Tempio Pausania, Come sono loro oggi, saremo noi domani. Il filo indissolubile con i nostri genitori.

Tempio Pausania, 16 apr. 2018-

Siamo collegati con una catena spessa e robusta ai nostri affetti più cari, ai nostri figli, ai nostri amici alle nostre compagne, mogli o fidanzate che siano, e da questo indissolubile legame ne restiamo avvinti, ci prendiamo sempre molto di più di quanto a prima vista appare. La vita triste della solitudine è il massacro da cui sovente cerchiamo di scappare, trovando riparo nella famiglia, che sia forte e compatta o che sia scomposta e decurtata di alcuni suoi componenti, come sono i nostri genitori.

Arrivati all’età di mezzo, quando ci aspetta l’altra metà da trascorrere, sentiamo sempre più forte l’assenza e il ricordo, come molti di noi provano in momenti della loro giornata in cui vorrebbero cancellare persino la morte per riavere ancora quelle espressioni di dolore, le loro sofferenze. Senza parlare delle nostre malinconiche serate trascorse a rammentare di quel tempo, di quando tutto era dolcemente aggiogato a quelle persone che non ci sono più. Non sono attimi, ma interi racconti del passato che riemergono con la forza straordinaria e possente della memoria. Quanti tra noi hanno detto a se stessi “se ci fosse ancora mio padre, o mia madre?”. Credo che a tutti sia capitato di volerli rivedere, sentirne l’odore e la musicalità della voce che attenuava tutte le rabbie o le incomprensioni, sapeva aggiustare ogni frattura e ricomporre qualsiasi mosaico frammentato, senza alcuno sforzo, semplicemente con un gesto.

Passo molto tempo ad osservare persone e cose, attorno a me, ascolto ogni rumore e qualunque persona che mi capita di incontrare. Qualcuno  osserva che il mio è quasi un atteggiamento maniacale, forse è anche vero, ma è così che preferisco essere per capire e comprendere gli altri.

“Io ti conosco” mi ha detto ieri ad un funerale una persona sui 65 anni – “sei amico di “tizio” vero?” “Vero, ma mi dispiace io non conosco te” “Sono G. e ti ho visto da qualche parte”. Un altro avrebbe abdicato, un saluto cordiale e un arrivederci a quasi mai. Io no, lo ascolto nel suo simpatico “delirio” di parole che vengono fuori come acqua da un torrente impetuoso. Mi sommerge, mi dilata i padiglioni auricolari, ma non gli nego il mio ascolto. E pensare che tra me e lui ci sono pochi anni di differenza ma lui mi appare come più grande e di quella categoria, a molti invisa, che viene definita in modo poco edificante “spaccaballe”. Forse lo sa di essere delirante, forse qualcuno lo ha già mandato a quel paese, ma senza essere samaritani basta solo dargli qualche soddisfazione, piccola piccola, come ad esempio l’ascolto per quel momento in cui è dietro di te in fila che ti parla in attesa di entrare in camera mortuaria.

Penso a quelli come lui e chissà perché il mio vagare mentale quotidiano mi porta ai miei genitori, deceduti da tantissimi anni eppure sempre presenti quando la scena del teatro contemporaneo che chiamiamo vita, mi rammenta di loro, praticamente sempre.

Leggo di un amico un po’ arrabbiato che ha il padre in ospedale, un uomo che mal sopporta di esserci pur nella sua integrità psichica, che mal digerisce alcune sviste del personale sanitario, che vorrebbe su di se ogni attenzione. Gli scrivo che vorrei averceli ancora i genitori per rivivere ancora quei momenti del dolore che se li è portati via,  e riuscire a dar loro quanto non sono stato in grado allora, anche se non ho nulla da rimproverarmi. Come sono loro oggi, saremo noi domani e nessuno può venir meno a questa verità, anche se qualcuno dirà il contrario.

Godetevi ogni attimo, ogni piccola gioia e ogni grande dolore perché i nostri vecchi sono merce preziosa che perdiamo due volte se non sappiamo amarli quando dobbiamo. Nella loro ottusità, cocciutaggine, assenza di memoria, eccessiva invadenza nella nostra vita, sono qualcosa di cui conserveremo tutto quando non ci saranno più. E credetemi, quando non si hanno, vorremmo riaverceli ancora, con la loro cocciutaggine, ottusità, persino con la terribile mancanza di memoria e l’eccessiva ingerenza nella nostra vita.

Amateli a prescindere, non ve lo devo dire io quale amore abbiano dato a tutti noi.

Antonio Masoni

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