Tempio Pausania, dedicato a Vanni. Un racconto che è intriso di malinconia e di ricordi.

Tempio Pausania, 16 gen. 2015-

Ho letto su facebook un bellissimo racconto di Cristina Ziccanu, una nostra concittadina che vive a Roma da anni e che mi ha concesso l’autorizzazione a divulgare questa storia pensando ad un caro amico che non ha potuto salutare e che ci ha lasciati, Vanni Bisson. L’albero della storia del Natale 2014, anche l’ultimo per il nostro amato Vanni. A lui va questo ricordo di Cristina che, come l’albero della storia, aveva radicato dentro di sè i valori autentici dell’amore per la vita e per Tempio. Grazie Cristina (Ant. Masoni)

albero natale3«Sono stato portato nella Piazza del Comune, mi hanno coperto di luci e colori , ma io ricordo bene quando Marito, un uomo di mezza età con Moglie, mi fece piantare nel giardino di Casa sua. Le mie radici si
sono artigliate subito a quella terra, io mi sono guardato intorno, ho visto altri alberi; al di là del muro di cinta vedevo la campagna, alcune strade non ancora asfaltate, di fronte a me macchia mediterranea, rocce di granito, querce, in mezzo alle quali pascolava
tranquillamente un somarello e qualche maiale. Ero giovane, un po’
meno giovane di Casa che all’epoca aveva un anno di vita.

Tutte le mattine vedevo due ragazze uscire di casa con i libri sottobraccio, vestite con le loro minigonne e maglioni colorati e Casa mi spiegò che erano le figlie di Marito e di Moglie, Biondina e Brunetta.

Parlavo sempre con Casa, lei era alta, ma a volte riuscivo a vedere
all’interno delle stanze che si affacciavano in giardino e scorgevo Biondina che si truccava allo specchio prima di uscire mentre
Brunetta metteva dei dischi in un giradischi a valigetta e si agitava
con la musica. Nell’altra stanza Moglie appendeva i suoi abiti
nell’armadio, si sedeva in una poltroncina e si levava la cipria dal
viso. Io non so quanti anni siano passati da quei momenti; i primi
anni era Casa che mi dava gli aggiornamenti relativi all’interno
della costruzione, mi raccontava che la famiglia a volte litigava per
ragioni legate alla libertà o a permessi di uscire negati, ma io
penso che in quegli anni questo succedesse un po’ in tutte le
famiglie. Non so quantificare il tempo, ma mi rendevo conto che
questo passava perchè intorno a me vedevo dei cambiamenti. Innanzi tutto parte della macchia mediterranea di fronte a me era sparita e al suo posto era sorta una palazzina, quindi più gente che passava al di là del muro di cinta e soprattutto più automobili grazie
anche all’officina specializzata che qualcuno aveva costruito.
All’interno del giardino erano cresciute le ortensie piantate da Moglie; a lei piaceva il giardino, nelle aiuole aveva messo anche
altri fiori, li innaffiava, ci parlava e ogni tanto parlava anche con
me e con gli altri alberi, raccoglieva la frutta e sorrideva di
soddisfazione. Marito invece non parlava con me, ma io mi accorgevo
che era contento di vedermi crescere, forse gli ricordavo gli alberi
della sua giovinezza quando aveva salutato Mare ed era andato via. La mia altezza ora mi permetteva di vedere nelle stanze di Casa, ma
Biondina e Brunetta non c’erano. Casa mi disse che si erano
trasferite in altre città. Marito e Moglie erano rimasti soli e Casa
mi raccontava che trascorrevano le loro giornate in silenzio, a
guardare la tv e a leggere, un po’ più curvi di prima, mentre il
quartiere cresceva intorno a loro con supermercati, caserma dei
vigili del fuoco, edicole e bar, un intero nuovo quartiere. La mia
chioma diventava sempre più alta, ero molto robusto e resistevo con
tenacia perfino agli schiaffi di Maestrale, alla morbidezza di Neve e
al bruciore di Sole.

Il giorno del Grande Incendio sono stato male, vedevo gente che correva, sirene che piangevano e urlavano, fumo dovunque e dolore devastante. Casa mi raccontò che le candele dentro la costruzione si erano completamente fuse per il calore, che Moglie pregava e Marito rimaneva immobile in poltrona, sopraffatto dal dolore e dal caldo. Brunetta non c’era, Biondina era andata a prestare aiuto. Per qualche giorno ci fu una pioggia strana, leggera, che si posava sulle mie foglie assetate, una pioggia che non avevo mai visto. Casa mi disse che era cenere, che parte dei boschi non c’era più e che non c’erano più molti umani, accorsi a spegnere il fuoco che minacciava le persone, divorava erba, boschi, e alla fine si erano arresi, intrappolati, aggrappati ad una speranza di fuga.

Marito aveva smesso di guidare la sua automobile e l’aveva lasciata
in giardino, accanto a me. Vedevo Bimbetto che ci saliva sopra e
giocava, percorreva strade piene di curve, frenava in presenza di
ostacoli, scavalcava montagne e a volte riusciva a farla volare. Dopo
qualche tempo Biondina ha fatto costruire un grande recinto dove,
ogni tanto, Cane trascorreva qualche ora, quando non giocava con
Bimbetta o con Cane Marrone. Dal giardino guardavo nella stanza di
Marito e Moglie e mi accorgevo che Marito passava molto tempo a
letto, forse era molto stanco, finchè un giorno è arrivata molta
gente, ma non era una festa perchè tutti piangevano e si sono
portato via Marito. Io gridavo che lo mettessero in giardino, sotto i
miei rami, le mie radici lo avrebbero accarezzato e difeso, ma
nessuno ascolta la voce degli alberi. Sono invecchiato, ho visto
anche Moglie lasciare la sua stanza e andar via per sempre e ho
conosciuto un altro Bimbetto, troppo piccolo però per parlare con
me. Sono invecchiato e hanno detto che ero diventato troppo alto e
vecchio per sopportare altri temporali, ed è per questo che mi hanno
tagliato e portato nella Piazza; ora mi diverto a sbirciare nelle case e anche nelle stanze di Comune, ma ciò che vedo non ve lo posso
raccontare (ahahahah). Ormai m’è rimasto poco tempo e preferisco
aspettare in silenzio, guardare i bimbetti pattinare e cadere nella
pista di ghiaccio, aspettando il momento in cui diventerò
semplicemente fuoco»

di Cristina Ziccanu

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