Tempio Pausania, Il “Macbettu” di Serra fa parlare in sardo Shakespeare, di Eva Ferrari.

Tempio Pausania, 10 mar. 2018-

In scena ieri, venerdì 9 marzo al Teatro del Carmine, per la Stagione teatrale 2017/2018, il Macbettu di Alessandro Serra. Il resoconto che segue è quello di Eva Ferrari che ringrazio per la puntuale recensione degli spettacoli che ci invia.

Il Macbettu deve essere visto. Visto e mangiato. Visto e digerito. Il Macbettu è la pièce più entusiasmante e pulita che si sia vista al Teatro del Carmine negli ultimi anni.

Alessandro Serra, giovane regista e drammaturgo dell’opera, non sbaglia un colpo: scelta linguistica (la lingua è il sardo barbaricino), regia bizantina, ritmo scenico, luci ed ombre azzeccatissime, attori  all’altezza dei loro ruoli. Ma ciò che colpisce, al di là dell’evidente talento di Serra e della compagnia, è l’originalità. L’originalità che emerge in un’opera, il Macbeth, che rientra a pieno titolo nella tradizione teatrale. Un’opera che è stata proposta e riproposta con tutte le dovute attenzioni.

Confrontarsi con William Shakespeare, infatti, non è sempre cosa buona e giusta. Il rischio è doppio: o si scimmiotta in maniera indegna un capolavoro del teatro inglese, o si stravolgono testo e  psicologia dei personaggi. In entrambi i casi il desiderio è soltanto uno: ottenere il placet di pubblico e critica. Come sempre. Ma cosa succede se, una volta tanto, ci si avvicina a Shakespeare per rubargli una storia? Cosa succede se si scrive, si dirige e si recita per se e non per gli altri? Succede che s’incontra il Teatro. Quello vero, quello che nasce dall’esigenza di capirsi e di capire gli altri, quello che attinge dalla tradizione e dalla sperimentazione nel tentativo disperato di continuare a scrivere la storia. Ed ecco, allora, che la lingua scelta non conta, che il significato va cercato nei mille dettagli e rimandi. Così Alessandro Serra ruba con intelligenza da Jerzy Grotowski in quello che è il training con gli attori durante le prove, ruba ad Eugenio Barba la voglia di esprimersi nella propria lingua con un interlocutore che spesso non potrà capirla, ruba a Samuel Beckett la scelta di una scenografia senza tempo e luogo. Ruba persino l’ultima cena dalle Sacre Scritture. E fa bene.

Serra, instancabile artigiano del teatro, riesce così a rendere nuovo e -per questo- personale il Macbeth shakespeariano. La scelta di mantenere l’uso del teatro inglese seicentesco di avere in scena soltanto attori maschi anche nei ruoli femminili gli permette, inoltre, di presentare al pubblico tempiese l’attore Fulvio Accogli nei panni di Lady Macbeth. Una decisione forte e rischiosa, considerata la scena di nudo femminile mai vista prima al Teatro del Carmine, alla quale l’attore ha risposto con grande determinazione e coraggio. La sua straordinaria altezza, poi, ha reso ancora più evidente la terribile psicologia del personaggio innalzando quasi un muro tra sè e gli altri personaggi, molto più bassi di lui. Così Lady Macbeth, come una marionettista,  ha mosso dall’alto i fili della sua marionetta,  fino a morirne attorcigliata.

Eva Ferrari

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