Tempio Pausania, Ne ho visto e ne vedrò ancora tante…e tante.

foto di Immacolata Ziccanu

Dedicato a chi ha vissuto, lottato e creduto,

Sono tante, troppe, le sensazioni che affollano la testa di ciascuno di noi, uomini e donne che hanno messo in discussione la propria vita per 65 giorni, da quel 18 ottobre nel quale tutto ebbe inizio. Tra di essi anche alcuni bambini, figli di quel “ritorno al futuro” che tutti ci auguriamo possa esistere ancora per loro. Per noi sarebbe speranza, per loro ignota consapevolezza che chissà mai un giorno forse non lontano scopriranno rivedendo delle foto passate.

Emma, Giorgia, Monia, alcune bambine del presidio
Bambini al presidio

E’ presto per fare un bilancio delle tantissime cose accadute, ne rammenti una e ne scordi cento, perché ogni giorno è stato diverso e uguale, ha avuto pianti e risa, è cresciuto sempre ma ha visto cedimenti, abbandoni, ripicche e discussioni, esattamente come avviene in una famiglia normale, quando il peso del quotidiano sovrasta e inquina la serenità, il malumore e la tristezza volgono il timone verso l’isola che non c’è. E’ stato spesso difficile frenare la deriva, mediare e allo stesso tempo pensare ad essere obbiettivi e giusti. Le cento teste hanno talvolta berretti differenti, e non è mai facile togliersi il proprio o indossare quello degli altri, neppure quando la direttrice di quel timone ci ha condotti nel mare aperto, in quel terreno di lotta che è sopravvivenza soggettiva e collettiva allo stesso tempo. Evitare il naufragio, questa è stata la missione giorno per giorno. E ci si riesce solo se il cappello lo togli tu per primo e non se lo tieni in testa come gli altri.

In questa complicata vita di relazioni che è stata un presidio, con tante persone, ne ho viste tante e tante ancora ne vedrò in futuro. Ho imparato da tutti e tutte, ho scoperto le sfumature di bianco e nero che ognuno di loro porta addosso e con tutti e tutte ho provato ad allargare i confini del mio vissuto al quale so per certo mancherà sempre un pezzetto da provare ad incastrare, come un sagoma del puzzle infinito della nostra vita che manca sempre a completare il nostro mosaico.

Ho tanti nomi in testa, tante facce allegre e tristi, tanti volti ancora freschi o corrucciati, stracci di malinconiche ore trascorse ad aspettare ma anche condivise gioie e urla di battaglia che mi risuonano come la reazione migliore allo sfacelo di questi tempi grigi e senza aspettative...Abali Basta, il motto che non è stato uno slogan ma un nuovo aminoacido della catena ramificata del DNA di ognuna e ognuno di noi.

Giuseppe, “Abali Basta” è una sua invenzione.

Pubblicheremo un video che racconterà questi 65 giorni, un diario lungo più di due mesi di questa avventura, così frastagliata nella sua dinamica, così emozionante per le sue innumerevoli vicende e così particolare come è stata portata a termine. Ed ancora non si ha la precisa consapevolezza di quel che ha significato per gli altri. Certo sappiamo cosa sia stata per noi. Potendole assegnare un titolo, sintetizzandone solo l’essenza, la chiamerei come il titolo del pezzo….Ne ho visto e ne vedrò ancora tante…e tante. Per lasciare sempre la porta spalancata a chi non accetta un sopruso, a chi ogni giorno combatte con questa “diossina” quotidiana che ci obbliga a difenderci e basta con un bavaglio alla bocca, turandoci il naso per non sentirne gli effluvi mortali.

Tante ancora erano le cose da raccontare e forse anche da attendere ma ogni storia inizia sapendo che dovrà anche finire nel tempo. Finisce anche se mai potrà cessare in ogni cuore di questi due mesi e oltre, ogni singolo momento di vita comune, di assemblee partecipate, della incredibile e fantastica socialità che ci ha resi protagonisti come leoni di una lotta contro abusi e perdita di diritti inalienabili.

…e ne ho visto e ne vedrò ancora,

chissà quante,

con gli occhi sereni e dolci,

aggiustarsi i capelli, indossare abiti comodi,

attendere e sospirare giorno e notte,

per un sogno che non arriva…

e ancora attendono…

e ancora sospirano…

da una mia poesia scritta per il presidio e mai letta
Il quadro di Antonella Giglio con tutte le impronte di piede della gente e
le loro parole dedicate al presidio.

Nella sua genialità, l’artista Antonella Giglio, propose questo lavoro nel quale ogni persona lasciava l’impronta del suo piede e una scritta su questa tela. Ecco, questa è la mia sintesi. Impronte che ciascuno di noi ha lasciato a significare la presenza in questa incredibile avventura che ha lasciato un segno indelebile, quanto meno nel cuore di ogni persona che l’ha vissuta.

Da questo occorre ripartire per non dissipare nemmeno un minuto vissuto in questi fantastici 65 giorni. 

Ora esiste una traccia, anzi un’impronta su cui scrivere ancora il cammino prossimo. 

Antonio Masoni

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