Tempio Pausania, Perché votare NO al Referendum del 4 dicembre sulla “Deforma” della Costituzione, di Marco Cavedon.

Tempio Pausania, 17 ott. 2016-

fonte memmt

Il 4 dicembre 2016 l’Associazione MMT Italia e l’Associazione ME-MMT Veneto invitano gli elettori a votare “NO” alla riforma (o per meglio dire, deforma) della Costituzione del Governo Renzi approvata dal Parlamento il 12 aprile 2016. Potrebbe sembrare strano che un’associazione come la nostra che si occupa principalmente di politica economica si esprima su questo tema, ma così non è, per i motivi che verranno di seguito esposti e che si possono fin da subito riassumere con minore democrazia, maggiore centralismo e soprattutto, maggiore potere all’Unione Europea i cui diktat diverranno ancora più semplici da attualizzare.

MODIFICHE DEL TITOLO I DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE.
Art. 1 della deforma Renzi – Boschi (modifica all’articolo 55 della Costituzione).

Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all’esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea. Valuta le politiche pubbliche e l’attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l’impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori.”

Alla faccia del titolo della legge costituzionale che dovrebbe significare “superamento del bicameralismo perfetto”, qui si esplicita in maniera chiara un forte ruolo del nuovo Senato, non più eletto democraticamente (come vedremo subito dopo) ma al quale è attribuito un ruolo centrale nell’ambito della formazione e dell’attuazione delle norme e delle politiche dell’Unione Europea sul territorio. La versione precedente dell’articolo 55 non conteneva alcun riferimento alle norme UE, mentre ora si cita esplicitamente e si rafforza (e a livello costituzionale) il ruolo di un’entità sovranazionale che come abbiamo più volte dimostrato è la causa diretta della grave crisi economica, democratica e sociale che stiamo vivendo, assegnando per di più la funzione di raccordo con essa ad una Camera che non sarà più eletta direttamente dai cittadini.

Art. 2 della deforma Renzi – Boschi (modifiche all’articolo 57 della Costituzione).

Il Senato della Repubblica è composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica. I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori.

Si esplicita come prima accennato il fatto che il Senato non sarà affatto abolito in nome del superamento del bicameralismo perfetto, ma rimarrà (anche se composto da un numero inferiore di senatori) e non sarà più democraticamente eletto, in quanto i singoli senatori saranno eletti dai Consigli Regionali e non più direttamente dai cittadini (vedere anche l’articolo 38 della deforma che abroga l’articolo 58 della Costituzione). Ecco quindi che ci troveremo ad essere governati da due camere, di cui una molto meno rappresentativa (sia a livello democratico che numerico) ma con enormi poteri a livello di raccordo con l’UE, formazione ed attuazione degli atti normativi e politici comunitari. Chiaro che a questo punto per uscire da euro ed UE sarà ancora più complicato, in quanto si dovrà andare contro la Costituzione che in maniera esplicita introduce il concetto di “raccordo” con le istituzioni europee.

Un Senato non più eletto direttamente dai cittadini inoltre sarà di conseguenza più influenzabile dalle logiche dei partiti, che, per mettersi al riparo dal processo elettorale, hanno ceduto tutta la nostra sovranità a quelle istituzioni sovranazionali che nel nome della “credibilità” e della “responsabilità” ci hanno imposto l’attuale sistema di regole non spiegate né tanto meno mai votate che ci hanno portato al disastro attuale.

La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”.

E qui siamo a livelli di ipocrisia che definire grotteschi sarebbe ben poca cosa. Una riforma che nelle parole del ministro Maria Elena Boschi e del premier Renzi avrebbe dovuto introdurre maggiore governabilità e semplicità nel processo decisionale corre il rischio di trasformare l’ex repubblica sovrana Italia (ora colonia dell’impero UE) in un bordello con una Camera dei Deputati che può avere un colore politico anche completamente opposto rispetto a quello del Senato, i cui membri composti da consiglieri regionali e sindaci rimarranno in carica finché dura il mandato degli organi che li hanno eletti (che non coincide con quello della Camera dei Deputati). Inutile dire a chi giova creare situazioni di ingovernabilità e di caos, cioè crisi artificiali indotte al fine di demolire ulteriormente le politiche sociali (o quel che ne è rimasto), la democrazia e la nostra sovranità come popolo italiano sotto il pretesto dell’urgenza e della necessità.

Art. 10 della deforma Renzi – Boschi (modifiche all’articolo 70 della Costituzione).

Anche qui l’ipocrisia si spreca. Una legge di riforma costituzionale che doveva introdurre maggiore semplicità cambia un articolo composto da appena una riga (art. 70 Sezione II – formazione delle leggi), in uno composto da ben 438 parole.

