasi che a nessuno interessi più sapere cosa succederà, se il demone maligno di Abbanoa, l’artefice di questa morte, provvederà a rimpiazzare le fatiscenti condutture responsabili della morte o se avrà pensato ad una soluzione. “E’ morta per causa vostra” – urlano dall’amministrazione. “Si, ma siete voi che dovete pagare”– rispondo il demonio.

A pagare però siamo tutti, famiglie che sono oberate da bollette stratosferiche senza poter usare l’acqua per tutti i suoi usi, vecchi che hanno difficoltà a fare provviste di acqua dalle fontane. Tutti insomma, a chiedersi se ci sarà o meno la rinascita auspicata e sbandierata. Azioni ce ne sono state e anche tante, esposti inutili, prese di posizioni politiche minacciose, di tutto, di più. Fatto sta, che l’acqua pubblica è deceduta e sono due anni che piangiamo amaramente la sua dipartita.

L’amministrazione civica avrà previsto qualcosa per questo tragico secondo anniversario? Ce lo auguriamo, perché l’acqua potabile era una grande risorsa per il paese, per una città che si appresta ad accogliere un albergo diffuso che garantirà benefici e ritorni mica da poco da un punto di vista economico. “Dovrà profumare Tempio – disse qualcuno degli investitori – perché la città lo merita e questa città ha tali preziosità che non basterà renderla pulita, curare decoro urbano e strade che siano qualcosa di più di semplici camminamenti”.

Ho pensato a quelle parole, giuste e necessarie per risvegliare anche una passione per la città che vedo in decadenza, sembra che a nessuno importi più nulla. Carnevale a parte, che si accinge alla sua settimana di baldoria e allegria, vedo e sento parlare solo di indifferenza, apatia che sorprende, su una voce così vitale come questa dell’acqua potabile.

Non lo so che ne sarà dell’acqua potabile, so che ci manca e ci mancherà ancora, così come quella del Pagghjolu che a cascata doveva allagarci di bontà e finalmente risolvere anche la crisi idrica che oggi conta solo sul Lerno in asfissia e su qualche news come le due fontanelle che ci danno l’acqua di Rinaggju in città.

Ridateci l’acqua potabile, battetevi e battiamoci per un diritto inalienabile di una città che si considera civile.

Le battaglie si possono e si devono fare quando si è vittime di ingiustizie che oggi, aldilà della retorica, ci hanno collocati, tra riso e beffa, tra le città più improbabili della Sardegna. E ve lo dice uno che questa città la ama e la difende sempre.

Antonio Masoni

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