Tempio Pausania, Reale Sepoltura, una vita e un attimo, dedicata a Fabrizio De Andrè, di Fabio Strinati.

Tempio Pausania, 2 set. 2018-

Fabio Strinati

Scrivere ispirati alla poetica di De Andrè, è arte che tutti provano a mettere in rima o in prosa o cantare, tali sono stati gli spunti che la sua poesia  ci ha lasciato. Fabio Strinati, poeta, scrittore, aforistapianista e compositore, autore di alcuni libri, ha amato De Andrè che ha fatto parte della sua formazione musicale, così come la musica classica e quella rock, e nelle sue poesie si notano decine di simbologie care al grande genovese a cui questa “REALE SEPOLTURA, una vita e un attimo”, è stata dedicata. Leggerla, sarà come ascoltare una delle tante canzoni, ritrovarsi nel mondo intimo di De Andrè, riviverne passaggi del suo tempo immortale e legarsi visceralmente alla profondità della sua ispirazione, unica, eterna. Come lacrime della memoria che ha contaminato chiunque,  come Fabio, che trova nell’anima del mondo che lo circonda le risposte alla sua stessa esistenza.

 

REALE SEPOLTURA ( una vita, e un attimo )

 PENSO….

                                                  A Fabrizio De André

Penso a un’alba che tramonta in fretta

e a un aquilone che s’affretta nel cielo

come un lampo è d’uragano

quando su quel melo…

disgela la campagna e quell’anziano vento

che si trascina a sprazzi,

la falce per il maturo grano

e un seme per la terra ch’è veritiero…

e quella tela di ragno privata del sereno,

all’angolo che strangola

il suo buco chiuso

dilaniato da un foro e da un detrito,

sul quel sentiero

scritto con l’inchiostro della sera,

il rumore del bosco ( nero ) ,

e quel suono contorto di un poema

che parla alla notte pesta

col suo livido sinistro e leale

e il rantolo d’un cane che persino

si detesta!

Penso a una lacrima bagnata

che scende sulle guance: ordinata,

ostinata ed onesta,

e a chi sul marciapiede piange

perché pioggia è serva

d’un pianto che vanga l’orto

rinchiuso in una serra uggiosa,

e quel contorno d’erba,

che serve a concimare il tempo

come dentro a una grata d’orologio

che non arretra e mai s’arresta…perché

clessidra è sabbia fusa che cola

da un’ala di polmone

e a chi resta,

una vanga in mano

e un tramonto fertile, prematuro,

perfettamente dissotterrato…

E

penso a chi se n’è andato, a chi muore ogni giorno

senza un nome al petto

o una mostrina ingiallita riacciuffata

per un pelo dalle sponde

d’un lago senza rime.

Penso a chi è adolescente e malato,

a chi scandisce il ritmo

di una giornata trascorsa tra le fine grondaie

come l’acqua piovana s’insinua,

sopra corpi fragili e smunti

con in volto la stanchezza

e quel tremore

nero delle occhiaie…

o come agli angoli di un letto con le spille,

( l’acerbezza d’un crepuscolo )

e quel topo impaurito

che annusa l’odore grezzo

del suo scheletro ineguale e diseredato,

perfettamente magro, asciutto,

terminato.

E

penso alle vertebre di un albero

seccato da un malanno,

e a chi per vivere,

è obbligato a infrangere le regole

o a chiedere permesso

anche quando gli occhi parlano

una lingua che si getta al pozzo

d’una campagna fertile, prospera e ferace!

Penso a chi insegue una tregua

che sguscia via convulsa e repentina,

 

e a chi muore di vita

perché vita è ingiusta, e un prato

ricoperto dalla brina,

è lì che nel silenzio tace!

FABIO STRINATI

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