Tempio Pausania, Non giudizi, tutti possiamo sbagliare… e ancora, e ancora.

Tempio Pausania, 1 dic. 2017-

La triste vicenda di questi giorni, indagini indirizzate verso le droghe che ammazzano, proiettano la platea a prendere come sempre le distanze da mondi che non ci riguardano, almeno sulla carta. Molto semplice esprimere giudizi e altrettanto facile spararle nel chiassoso e petulante mondo di questi social, distruttori nonché distrattori, assurdi prima che legittimi, creati per confondere e renderci supremi esecutori delle vite altrui, avvolti da perbenismi di facciata, una  inquieta massa di carnefici.

Nel percorso difficoltoso di alcune esistenze, ci siamo anche noi che non siamo toccati o colpiti ferocemente dalle disgrazie dei nostri tempi, ne siamo responsabili almeno quanto coloro che non hanno riflettuto sul profondo disagio della società nella quale viviamo. Le droghe che uccidono sono ovunque, oggi le abbiamo anche in queste lande, non siamo né saremo mai immuni da nulla. Dove esiste un pericolo sociale, ci siamo tutti dentro, e non basta solo augurarsi che non possa lisciarci o lusingarci qualsiasi distrazione, perché il contatto con alcune viralità, siano dirette o indirette, nella vita di tutti c’è stato o ci sarà.

I mix che uccidono, li chiamano così, droghe tagliate con altre sostanze letali, sospetti su alcuni decessi, le giovani generazioni che ci cadono, le vecchie che non ne intuiscono la diffusione e la fenomenologia che  è specchio fedele dei tempi che viviamo.

Il disagio giovanile, le turbe che ne sono l’anticamera, la noia che le veste e le calza, il dolore ultimo che lo piange. Potevamo fare di più? Non potevamo fare nulla? Si intrecciano i discorsi, si discute da esperti e si giudica, e poi si sentenzia, e poi…troveremo sempre una chiusura quando quel disagio non era il nostro, quando, ma solo in apparenza, noi non ne siamo responsabili. 

Indichi, il primo che vorrà giudicare, quale ruolo abbia lui in questa comunità e cosa abbia fatto per arginare il problema principe di tutto. Siamo con le orecchie pronte e saremo cento occhi per guardare l’orizzonte che ci vorrà indicare, dove esiste quella strada maestra che ci fa vivere al meglio, dove non esista chi spaccia o chi fa uso, dove...i colpevoli sono sempre.gli spacciatori arrivano al boschetto.….le forze dell’ordine non fanno nulla anche se sanno….dove le ricette miracolose le hanno tutti per risolvere in poco tempo qualunque male e qualsiasi schifezza si conosca in queste lande che non sorridono più come, pare, accadeva un tempo.

Avevo 13 anni quando un mio ex compagno, di appena un anno maggiore di me, di scuola si scelse un ramo e una corda e decise che il suo disagio era insostenibile, andava fermato. Questi anni bui e scoraggianti per tutti, ci hanno riversato fiumi di fatti di cronaca analoghi, decisioni estreme che alla base avevano sempre lo stesso problema. Non bastano le strutture, qualcuno afferma che non servano a molto, per un percorso riabilitativo, forse si deve andare oltre o altrove per riscoprire che si può fare a meno di aiuti tossici per sopravvivere. Non lo so e non sono in grado di sapere, non spetta a me indicare quella via maestra o trovare la soluzione alle droghe. Chissà poi se ne esiste una. Io però sono responsabile, perché vivo la stessa comunità, la vivo in tutto e per tutto quello che vi accade. A quel mio ex compagno di scuola cosa avrei saputo dire a 13 anni? Erano tempi senza acronimi quelli, non c’era l’AIDS, non si sapeva cosa era un TSO, e le droghe non si conoscevano neppure, né esisteva questa affamata categoria di venditori di morte disposti a tutto pur di uccidere, anche a tagliare eroina con kerosene.

Sento dolore, ogni giorno ne ricevo un pezzetto da questa cronaca. Il territorio piange, la gente è disperata per tante e troppe ragioni, si discute, si giudica, si sentenzia. Intanto, si muore, a 28 anni, come a 13 o a 45. Mi rannicchio nel mio pensiero ricorrente e rileggo tutte le pagine di sofferenze evitabili in cui tutti, prima o poi, resteremo avvinti, come se il dolore sia la nostra risposta, la sola memoria che alla fine ci accompagnerà, come un tatuaggio. E piangeremo ancora…e ancora. 

Nella mente ha origine la sofferenza; nella mente ha origine la cessazione della sofferenza (frase buddista).

Antonio Masoni

 

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