La versione originale che esplicitava il ruolo della Camera dei Deputati e del Senato nella formazione delle leggi e che recitava: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere” viene modificata in questo obbrobrio:

La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere… per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di senatore di cui all’articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma.”

Alla faccia della semplificazione…in pieno stile Trattato di Lisbona, che per la voce del suo stesso maggiore artefice fu scritto in modo illeggibile affinché nessuno potesse capirlo, allo  stesso modo si è proceduto con la modifica dell’articolo 70 nella parte in cui esplicita le leggi la cui approvazione è di competenza di entrambe le Camere, con continui rimandi ad altri articoli e commi.
Come visibile sopra, viene ribadito il ruolo del Senato (Camera non più eleggibile direttamente dai cittadini) nella formazione e nell’attuazione delle normative e delle politiche UE. Inoltre, anche per chi pensa che il superamento del “bicameralismo perfetto” (cioè della codecisione nella formazione legislativa della Camera dei Deputati e del Senato) sia una buona cosa, c’è da rimanere delusi, in quanto la competenza del Senato rimarrà per tutte le questioni più importanti che riguardano la vita della (ex) nazione Italia, quali le leggi costituzionali, quelle elettorali, quelle che determinano le funzioni fondamentali di Comuni e città Metropolitane, quelle come appena detto sulla formazione e l’attuazione degli atti dell’Unione Europea, la ratifica dei trattati internazionali relativi all’appartenenza dell’Italia alla UE (art. 80) e anche la concessione di autonomie alle regioni (art. 116 terzo comma).

Da sottolineare inoltre che, dal momento in cui il Senato non potrà più votare la fiducia sulle leggi ordinarie votate dalla Camera dei Deputati, viene in questo modo a mancare un importante strumento di controllo ed equilibrio tra le attività delle due Camere. Una Camera dei Deputati (i cui membri non sono completamente eletti dal popolo, che non può scegliere i capilista in base alla legge elettorale 52 del 2015 detta “Italicum”) con maggiori poteri per approvare le leggi implica una ancòra più facile attuazione delle politiche economiche neoliberiste basate sulla distruzione del senso dello stato di esistere, idee che sono condivise da molte forze politiche in maniera trasversale e che sono il mantra sul quale è stata fondata la UE. Da ricordare inoltre che l’Italicum (la nuova legge elettorale) può assegnare la maggioranza assoluta dei seggi (il 54% – 340 seggi su un totale di 630) anche ad una lista che ottenga un consenso ben inferiore al 40% previsto al primo turno, in quanto poi c’è il ballottaggio.

Art. 11 della deforma Renzi – Boschi (modifiche all’articolo 71 della Costituzione).

Tanto per rimanere in tema di “piena” democrazia (cosa che dovrebbe stare a cuore ad un partito che ha fatto della stessa il suo nome) vieneinnalzata la soglia per le proposte di legge di iniziativa popolare da 50.000 a 150.000 elettori, stabilendo inoltre che con appositi regolamenti parlamentari si potranno stabilire “tempi, forme e limiti” per la discussione e la deliberazione conclusiva su tali proposte (che magari potranno avvenire anche dopo parecchi anni, se non mai…sigh !).

E veniamo ora ad un altro “contentino” ben pensato dal Partito diversamente Democratico per attirare gli elettori nella trappola, ossia il punto “c”, in cui si paventa la possibilità di realizzare anche referendum consultivi e di indirizzo (quindi non più solo abrogativi – art. 75), salvo però stabilire che le modalità di attuazione dovranno essere definite con “con legge approvata da entrambe le Camere”…come dire “stabilito il referendum, trovato l’inganno”. Solo per fare un esempio, nonostante la possibilità di realizzare referendum abrogativi fosse esplicitata già nella Costituzione del 1948, si dovette attendere più di vent’anni per la legge di attuazione (legge n. 352 del 1970).

Peccato poi che rimanga inalterata la disposizione dell’articolo 75 in base alla quale non è possibile un referendum abrogativo per le leggi “di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”, che interpretato in maniera restrittiva significa che non c’è la possibilità di chiedere ai cittadini se sono d’accordo o meno nel cedere sovranità ad entità sovranazionali quali l’UE; non è quindi possibile realizzare una “Brexit” per l’Italia (o per meglio dire una Italexit).

Art. 15 della deforma Renzi – Boschi (modifiche all’articolo 75 della Costituzione).

