Tempio Pausania, “L’inverno della Vita”, racconto di Battista Baltolu. Poesie e Racconti

Tempio Pausania, 20 gen. 2017-

Ospitiamo ancora una volta e con grande piacere alcuni racconti di Battista Baltolu, appassionato della scrittura e valente ionterprete dei nostri tempi. L’inverno della vita è un racconto che nel titolo contiene già tutto, la parabola e l’essenza della vita stessa, quando le aspettative non sono chimere e l’attesa è più facile da tollerare, quando le abitudini consolidate prendono uno spazio comodo e quotidiano, quando la terza fase della esistenza è quella pianta un tempo rigogliosa che pian piano esaurisce la sua forza e si accontenta di non cacciare nuovi polloni dal proprio fusto. Quando il giorno viene scandito dal risveglio, dalle ritualità e dal sonno finale, quasi un preludio a quello che inutilmente si tenta di allontanare dai pensieri…aspettando Godot.

L’inverno della vita

Camminano curvi sulle spalle, lungo il corso, allineati in piccoli gruppi. Sono i vecchi, pensionati da tutto, dal loro lavoro, dalle mogli (intese come amanti) dai nipoti che vedono di rado quando conviene ai genitori, loro, troppo impegnati nel lavoro, a fare carriera, a fare soldi, sempre troppo in fretta e senza tempo, neanche la domenica. Camminano come fantasmi, a volte con passo malcerto per la pressione che picchia sulle arterie e dà un senso di vertigine. Camminano senza una meta, come per cercare in quel continuo movimento su e giù e poi ancora su e ancora giù, qualcosa che hanno perso, o inseguire qualcosa che non vogliono perdere. Parlano sempre delle stesse cose i vecchi: della pensione ridotta, del governo ladro, del nuovo sindaco entrato in politica per i suoi sporchi affari, dell’acqua che non è potabile. Qualcuno tossisce violentemente, sputa e maledice la giornata fredda e umida, ma non la sigaretta che regge fra le dita; un altro con il fazzoletto spiegazzato, che la moglie il mattino gli ha infilato in tasca bello stirato e piegato pulisce ogni pochi minuti gli occhiali, convinto che dopo ci vedrà meglio. Non si rassegna all’idea che sono i suoi occhi, sporchi, per via delle cataratte. Appena uno inizia a pigiare sul cellulare, gli altri per dimostrare a se stessi a agli amici di panchina che anche loro hanno motivo per controllare i messaggi, li emulano, e controllano se ne hanno ricevuti, pensando magari di non aver sentito il segnale a causa dell’udito un po’ deficitario, e sperano che qualcuno li abbia cercati, e dopo aver guardato nel display con lettere e numeri adeguatamente ingranditi, mestamente lo rimettono in tasca.

Suona in un telefonino: “Inno alla gioia.” Non è una suoneria certo discreta, ma è efficace per chi è duro d’orecchi. “Qualcuno chiama, evviva,” pensa Antonio. E’ la moglie, che gli ricorda che deve passare a prendere il pane. Ama la moglie, ma è deluso, per un attimo ha pensato che fosse uno dei figli, gli sarebbe bastato un: “Ciao ba’ come stai?” Ma almeno qualcuno ha chiamato. Antonio saluta e si avvia tenendo le braccia incrociate sulle terga, deve arrivare alla panetteria ancora aperta, è quasi ora di pranzo. Sfiora una donna formosa che lo incrocia, d’istinto si gira e guarda quelle forme giunoniche che una volta evocavano appetiti carnali. Ma gli arnesi li ha riposti in soffitta da tempo, ormai. Sospira e riprende il suo cammino. La moglie, quando lui entra, sta girando sui fornelli i tagliolini in brodo, lui poggia la busta del pane direttamente in tavola, va in bagno lava le mani e ritorna in soggiorno, siede al suo posto, lei siede di fianco a lui e dopo aver riposto il pane dalla busta di carta su un cestino di vimini, da seduta versa la minestra fumante, e lui comincia a girarla col cucchiaio, per farla raffreddare, mentre gli occhiali gli si appannano per il vapore (ci mancava solo il vapore per offuscargli la vista). Li toglie, e li pulisce per l’ennesima volta prima d’indossarli. Come ai tempi della guerra, quando era ragazzo, bagna pezzi di pane dentro la minestra, che raddoppia quasi di volume, e comincia a portarsi il cucchiaio alla bocca, mangiando delicato finché non si stanca e comincia a succhiare tanto da sembrare una idrovora. La moglie si gira e lui lo sa perché, ma continua, ha perso ormai certi freni inibitori. Per questa volta il galateo passerà in secondo piano. Mangiano quasi senza dire una parola eccetto: “Mi passi il sale?” “Mi avvicini il vino?” Non sanno più cosa dirsi, finché il telegiornale non dà loro argomenti di discussione: “L’ISIS abbatte monumenti millenari in Iraq.” Il pranzo si rianima. Sono sempre stati sensibili all’arte. Dopo un po’, seduti sul divano, guardano svogliatamente più per abitudine che per vero interesse, qualche trasmissione del primo pomeriggio, quasi sfidandosi sul divano, a chi si addormenta più tardi. Quel gioco finisce in pareggio perché un giorno vince uno, il giorno dopo l’altro. Sono proprio da fotografare: lui dorme con il telecomando sulla pancia e la bocca aperta, lei a braccia conserte con gli occhiali storti e in equilibrio precario sul naso. Intanto la televisione trasmette programmi che al tavolo, alle sedie e ai quadri non interessano proprio. Si svegliano, lui di soprassalto e con uno scatto di gioventù si alza, come se dovesse fare qualcosa di particolarmente urgente, ma non deve fare proprio nulla, forse sognava di essere ancora al lavoro e a quell’ora doveva riprendere servizio. A causa dello scatto del marito si sveglia anche lei, e si alza con movimenti più cadenzati, ancora intorpidita dal sonno, ma sa già cosa deve fare: ci sono due piantine di geranio da rinvasare e le piante del balcone se potessero farebbero la danza della pioggia. Bacio alla moglie, rigorosamente a punta di labbra, porca, porca vecchiaia! E esce di nuovo; gli amici lo aspettano ma dall’altra parte del corso. Lì il pomeriggio su quelle panchine arriva un po’ di sole e si sta meglio, poi c’è movimento, perché nella piazza alcuni operai stanno istallando dei tubi del telefono. Così passano qualche ora, mentre attenti a quei lavori e un po’ ficcanaso controllano l’operato di quegli uomini e commentano, e prevedono i tempi di realizzo di quel lavoro. Arriva la sera, c’è più fresco, forse è ora di tornare a casa. Percorrono lentamente un tratto di strada insieme, poi ognuno prende per la propria direzione, non prima di aversi dato appuntamento per il mattino dopo. Forse li aspetta una notte con poco sonno, ci vuole pazienza, due, tre alzate dal letto a causa della prostata che fa le bizze. Ma domani sarà un altro giorno. Si hanno dato appuntamento al campo di bocce; il mattino dopo Salvatore, uno di loro è di gara, campionato regionale “over 75.” Faranno qualcosa di diverso e non vedono l’ora.

Battista Baltolu

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