Tempio Pausania, Le pressioni e le minacce. Anche il “piccolo” potere diviene un’arma nel paese al 46° posto nel mondo per libertà di stampa.

Tempio Pausania, 3 feb. 2019-

Il Fatto Quotidiano

In Italia crescono le minacce contro i giornalisti, soprattutto nel Mezzogiorno, ma anche a Roma: è l’allarme lanciato da Reporters sans frontières che nel rapporto 2018 sulla libertà di stampa come l’anno scorso punta il dito contro il Movimento 5 Stelle. Nonostante questo, nella classifica realizzata annualmente dall’Ong, il nostro Paese progredisce di 6 punti rispetto al ranking dello scorso anno sulla libertà di stampa, in 46/a posizione sui 180 Paesi esaminati. Al primo posto c’è la Norvegia mentre la Corea del Nord figura in ultima posizione.

“Una decina di giornalisti italiani sono ancora sotto una protezione permanente e rafforzata della polizia dopo le minacce di morte proferite, in particolare, dalla mafia, da gruppi anarchici o fondamentalisti“, deplora Rsf, secondo cui “il livello delle violenze perpetrate contro i reporter (intimidazioni verbali o fisiche, provocazioni e minacce…) è molto inquietante e non smette di aumentare, in particolare, in Calabria, Sicilia e Campania. Numerosi giornalisti, soprattutto nella capitale e nel sud del Paese si dicono continuamente sotto pressione di gruppi mafiosi che non esitano a penetrare nei loro appartamenti per rubare computer e documenti di lavoro confidenziali quando non vengono attaccati fisicamente”. Quindi il plauso a chi tiene la schiena dritta: “Dimostrando coraggio e resilienza, questi giornalisti, continuano, nonostante tutto a pubblicare le loro inchieste”.

Ma i rilievi dell’organismo riguardano anche il mondo della politica. In Italia – scrive Rsf – “numerosi addetti dell’informazione sono sempre più preoccupati per la recente vittoria alle elezioni legislative di un partito, il Movimento 5 Stelle, che ha spesso condannato la stampa per il suo lavoro e che non esita a comunicare pubblicamente l’identità dei giornalisti che lo disturbano”. E ancora: “Spesso i giornalisti italiani subiscono pressioni da parte dei politici e optano sempre più di frequente per l’autocensura“. Inoltre, un “recente progetto di legge fa pesare sugli autori di diffamazione contro politici, magistrati o funzionari pene fino a 6-9 anni di reclusione”.

Più in generale, l’Ong parigina deplora un “sempre più marcato clima di odio” al livello globale. “L’ostilità dei dirigenti politici nei confronti dei media non è più appannaggio esclusivo dei Paesi autoritari come la Turchia (157/a posizione) o l’Egitto (161/a), sprofondati nella ‘mediafobia’ al punto da generalizzare le accuse di ‘terrorismo’ contro i giornalisti e incarcerare arbitrariamente tutti coloro che non prestano fedeltà”. Ma “sempre più leader democraticamente eletti – fa osservare l’Ong – vedono la stampa non più come fondamento essenziale della democrazia bensì come un avversario al quale mostrano apertamente la loro avversione. Paese del primo emendamento, gli Usa di Donald Trumpfigurano ormai in 45/a posizione, indietro di due punti. E il presidente Usa abbonato al ‘media-bashing’ bolla senza complessi i reporter come ‘nemici del popolò, formula usata a suo tempo da Stalin”.

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DATI SULLA LIBERTA’ DI STAMPA (fonte wikipedia)

Il dato preoccupante che riguarda la grande stampa, non risparmia affatto anche le piccole realtà locali, quelle che rivestono un ruolo d’informazione nei territori di appartenenza. Vero è che uno possa scrivere quel che vuole, altra cosa è poi assistere alle conseguenze abitudinarie di questa società che punta all’ordine assoluto del disordine totale. Prendete, ad esempio, anche un social network che è diventato negli ultimi tempi passerella per comizi elettorali o una carneficina di commenti su temi ed argomenti di interesse generale. Un soffio, diventa tempesta quando vengono toccati alcuni argomenti di riflessione collettiva e non certo di minaccia che consegue ad una ipotesi o ad una affermazione. Le opinioni, si sa, sarebbero lecite, sempre che però non usino toni o parole che la “vittima” vede addirittura lesive della sua moralità. Iniziano così processi e dibattiti contro l’uno o l’altro dei contendenti, spaccature delle tifoserie a mo’ di stadio, con i legali che stanno alla finestra perché di loro sembra non si possa fare a meno. Insomma, un legale per tutti, per le faide che si accendono laddove sarebbe bastato sentirsi, vedersi, incontrarsi,  parlare. Quindi, roba da due soldi e nulla più. Tant’è, la deriva dei tempi sempre più concentrati sui mezzi da usare e poco sugli obiettivi da raggiungere, mette a nudo le armi di difesa che ciascuno sia arroga a seconda del rango o del ruolo che riveste nella società.