Viene ribadito che i referendum possono essere solo di natura abrogativa e non su tematiche cruciali per la stessa esistenza di una nazione, quali la ratifica dei trattati internazionali e le leggi tributarie e di bilancio (da cui dipende la sopravvivenza dell’economia reale).
Unico ipocrita contentino riguarda il fatto che se il referendum è indetto con almeno 800.000 firme non è più necessario il quorum del 50% più uno degli  aventi diritto al voto per l’approvazione della proposta, ma “basta” che si esprima la maggioranza di coloro che hanno partecipato alle ultime elezioni della Camera dei Deputati e sia raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. “Peccato” che l’affluenza alle elezioni politiche in Italia sia storicamente stata sempre molto elevata e il dato più basso si è avuto alle elezioni del 2013, con una partecipazione degli aventi diritto al voto pari al 75,19% (la prima volta che si è scesi sotto la soglia dell’80%). Questo significa che “ben” che vada ci sarà comunque bisogno di un quorum di quasi il 40% degli aventi diritto al voto.

Da ricordare inoltre come i referendum abrogativi, anche se approvati con una maggioranze netta dei sì, siano spesso stati traditi dai governi in vigore, in quanto purtroppo non si può certo dire che il nostro sia un paese dalle solide radici democratiche come altri (vedi l’impegno del governo inglese nel mantenere il patto con gli elettori a seguito del referendum sulla Brexit). Cito due casi clamorosi: il referendum sull’acqua del 2011 e quelli abrogativi del 1993 per quanto riguarda il finanziamento pubblico ai partiti e l’abolizione del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, magistralmente poi trasformato in Ministero per il Coordinamento delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

Art. 16 e 17 della deforma Renzi – Boschi (modifiche agli articoli 77 e 78 della Costituzione).

La Camera dei Deputati (che grazie alla legge elettorale Italicum può rappresentare una esigua minoranza degli italiani elettori) avrà facoltà esclusiva di convertire in legge senza la mediazione del Senato (che comunque non sarà più democratico) i provvedimenti provvisori del governo aventi forza di legge in ragione di casi straordinari di necessità e d’urgenza e potrà inoltre deliberare (sempre senza alcuna mediazione) lo stato di guerra.

MODIFICHE AL TITOLO III DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE.

Art. 25 della deforma Renzi – Boschi (modifiche all’articolo 94 della Costituzione).

Sarà ora sufficiente che il Governo ottenga la fiducia della sola Camera dei Deputati, che ribadiamo ancora una volta, può rappresentare anche una parte minoritaria del paese. Non comunque che il ruolo del Senato possa risollevare le cose con la logica di questa riforma costituzionale, dal momento che non sarà più eletto direttamente dai cittadini.

MODIFICHE AL TITOLO V DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE.

Art. 28 (in verità fa parte del Titolo III Parte II) e 29 della deforma Renzi (abolizione del CNEL e delle Province).

Alla faccia del “bravo” Renzi che stando alle sue (false ed opportuniste) dichiarazioni avrebbe capito l’assurdità delle politiche di austerity promosse dall’UE, qui si sottolinea ancora una volta (oltre al dato della riduzione dei senatori dai 315 attuali ai 100 previsti dall’articolo 2 della presente deforma) l’importanza del contenimento della spesa pubblica, con l’abolizione di due enti ritenuti inutili.
Il CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) è un ente ausiliario creato con lo scopo di fornire consulenza al governo in ambito economico e dotato anche di potere di iniziativa legislativa. Tutt’alto che un ente inutile quindi come si dice, basterebbe la volontà politica di farlo funzionare, magari mettendoci dentro personale competente ed economisti eterodossi o meglio ancora ME-MMT, dai quali i nostri politici avrebbero solo da imparare (e forse anche da farsi dettare le leggi in campo economico). Tuttavia, anche chi crede (a torto) nell’opportunità del taglio della spesa pubblica, dovrà ricredersi su questo punto, in quanto le risorse strumentali e umane del CNEL saranno riallocate presso la Corte dei Conti, come previsto dall’articolo 40 (Disposizioni finali).

Per l’abolizione delle Province (tranne quelle autonome di Trento e Bolzano), resta poi da capire quanto le aziende saranno contente di sbrigare importanti pratiche quali autorizzazioni ambientali e di gestione dei rifiuti magari direttamente presso le sedi centrali delle regioni, con notevole dispendio di tempo, energie e anche di risorse. E il sottoscritto, causa il lavoro che svolge, ha potuto constatare di persona i “risultati” della soppressione di enti quali l’ISPESL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro – ora incorporato nell’INAIL) per quanto riguarda le pratiche delle denunce delle attrezzature di lavoro comportanti rilevanti rischi per gli operatori, con un personale ora ridotto all’osso e tempi infiniti per la realizzazione degli interventi.
Come abbiamo più volte ribadito, soprattutto in tempo di crisi della domanda aggregata come ora, ci sarebbe bisogno di più spesa pubblica a deficit, non di ulteriori tagli.

