Tempio Pausania, Il grido degli artigiani sugherieri: ” Dovete aiutarci o sarà la fine del settore”

Chiedono aiuti alle istituzioni, vogliono essere tutelati dall’aggressiva competizione straniera che ha fatto lievitare il costo della materia prima.

L’appello degli artigiani sugherieri, che hanno presentato un documento di denuncia sulla situazione diventata insostenibile per le poche aziende rimaste, punta il dito ancora una volta sulla passività della giunta regionale che non ha fatto nulla per salvaguardare quello che era il settore trainante dell’economia locale per alcuni centri come Calangianus e Tempio. La lettera, riportata dal quotidiano La Nuova Sardegna, a firma Pietro Zannoni, dice testualmente:

 «La situazione di noi artigiani del sughero è giunta al capolinea». E’ l’amara denuncia degli ultimi artigiani rimasti. Coloro, cioè, che facevano parte di una realtà con 150 aziende artigiane di trasformazione e che adesso sono poco più di 20. Il comparto sughero vantava oltre 2.000 addetti, oggi ne conta circa 700. «Il prepotente ingresso dei competitor portoghesi ci ha messo in ginocchio e le poche aziende artigiane sopravvissute – denunciano gli artigiani con il pieno appoggio dell’amministrazione comunale – chiedono un intervento immediato e concreto delle istituzioni. La nostra economia è stata aggredita dalla strategia di acquisto della materia prima in Sardegna con conseguente impennata del costo del sughero. Per questo c ‘è stata una perdita evidente di manodopera perché il sughero viene esportato: non si lavora in loco e noi artigiani dobbiamo acquistare la materia prima a un prezzo quadruplicato. Si stima -prosegue la nota firmata dagli artigiani- che attualmente il 70% del sughero venga esportato e il dato è destinato a salire se non si interviene immediatamente. In uno scenario europeo, i nostri numeri di produzione sono i più bassi ma la tassazione è più alta e maggiori sono i costi di produzione rispetto al Portogallo. Elementi che non giocano di certo a nostro favore. Chiediamo alle forze politiche una tutela e una valorizzazione di questa preziosa risorsa che potrebbe rappresentare un’eccellenza per i mercati alla ricerca di un prodotto artigianale di alto livello. È necessario- propongono gli artigiani- per primo tutelare la risorsa affinché si possa sperare ancora in un futuro per i pochi artigiani rimasti e poi servono nuovi impulsi in termini di ricerca per permettere alle nostre realtà di offrire un prodotto oltre gli standard qualitativi esistenti. Così si può valorizzare l’importanza della chiusura in sughero naturale che non ha rivali, perché la sua produzione non rovina l’ambiente e crea occupazione. Al riguardo urge potenziare l’ex Stazione Sperimentale del Sughero per promuovere una nuova immagine della materia prima e dei prodotti. Si calcola che un tappo in sughero naturale inquini oltre 20 volte meno in termini di CO2 rispetto a quello chiamato “screwcap” o tappo a vite e 10 volte meno rispetto ad un tappo sintetico. Ma nonostante questo meraviglioso connubio – termina il documento – tra beneficio economico e salvaguardia ambientale, l’economia del sughero pare sia dimenticata e lasciata in balia di se stessa. Ogni giorno sono tante le aziende che non riescono più a reggere a questa pesante crisi e contemporaneamente la disoccupazione è in continua crescita con una grave ricaduta sociale nel nostro territorio. Questa situazione ha pesantemente danneggiato o, in alcuni casi, portato alla chiusura di quelle realtà che ruotavano attorno all’economia del sughero. Confidiamo nelle istituzioni. E’ l’ennesima richiesta di aiuto, non vorremo che fosse l’ultima». 

Una denuncia veritiera, una spietata analisi dell’assenza totale di chi sta decidendo da oltre 4 anni della perdita di economia del nostro territorio. Seppure le colpe non debbono solo essere ascritte all’attuale amministrazione, appare indiscutibile che l’attuale forza governativa abbia solo demolito quel poco che restava di un settore vitale per questa porzione di Sardegna e che appare invisibile. L’assenza in regione di amministratori regionali del territorio, ancora una volta, sta facendo pagare il prezzo più alto a quelle che erano le peculiarità e le risorse del luogo. Aver puntato esclusivamente alla riduzione degli sprechi nella sanità (mai una balla fu così evidente e fuorviante!), nella scuola, nell’economia tipica di questo territorio, ha fatto si che ora la china è diventata una valanga che sta trascinando via posti di lavoro, aziende che boccheggiano e la sicurezza che prima era garantita dal settore sugheriero.

Non ci sono attenuanti, non esistono pezze che giustifichino l’abbandono di questo settore che garantiva 5.000 posti di lavoro, tra diretto e terziario (anni ’90) e che oggi ha solo alcune grosse industrie, una in particolare in crisi e con molti licenziati, mentre sta perdendo, come si evince dalla lettera, addetti e aziende. Contare ora su appena 700 addetti vuol dire aver perso il 70% circa della forza lavoro di 25 anni fa.

Un’altra prova del disastro della moneta unica? Eccovelo! Tassazione alle stelle, mancanza di credito e difficoltà di accesso ad esso, perdita netta di potere d’acquisto, ecc. E qui ancora si sta parlando di spread? Follia!

Antonio Masoni

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