Tempio Pausania, Le passioni di Angelo, un altro paragrafo della vita di un bravo ragazzo che ci ha lasciati.

Tempio Pausania, 26 mag. 2018-

Presto, forse troppo parlarne oggi, quando ancora il suo corpo giace in una cella frigorifera, in attesa di esame autoptico. Il tempo del ricordo è ancora frastornato dal dolore che non si attenua perché non può, restano interrogativi e mancate risposte, in questa atmosfera da apprensione da trasformare in altro. Però, dovevo farlo, perché il richiamo di un amico come lui non doveva attendere. Non dobbiamo mai evitare di essere vicini a chi vogliamo bene perché una vita intera ci ha insegnato cosa siano i valori che contano davvero e l’amicizia è un sentimento che va coltivato, prestando sempre l’orecchio a chi ti cerca.

Me lo ha mandato a dire Diego, non aveva il mio numero per chiamarmi: “Voglio incontrare Antonio per dirgli alcune cose”. Non ho pensato ad altro, se non a ciò che ho scritto del figlio e della famiglia, sempre attingendo dai miei personali ricordi da quando lo conobbi, oltre 40 anni fa. La casa di Maria Grazia, la sorella di Angelo, ospita da quando si è saputa la notizia della morte del fratello i numerosi amici e conoscenti che vengono a tributare il sentimento di cordoglio e di vicinanza alla famiglia, un dolore straziante che attende ancora l’epilogo ultimo delle esequie.

“Ci sono stati degli intoppi – mi dice la madre Graziella – l’autopsia voluta da noi è stata rimandata, penso verrà fatta la prossima settimana”. L’attesa vuole essere la conferma di quanto è stato denunciato, ovvero se tutto ciò che è accaduto fosse stato fatto correttamente, dal soccorso iniziale alle successive cure necessarie, se tutto corrisponda o meno a quanto si poteva fare. Diego è fuori casa, a “medicinare” la sua vigna, necessità improrogabile e forse anche una via di fuga dal pensiero fisso per la morte del suo primo figlio. Lo attendo, mi abbraccia appena mi vede e mi ringrazia. Rispondo che sono solo parole messe insieme per abbracciare idealmente di vera compassione chi ha subito la perdita di un proprio caro.

Con lui, è un po’ diverso, sono tante le cose che ci hanno legato, accomunato e che abbiamo anche vissuto, dalle giovanili del calcio dove fu mio allenatore alla passione comune per il tennis nel quale era un tenace combattente. Come Angelo, che dal padre aveva ereditato la forza e la caparbietà.

“Vieni – mi dice – ti faccio vedere alcune cose di Angelo”. Entro nel garage di cui avevo solo sentito parlare e trovo qualcosa che sapevo ma non in quelle proporzioni. Forse le foto che ho scattato rendono giustizia più delle mie parole. Ordinato sino alla maniacale perfezione, pulito e conservatore di alcune sue preziosità perfettamente integre. Sono moto, una macchina, biciclette di quando correva, rigorosamente fatte su misura.

“Questa fu la prima bici professionale che gli feci fare in Sicilia da un artigiano – racconta Diego – costava allora oltre 1 milione di lire. Poi crescendo ne feci fare un’altra della stessa marca. Guarda come sono conservate e tutte a posto”.

Gli occhi spaziano in quelle meraviglie e resto sbalordito per questa passione di ristrutturare ogni pezzo di macchina o moto o bici, un’arte che la dice lunga sul suo talento in questa arte. Bisogna amare e capire quanto una memoria ben conservata, sia sempre un gioiello che possiedi e che andrebbe valorizzato in uno spazio degno di accoglierlo.

“Angelo era un perfezionista – dice Vannino, una vita tra le moto e le auto – non ho mai conosciuto nessuno come lui. Non era solo passione ma propensione a fare le cose sempre al meglio, non si accontentava mai. Un acume ed una intelligenza fuori dal normale”.

Vittorio, campione sardo di rally, conferma e mi mostra in lacrime una foto da Istagram che ritrae una vecchia Bianchina rossa che Angelo aveva restaurato e con cui attraversava il viale della fonte Nuova piena di neve. Una macchia rossa nel bianco del viale, una foto stupenda, unica,  accompagnata con una didascalia struggente in memoria dell’amico scomparso. “Una simbologia  – continua Vittorio – che sembra voler rappresentare il passaggio da questa ad un’altra vita”, nel silenzio di un paesaggio innevato e a bordo di una insolita rarità dell’automobilismo italico.

la tessera da arbitro

Nella taverna non finita, accanto al garage di quella che sarebbe dovuta essere la sua casa, ci sono ancora ricordi, la tessera di arbitro federale di calcio che lo ritrae giovane, appena 19 enne dopo che aveva già smesso la sua carriera tra i dilettanti del ciclismo.

 

 

 

 

“Babbo – racconta Diego – mi disse, non corro più in bicicletta. Aveva deciso di finirla lì con il ciclismo e l’attenzione era per il rombo dei motori e dell’acceleratore da ruotare

Un trofeo vinto a Tempio come miglior giovane partecipante

“Potevi affidargli la casa – continua Vittorio – ogni giorno era da noi in officina, era non solo di fiducia ma era diventato una parte della famiglia”. Si allontana, a piangere con gli occhi insù verso il cielo azzurro, è troppo il distacco che sente per un uomo che era per lui e per la famiglia un riferimento e un sorriso che ti apriva il cuore quando lo vedeva e ci parlava ogni giorno. “Sempre al suo posto, pronto a qualsiasi sacrificio per dare una mano, per venire alle gare di rally dove correvo. Un giorno me lo sono trovato anche in Ogliastra, all’improvviso, con la sua macchina fotografica, altra passione. Voleva seguire la mia gara ed era partito la mattina presto per venire da solo”

I ricordi si susseguono nella casa delle meraviglie, circondati dai suoi trofei e coppe delle sue gare in bicicletta, mentre lo zio mi mostra una sua Mountain Bike specialissima con cui usciva di tanto in tanto, ovviamente come tutto il resto del suo parco moto, tirata a lucido.

La sua specialissima MTB con freni a disco che usava ogni tanto

 

I racconti di Diego e del fratello del paese natio Aci Castello, aggiungono quel tocco di conoscenza di posti da andare a visitare, alle pendici dell’Etna. Si cercano altri discorsi, argomenti sempre consoni ad alleviare il dolore atroce di una morte, qualche volta scappa persino una risata, giusto per ricordare anche il lato buono del cordoglio ed allontanare quanto possibile il giorno dell’ultimo saluto che ancora deve sottostare ad accertamenti.

Si vuole la verità, la si pretende. Non farà tornare in vita nessuno, questo lo sappiamo, ma è la reazione legittima ad una morte inaspettata per la sua dinamica, per qualcosa che non ha risposto al meglio su quanto fosse possibile fare.

“Mi devi fare un favore – mi dice Diego quando lo saluto – fammi avere quel tuo pezzo che voglio conservare tra i ricordi di mio figlio”. Lo rassicuro, come potrei non contribuire con la sola cosa che posso usare, la parola, ad accendere l’anima di chi ci ha lasciati e verso il quale non ci sono state che belle parole da parte di tutti. D’altronde, Angelo era buono, merita tutta questa nostra solidale vicinanza per quanto ha saputo donare con i suoi bellissimi ricordi e con l’amore di cui la sua memoria oggi si circonda.

Antonio Masoni

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