Art. 31 della deforma Renzi (modifiche all’articolo 117 della Costituzione).

Vengono ampliati i campi che ricadono nella legislazione esclusiva dello Stato: in particolare per quanto riguarda “coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, disposizioni comuni sulla tutela della salute, politiche sociali, sicurezza alimentare, istruzione, la previdenza complementare ed integrativa, la tutela e sicurezza del lavoro, le politiche attive del lavoro, il commercio con l’estero, l’ordinamento sportivo, disposizione comuni sulle attività culturali e il turismo, l’ordinamento delle professioni e della comunicazione, disposizioni comuni sul governo del territorio, la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionali dell’energia, le grandi infrastrutture e reti di trasporto e di navigazione di interesse nazionale, i porti e gli aeroporti di interesse nazionale ed internazionale“.
Tutte queste materie prima appartenevano alla legislazione della regione o alla legislazione concorrente, dove era la Regione che aveva il potere di legiferare salvo i principi fondamentali stabiliti dallo stato.

Inoltre “Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”, indebolendo ulteriormente il ruolo delle realtà locali nel nome di presunti stati di urgenza e di crisi, spesso creati artificialmente attraverso le regole internazionali europee.

Una perdita di autonomia incalcolabile quindi per le realtà più vicine al territorio e alle esigenze delle singole comunità, nel nome dell’accentramento nelle mani di uno Stato che è il primo responsabile dell’accettazione e dell’imposizione delle regole di bilancio europee che sono alla base dei continui tagli a scuola, sanità e lavoro, per realizzare i quali l’autorità centrale avrà un ulteriore forte strumento a sua disposizione.

Rimane anche in questa sciagurata nuova versione della Costituzione la disposizione secondo la quale “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e dagli obblighi internazionali” (per l’esattezza prima si parlava di ordinamento comunitario). Anche questo (oltre al nuovo articolo 55) rende de-facto impossibile purtroppo l’uscita dell’Italia dall’Unione Europea senza apposita legge costituzionale.
Inoltre tra le competenze esclusive dello Stato si dà ulteriore forza al concetto di concorrenza laddove non si parla più solo di “tutela” ma anche di “promozione”, sottolineando in maniera ancora più netta la volontà di continuare ad applicare le politiche neoliberiste basate sull’abbattimento dei salari e il contenimento della domanda interna nel nome della competitività globale.

Articolo 34 della deforma Renzi – Boschi (modifiche all’articolo 120 della Costituzione).

La legge stabilisce i casi di esclusione dei titolari di organi di governo regionali e locali dall’esercizio delle rispettive funzioni quando è stato accertato lo stato di grave dissesto finanziario dell’ente”.

Un ulteriore richiamo quindi al rispetto dei vincoli di bilancio già inseriti in costituzione dalla riforma Monti del 2012 (legge costituzionale 20 aprile 2012 n.1), in base ai quali agli enti locali è di fatto impedito di realizzare investimenti sul territorio, come testimoniato dall’articolo 119 e in particolare dal seguente passo:
I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i princìpi generali determinati dalla legge dello Stato.Possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento, con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti”.

In conclusione.

Per tutto quanto sopra esposto, il nostro invito è pertanto quello di votare un convinto “NO” ad una riforma (o per meglio dire deforma) che ci toglierà ancora più democrazia, libertà e autonomia, nel nome delle sempre maggiori cessioni di sovranità ad istituzioni internazionali (soprattutto europee) di carattere giacobino e fondate sul neoliberismo, che mirano alla distruzione del diritto dei popoli all’autodeterminazione e alla concentrazione delle risorse finanziarie nelle mani dell’1% della popolazione costituita dalla grande finanza speculativa internazionale, con la contestuale distruzione dell’economia reale in essere ormai da decenni.

Un “SI” invece alla difesa dello spirito originario della nostra Costituzione del 1948, che tutela la libertà del privato in armonia però con il benessere di tutta la società, nonché la sovranità del popolo italiano che, come recita l’articolo 11, può essere limitata con particolare riferimento alle aggressioni belliche nei confronti di altre nazioni ma mai ceduta e in qualsiasi caso nel rispetto delle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute (articolo 10), il che esclude i trattati UE e dell’Unione Europea, che si riferiscono ad una singola parte del pianeta, per di più minoritaria, quando invece la pace e la giustizia tra i popoli dovrebbero essere valori universali.

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