Tempio Pausania: “true story”, una storia vera come tante. La malattia e la scoperta di una nuova sensibilità. A volte accade.

Tempio Pausania, 1 maggio 2014-

A volte la vita ci riserva sorprese, spesso piacevoli e altrettante volte meno. Eppure, nella consapevolezza di un nuovo status prima d’ora a noi ignoto, ci si scopre diversi, cambiati e inclini a sorprendenti sensibilità. Quasi prima non avessimo mai vissuto, come se la malattia ci avesse catapultato nella sfera dei diversi, di quell’enorme pianeta dove sofferenza e solidarietà vanno insieme. La storia che vi proponiamo è quella di un uomo che prima era un uomo diverso e non aveva mai dato importanza a ciò che c’era fuori dalla porta. Non perché non sapesse o perché facesse finta di non sapere ma semplicemente perché quando la vita ci appaga e ci sorride quel mondo di fuori lo lasciamo tutti al di fuori della nostra porta, salvo commiserare i sofferenti. 

Così ci si scopre sensibili all’indifferenza degli altri, si assapora la dolcezza di una voce, il sorriso di chi si prende cura di noi, si va alla ricerca delle attenzioni degli altri e si soppesano le arroganze, ci infastidiscono le crudezze di parole vere e senza scampo. Eppure prima non ci facevamo caso, prima la vita era sorridente e bella e aveva senso solo viverla appieno, senza indecisioni, con golosità e senza alcuna rinuncia, di nessun genere.

Questa è la storia di Sandro Manca, 55 anni, lurese, sposato e residente a Calangianus, ex funzionario bancario, in pensione forzata, un figlio per fortuna sistemato e una moglie sempre attenta ad ogni suo problema. Grande appassionato di video, accurato cameraman, talentuoso e creativo maker di filmati con montaggi raffinati. Una storia normale eppure col tempo diventata una “true story”, una storia vera, la storia della vita quando si perde la fortuna della salute. Ve la proponiamo, autorizzati dallo stesso autore a pubblicarla perché, come ogni storia di vita vera, va scritta e letta. Grazie a Sandro per avercela inviata.

“In un’assolata mattina di maggio del 2007 uscii frettolosamente dal mio ufficio per andare a ritirare il referto medico di un prelievo di sangue eseguito qualche giorno addietro. Era da tanto che non  controllavo i valori ematici e durante la veloce camminata verso l’ospedale cittadino la mia mente era completamente assorta dalla mole di lavoro da espletare e nient’altro. Al primo piano del P. Dettori, mischiato ad una piccola folla impaziente di ritirare la propria documentazione, rimuginavo solo sui tanti impegni da assolvere nel corso della giornata. Arriva il mio turno ed una graziosa infermiera mi consegna quanto mi concerne. Scappo via senza neanche aprire la busta allertato dalla stretta necessità di rientrare al lavoro. Il giorno appresso nell’astanteria del medico di base do una frettolosa occhiata all’elenco dei valori ematici e noto che alcuni di essi sono abbondantemente fuori parametro: in particolare creatinina e azotemia. Il mio medico si sofferma in silenzio e poi esclama:  abbiamo un indice di funzionalità renale abnorme, troppo abnorme: è necessaria un’urgente visita nefrologica! Un po’ come don Abbondio nei Promessi Sposi quando si trovò ad interrogarsi su Carneade, non diedi molto peso al significato delle sue parole (la malattia è subdola e non da evidente sintomatologia),  d’altronde mi sentivo bene, non avevo dolori nè altre anomalie che potevano farmi insospettire,  tranne un po di pressione minima alta da tutti attribuita allo stress da lavoro. Mia moglie però da ex studentessa di medicina ha cominciato a spulciare su internet e più cercava più il suo viso si oscurava. Ogni parere medico ripeteva monotonamente le stesse parole: insufficienza renale acuta o cronica con un immediato intervento in terapia d’urto nel primo caso e dialisi a vita (salvo trapianto) nel secondo. Ripetei le analisi,  stesso responso, era nefropatia cronica. I reni stavano cedendo progressivamente era necessario di li a pochi anni ricorrere al rene artificiale. A Tempio ebbi il primo consulto medico specialistico effettuato da Dott. Mario Passaghe e la sua equipe con i primi tentativi, mediante terapia farmacologica, per arginare la malattia. Ma come spesso succede, suggestionati dal fatto che noi sardi rimaniamo “colonizzati” anche mentalmente dalla preparazione dei professori d’oltre mare, mi sono, direi ora erroneamente,  predisposto insieme alla famiglia ad interpellare altri luminari del campo in Lombardia,  Veneto,  Liguria.  La prima cosa da fare è munirsi di un bel gruzzolo di euro perché prima di farmi accedere allo studio dei Prof. bisogna aver pagato le cifre richieste che vanno dai 300 ai 500 euro. Dopo circa un’ora di attesa, le seduta solitamente vertono su una veloce chiacchierata, una visita ambulatoriale,  intervallata da un andirivieni di segretarie e collaboratori vari, nonché da molteplici telefonate a cui non si può certo derogare. Tanti giri di parole e terminologia altisonante per arrivare dopo un ultimo controllo pressorio e la valutazione di tutti gli accertamenti  fatti a Tempio, alla ripetitiva frase finale: “se è fortunato entra in dialisi fra 5 anni…..fra 3 anni….fra 10 anni….e via dicendo. Nessuno e ribadisco nessuno degli scienziati continentali che abbia tirato fuori “il coniglio dal cilindro”! 

Basta. Ringraziai Iddio quando il carrello dell’aereo toccò nuovamente la terra sarda. Tornato al P. Dettori di Tempio mi ritrovai, quasi inaspettatamente,  ad apprezzare positivamente e con un certo entusiasmo tutta la struttura del centro dialisi, situato al piano secondo, dalla bellezza, la pulizia e praticità dei locali,  all’avanguardia dei macchinari, alla professionalità dell’equipe medica e paramedica.  Tutti infatti hanno contribuito ad alleviare l’angoscia che pervade una persona quando viene a conoscenza di una patologia del genere e del futuro che le si presenterà. Nel centro, di recente aggiornamento, i medici mi misero al corrente con garbata maestria dei tipi di dialisi che possono essere praticati: dall’emodialisi,  effettuata, in due sale capaci di ospitare fino a 12 pazienti per turno, alla più comoda dialisi peritoneale che il malato effettua a domicilio con moderni macchinari assegnati in comodato d’uso. Tutto il personale, sempre sorridente,  continuamente aggiornato da speciali corsi sulla materia mi mise a mio agio da subito, consegnandomi opuscoli e informative sul “modus operandi”  e sullo stile vita da osservare, il tutto con esaurienti spiegazioni e mai stanco nel ripetere le cose più importanti.  Il giorno della prima dialisi, dopo 4 anni dalla fatale diagnosi pensai di non reggere all’ impatto emotivo ma grazie alla già sperimentata professionalità e cortesia dei medici ed infermieri, questi ultimi coordinati dalla signora Antonia Alias, ho cominciato a prendere consapevolezza che anche una malattia invalidante come l’ IRC (insufficienza renale cronica) può essere egregiamente gestita grazie all’eccellenza che puoi ritrovare vicino casa e che il tempo in cui un paziente viene collegato alla macchina, trascorre più velocemente con un sorriso,  una chiacchierata ed un buon caffè.”

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