Tempio Pausania, Meglio discutere di inni sardi che di sanità pubblica o di lavoro? Ore di discussione in regione per una decisione “vitale”!.

Tempio Pausania, 27 apr. 2018-

Dalla Nuova Sardegna:

I sardi avranno il loro canto solenne. A venticinque anni dall’istituzione di Sa Die de sa Sardigna, la Festa del popolo sardo, l’Assemblea adotterà il brano «Su patriotu sardu a sos feudatarios» come inno ufficiale della Regione. Un pezzo meglio noto come «Procurade ‘e moderare», scritto dal nobile magistrato di Ozieri, Francesco Ignazio Mannu, durante i moti antifeudali del 1794.

Il Consiglio lo adotterà il 28 aprile nella prima parte della seduta convocata per le celebrazioni di Sa Die che proseguirà con gli interventi dei presidenti di Consiglio e Giunta, Gianfranco Ganau e Francesco Pigliaru, sui 70 anni dello Statuto. L’Aula esaminerà una proposta di legge sull’inno che porta la firma del capogruppo del Pd, Pietro Cocco, e sottoscritta da 29 consiglieri – dem, Mdp, Upc, Campo progressista – compreso l’ex capogruppo di Fi e neo deputato Pietro Pittalis.

La scelta del motivo non era scontata, altre due opzioni erano in campo: «Dimonios», il canto della Brigata Sassari composto dal capitano macomerese Luciano Sechi nel 1994, e «No potho reposare», testo d’amore scritto nel 1915 dall’avvocato di Sarule Salvatore Sini e musicato da Giuseppe Rachel. Per la scelta dell’inno il gruppo dei Riformatori aveva persino lanciato l’idea di una consultazione popolare. «Coinvolgere le scuole, il mondo accademico, l’intera società sarda in una grande riflessione collettiva rappresenterebbe una spinta potente in termini di rafforzamento di quell’orgoglio di appartenenza oggi così tenue», questa la motivazione espressa da Michele Cossa affinché la decisione non diventasse «un mero affare di palazzo». Altri avrebbero preferito qualcosa di nuovo per il canto dei sardi. «Va riscritto, il passato è passato, arriviamo al presente e cerchiamo un futuro migliore», obietta Gigi Sanna, leader degli Istentales.

Alla fine, però, la commissione Autonomia dato il via libera alla proposta Cocco. Che, nella relazione di maggioranza, citerà un verso di «Procurad’e moderare»: «Su mundu dè reformare sas cosas ch’andana male» (Il mondo deve riformare le cose che vanno male). «Questo verso esorta e incoraggia al cambiamento e alla svolta – spiega il dem – il riconoscimento ufficiale dell’inno contribuisce, per il suo significato storico e simbolico, per la lingua con la quale è scritto e per il valore del testo letterale, a sottolineare i caratteri identitari dell’autonomia speciale riconosciuta dalla Costituzione alla Sardegna».

Quanto sarà approvato il 28 sarà recepito nella legge regionale del 1999 con la quale è stata adottata la bandiera della Sardegna. «In questo modo – sottolinea Cocco – la disciplina che riguarda due importanti simboli dell’identità regionale, per espressa volontà del legislatore, sono contenuti nella medesima legge regionale, a sottolineare l’importanza e l’attinenza che li accomuna».

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Sempre più stupito di cosa succede a palazzo. Identità, una parola che dovrebbero tacere, specialmente questi derivati umani che si soffermano a discutere di inno per il prossimo 28 aprile. Quale Die de Sa sardigna? Di quale Sardegna si parla? Della stessa che sta languendo con i dati peggiori d’Italia sulla disoccupazione giovanile e che è al terz’ultimo come dato generale di disoccupazione? Beh, ci sono priorità e priorità signori all’ordine del giorno delle sedute in consiglio. D’altronde se in 4 anni di legislatura siamo arrivati a venderci pure l’orgoglio che a tutti i costi vogliono riprendersi con un inno. Come se fosse determinante per la sopravvivenza di questo popolo sapere se sarà uno o l’altro, piuttosto che “La Mirinzana” o “Lu carrasciali” a rappresentarci tutti. Dev’essere davvero fondamentale, in un momento nel quale va a pezzi tutto, focalizzare l’attenzione su queste diatribe interne. “Eh si, ma tu sei populista, vivi in un altro paese, non ti senti appartenente a questa terra”. E sia, mi prendo qualunque improperio ma mi sento legittimato a vomitare per questi perditempo che stanno a coagulare i loro interessi attorno ad una bandiera e ad un inno. Preferisco chi ha a cuore ben altro di queste facezie linguistiche per unire interessi collettivi decisamente di altro spessore ed importanza. E poi, “procurad’e moderare” scelta da chi ha venduto tutto al barone di turno per avere poltrona e privilegi, mi appare come il top dell’ipocrisia. «Su mundu dè reformare sas cosas ch’andana male», è proprio un oltraggio in bocca a chi a tutto abbia pensato tranne che a cambiare le cose che vanno male. E via celebrazioni, parate, feste, mentre qui e in altri centri dell’isola si devono fare i conti con l’emergenza sanità. Dovunque è protesta, la sanità è al collasso e questi pensano all’inno della Sardegna e all’appartenenza che non c’è mai stata, non fosse per quelle “u” finali dei cognomi potrebbero essere tranquillamente provenienti da Avatar tanto sono distanti dai reali problemi del momento. Il peggiore che mai si sia vissuto negli ultimi 50 anni, in questa isola che è una succursale degli interessi del bieco liberismo che continua a determinarne la sorte. E la politica sta a guardare e a valutare, dopo ore di discussione, che quel testo, quella canzone sarà l’inno dell’isola. A me non importa cosa ne pensiate voi lettori, io sono disgustato da questa inutilità mentre il popolo è allo sbando totale e  fra poco non potrà nemmeno nascere a casa propria o aspettare i tempi biblici di un ospedale privato che sembra la cosa più importante per questa gente. 

Procurad’ e moderare? Affatto, non modero nulla contro questi uomini che stanno decidendo per 1.500.000 di altri uomini con ben altre aspettative. Lo ripeto, fate ribrezzo!

Antonio Masoni

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