Libertà di stampa? Esiste solo se si parla di certe cose e si resta però aderenti al ruolo che quel determinato personaggio, preso di mira, ha assunto. Piace da matti il consenso, disturba assai il dissenso che è invece il tavolo principale in cui confrontarsi, Ma? Bastano due minacce fatte bene, tipo “ti querelo” che tutto torna a posto. Non tutti sono in grado di accettare la sfida.   tanti mollano gli ormeggi del contendere, defilandosi dallo stesso.

Un mio amico sostiene che questa giustizia, spesso sommaria, rabberciata e ancorata a quella porzione di potere che spesso viene confusa ad arte con “le responsabilità”, è ingiusta perché in un processo eventuale, chi ha i soldi per un avvocato di rango si potrà difendere al meglio, chi invece, magari si trova in condizioni economiche disagiate, al massimo avrà un avvocato d’ufficio, dovrà contare solo sugli argomenti usati, spesso insufficienti a garantirsi l’innocenza.

Fate caso alla classifica della libertà di stampa nel mondo (vedi tabella al link di wikipedia), dove l’Italia è al 46° posto nel 2018 avendo risalito la classifica dopo essere precipitata al 77° due anni fa. Lascia pensare che siamo dietro paesi a noi vicini come Germania, Spagna e Francia ma anche che siamo preceduti dai paesi scandinavi, dove la Norvegia è a 1° posto nel mondo per questo tema di vitale importanza nella società civile, mentre paesi che pensiamo decisamente meno liberi nell’informazione, Uruguay, Ghana, Slovacchia, Slovenia sono sempre più liberi del nostro paese.

Questo dato, su cui bisognerebbe porre una maggiore attenzione, si allinea a quanto sta accadendo anche nel nostro piccolo territorio. Non scopro l’acqua calda se dico che gli esempi si sprecano, che le persone si sentono autorizzate a denunciare per diffamazione ciò che non è diffamazione o si credano talmente forti, e con le spalle al coperto, se accettano sfide persino su un social, oramai la nuova frontiera del moderno tribunale. Follia pura, e tutto perché questo disegno, assolutamente voluto e pianificato dai poteri forti che stanno sempre sul cucuzzolo della montagna più alta ed inaccessibile del mondo, e stato accuratamente pianificato nei minimi dettagli. Con lo stesso metro di giudizio, potremmo parlare di alcuni lavori ingessati e limitati da paletti e vincoli, dove non si può dir nulla di datori di lavoro carogne o del capoufficio che è sempre un inappuntabile censore anche quando è coglione con C maiuscola. Ci sono aziende, come quella sanitaria per fare un esempio, dove tutti devono stare in riga, nessuno può esprimere un lamento se lo stesso rischia di diventare richiesta, tutti devono stare in silenzio, parlare nelle sedi opportune che poi sono le stesse oggetto della richiesta, pur legittima. Sindacati che hanno scordato il loro dovere, compiono poi l’atto finale di sottoscrivere sempre la voce del padrone o, al massimo, fare anche le parti del lavoratore quando anche il datore ne abbia ricevuto, a sua volta, un beneficio. La stampa non è distante da questo metodo illiberale, se sbrocca verso una valutazione di merito su una questione, viene richiamata all’ordine o punita o limitata nella sua azione. Ditemi che non è così?

Tutto alla fine rientra nell’ordine del disordine come scritto poc’anzi.

“E giù di denuncia, forza con la querela, che a noi non possono contestarci. Ci provino e li portiamo in tribunale!”, ci sentiamo lesi nella nostra mission, anche se insignificante, per la sua marginalità, e dobbiamo far valere le ragioni della verità dei fatti. E partono le sfide all’Ok Corral nel nuovo Far West della giustizia dove tutti sono chissà cosa anche quando governano comuni piccoli. Non che non siano importanti i piccoli comuni, tutti sono importanti e richiedono impegni di non facile soluzione, ma se guardiamo oltre questo desiderio insano di prevalere, prevaricare e/o spezzare le gambe a chi pensiamo sia un nostro avversario, tralasciamo il motto di Savonaloriana memoria, “Ricordati che devi morire”. Meglio pensare alla salute allora. Sempre che ce ne diano possibilità.

Credo nella assoluta libertà di stampa, nel rischio concreto di andare anche oltre, ma sempre nel rispetto di tutti quando ciò che si scrive e si trasmette, abbia attinenza sui fatti accaduti. Nel caso si tenda a sbarellare, e si finisca nelle insidie della querela, meglio essere denunciati per un fine nobile che mantenere una condotta apparentemente corretta, ma che odora di opportunismo.

Ciò, a mio avviso, vale per la politica, per la vita di relazione, per il nostro agire quotidiano e per tutti quegli esempi che oggi trascendono le regole non scritte della civiltà e del buon senso. Amen!

Antonio Masoni

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