Tempio Pausania, Il fiume scorre, il tempo passa, la vita si ferma..già un anno.

Tempio Pausania, 20 giu. 2018-

Caro Nic, Vedessi quante anime buone ci hanno lasciato in un anno, sapessi quanta pioggia è caduta e quanti dolori si continuano a vivere in questo mondo senza che tu abbia potuto piangerne nemmeno uno. Qui la vita assomiglia ad un fiume che cambia la sua acqua ogni istante, si cresce di età, aumentano i capelli bianchi e le stempiature si accentuano. Si fanno pochi figli, ci si sposa forse di meno, il futuro appare nuvoloso per tanti, la  Juve ha vinto un altro scudetto, i tuoi nipoti chi più e chi meno stanno bene. Il tempo dentro il tuo orologio chissà quale ora scandisce adesso, se è giorno o notte, se riesci a coglierne il trascorrere in quel letto che ti costringe all’assenza/presenza che ammazza ogni nostra e forse tua resistenza, chissà. Ma non sai dirlo, non puoi. Non puoi dirlo, non ci riesci. Non riesci più a farlo, bloccato in un silenzioso rifugio che nessuno sa, né saprà mai dove ti abbia condotto. “I giardini che nessuno sa”.

Manca la tua contagiosa risata, il sorriso furbetto che hai da quando ti conobbi 40 anni fa. Avevi 13 anni allora, negli occhi l’avventura, nel cuore la testardaggine che il tuo sarebbe stato un viaggio diverso. E lo è stato, Nic, tanto differente dagli altri, incorniciato dalla testardaggine e fiorito di sogni che raccontavi ogni volta. Era sete la tua, di vivere due vite in una, poter dire che tutto andava esplorato, come in un libro di Salgari dove ogni avversario veniva sgominato con la forza e l’onore della giustizia. A volte mi perdevo nei tuoi racconti, fingevo di ascoltarti, la fantasia era troppa, superava sempre la crudezza della realtà. A modo mio, volevo essere un fratello maggiore ma era un ruolo che sentivo e sentivi stretto, non era da te ascoltare chi forse hai ritenuto poco adatto a sostenere i tuoi viaggi e le tue disavventure. E, da par mio, sono sempre stato incapace a dare consigli.

Sei sempre stato una persona libera e positiva, anche quando la voglia di essere Indiana Jones finiva con l’infrangersi sulle amarezze terribili della nuda verità. Geniale, ti pensavo così, con le capacità oggi spente, attaccato ad una macchina che ti hanno reso inerme, le coglievo ogni volta che ti vedevo all’opera. Un talento vero, con l’esperienza degli anni di gavetta trascorsi in ogni dove, a imparare, mettere a frutto le tue arti, indiscusse, nate dalla voglia mai sopita di stupire tutti noi.

Il 20 giugno 2017, finisce un percorso del tuo essere vivente, per passare a quello  di un albero  che non ha più foglie, non metterà neppure un fiore. La terra attorno a te si è inaridita, è mancata l’acqua che ti iniettava la forza. E’ mancata l’energia che ti rendeva frenetico e vorticoso come una tempesta. E’ finita l’allegria, in chi ti conosce. Mi dicono che cerco le lacrime, ma poco mi importa se metto a nudo le mie fragilità e la mia impotenza quando scrivo di chi non c’è più o di te, che ci sei senza esserci come prima. “Sono quel che faccio e scrivo quel che sono”, rispondo a costoro che aspirano al paradiso della giustizia e che hanno una ricetta per qualsiasi male. Il dolore lo viviamo ciascuno a modo nostro. Perché dovrei fare eccezione? Non scrivo per far piangere, sicuramente piango quando scrivo, te lo assicuro.

Un giorno, davanti ad un gruppetto di ragazzi molto più giovani di te, mi presentasti come tuo cognato, “lo ammiro tanto” dicesti loro. Ne fui toccato ed orgoglioso, ma non te l’ho mai detto, né ti ho mai ringraziato quando raramente dicevi qualcosa di me. Sei sempre stato parco di parole, hai sempre preferito i fatti, i tuoi fatti magari, non sempre condivisi ma erano tuoi, scelte e modi di vivere che nessuno ha il diritto di contestare, giudicare, sentenziare. E non lo facevo nemmeno io, nemmeno quando erano improponibili e eccessivamente fuori dalla tua portata. E quella notte del 2002, era il 5 aprile, c’eri tu con me a seguirmi nella mia sola e unica avventura che ha cambiato da 16 anni la mia di vita. Il mio solo reset davanti ai tuoi 100!

“Ti accompagno io”, non una sola incertezza, non un solo dubbio. Sei così, infinitamente testardo ma insostituibile con chi ha bisogno di aiuto.

I miei figli, i tuoi nipoti, parlano spesso di te, ogni giorno. Chiedo come stai a chi ti viene a vedere, è cosa quasi scontata. “Come vuoi che stia?”. Ci si accontenta di sapere che oggi non hai avuto febbre e che il tuo peso non è  sceso. Lo sai com’è, basta un piccolo segnale che si esce dalla tua stanza sereni, mai rassegnati e con la carica nervosa per tornare domani, o domani l’altro, nella sequenza di giornate tutte uguali per noi e anche per te. E’ da un po’ che non vengo a vederti, fa male Nic, sapere che forse mi guardi e mi segui con gli occhi riconoscendo in me un volto amico ma non puoi dirmi nulla. Ho voglia di abbracciarti ma non posso, hai sempre qualcosa che ti inchioda al letto e immobilizza ogni tuo movimento. Così immagino di averlo fatto, una più, una meno, è sempre tutto un’immaginazione. Non parli più, da un anno, non mangi come me, il tuo letto è la tua vita e i camici bianchi che ti assistono la tua famiglia per il tempo che non possiamo esserti accanto. Ho sognato spesso di te, il mio è sempre stato  onirismo cinematografico, qualche nuova storia che avresti vissuto, a breve….. le tue parole erano mute, come ora, ma il tuo avanzare dietro un nuovo sogno era reale. A volte, quando suona il campanello di casa, per un secondo penso sia tu che squilli con il tuo classico insistente premerci sopra. Da quello già sapevo che eri tu che venivi a trovarci. E’ angosciante rendersi conto che non potrai mai più essere tu a farlo, non puoi nemmeno suonare quello che hai accanto nel letto.

Oggi, abbiamo accompagnato Diego, lo conoscevi, ti conosceva e sapeva di te. E’ un momento di dolore infinito per me, mi sento soffocare dalla rabbia ed esplodo di commozione, vorrei urlare ma taccio, vorrei sapere che leggerai ma non lo puoi più fare. Quanti anni Nic, ad affannarci seguendo sogni e aquiloni che vengono spazzati via, si vedono tramonti e poche albe, piove anche col sole, e ci si continua a chiedere se valga un centesimo tutta questa corsa ininterrotta verso l’incertezza o la condanna che stai vivendo.

Degas scriveva: La vita è bella, perché ogni giorno ricomincia. E ciascuno ha i suoi colori, la sua musica, i suoi profumi. Le sue opportunità. Ogni giorno ricomincia e ci offre la possibilità di iniziare ad essere noi stessi.

Capisci Nic quante belle parole hanno scritto sulla vita? Ogni giorno dovrebbe ricominciare qualcosa, non per tutti però. Per te ricomincia dal ricordo di quando suonavi il campanello insistentemente, giusto un anno fa. Ora non lo fai più, ora non puoi. Ti voglio bene Nic. A presto.

Antonio

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