Un giovane medico gallurese al Santissima Annunziata di Sassari.

L'esperienza di un giovane medico al tempo del coronavirus.

Antonio Savigni è un giovane medico gallurese, padre calangianese (il pediatra Ferdinando) e mamma di origini ogliastrine. Vive e risiede a Olbia ma il suo lavoro, specializzando in urologia, lo vede costretto attualmente a restare fisso nella città turritana. Il Covid ha anche queste regole e gli spostamenti sono sempre più complicati e difficili. Si sente “sospeso” in una realtà sanitaria che è quella maggiormente colpita dal Covid 19 in Sardegna. Sa di essere medico, per scelta  etica. Seppure ancora molto giovane, è dedito al mestiere che ha voluto.

Un giovane medico, che parla al telefono con la voce per certi tratti provata da questa situazione che definisce “surreale”. L’aggettivo è comune a tanti, che vedono la vita interrotta da qualcosa di inatteso, terribile, una pausa della normale quotidianità che vorremmo tutti finisse subito. Anche se non sarà facile dimenticare, e ci vorranno mesi forse a riprendere la vita di sempre.

Antonio ha solo 29 anni, una famiglia conosciuta, una sorella più piccola e altri due fratelli medici: un destino di famiglia. 

« Antonio, che momento è questo  per l’ospedale di Sassari.»

« Il numero dei pazienti coinvolti a Sassari e provincia è elevato. Dei circa 370 complessivi, la provincia ne conta oltre 260. Risultano in crescita ancora ma conforta il dato nazionale che appare in calo. Forse ancora in Sardegna ci vorranno due settimane prima di vedere il cosiddetto picco. I problemi oggettivi sono gli stessi del resto degli ospedali sardi. La fornitura di DPI e tamponi, anche se ai primi casi accaduti, le prove dei tamponi sono state eseguite prontamente. Il problema iniziale si è arginato.  Locali sanificati, operatori sanitari tamponati tempestivamente. Adesso, da medico, posso dire che  vi sia stata una sottovalutazione dell’epidemia. Tra i reparti, diversi non sono stati coinvolti, altri hanno dovuto comunque tenere operativa la loro attività, chirurgica e clinica. Si tratta, come si può ben capire, di attività indispensabili»

Un giovane medico, la responsabilità e i doveri

Antonio Savigni

Capita di soffermarsi e riflettere sulle responsabilità dei nostri giovani, lo facciamo da padri ma cerchiamo anche di immergerci nelle loro aspettative. Sono i loro sogni e siamo consci che questo effetto traumatico, nel caso di Antonio, deve essere superato presto. Un medico oggi deve rispondere ad esigenze di chi da lui attende risposte, soluzioni, cure. Ci conosciamo, ci diamo del tu. 

« Quali gli aspetti critici della situazione sanitaria in questa fase dell’epidemia»

« Sono diversi, comuni  a tutti gli ospedali. Manca il personale, alcuni reparti sono davvero contaminati e devono comunque svolgere la loro indispensabile attività. Conosco la situazione della Dialisi, ad esempio. E’ difficile nello specifico, per le famiglie. Problemi anche nella terapia intensiva, Qui ci sono 7 posti letto ma sono attualmente 11. E posso dirti che sono al completo, come i posti letto di malattie infettive.

L’epidemia, dove ha colpito in maniera forte, ha creato traumi in ogni ospedale. Anche in quelli più attrezzati ed efficienti.  Qui si è dedicato un intero padiglione ai pazienti Covid, siano essi di terapia intensiva o semi intensiva con tutti coloro con quadri polmonari però da isolare. Ossia, tutti quei pazienti che non possono fare la quarantena in casa, per ovvie ragioni. Le esigenze di spazi si sono affrontate, accorpati reparti per lasciare libere stanze per trattare questo aspetto del Covid. Certo che noi ci auguriamo che non arrivino troppi casi. Se è vero che determinate attività, quelle ambulatoriali, si possono sospendere, non lo si può fare con quelle oncologiche. Come dicevo prima, l’altra attività deve comunque procedere, si deve operare, fare anche altro. Nel mio reparto, l’Urologia, possiamo sospendere una calcolosi ma non un tumore vescicale da resecare, giusto per darti un esempio»

L’umanità, la fiducia, il rispetto

«Come definiresti questo tuo momento di giovane medico »

« Mettendo da parte i problemi che abbiamo, cioè di quel primo momento in cui si è cercato di arginare l’epidemia, vivo come sospeso, una realtà surreale, da un lato l’impotenza da medico perché è vero che questa epidemia si può contenere, ma non bastiamo noi medici. Una costante constatazione però, che noi senza il paziente non si possa ottenere un buon risultato. Quella fiducia che ricevi dal tuo paziente la devi saper apprezzare, riconoscere, e restituirgliela in azione, umanità e fatti. Non è bello, d’altro canto, vedere che alcune persone questa constatazione non la condividono. La vivono con troppa leggerezza. Servirebbe maggiore rispetto reciproco, non ci sentiamo “eroi” ma vorremmo essere ascoltati di più. Questo però succede quando tra noi e il paziente si instaura quel sentimento reciproco di fiducia. A noi spetta dare indicazioni, al paziente seguirle, nel suo solo interesse. Nonostante qui a Sassari vi sia stato un tasso di contagiati elevato e anche alcuni decessi, molta gente ancora non ha percepito il messaggio delle attenzioni e delle indicazioni da seguire». 

Mancano gli affetti, la famiglia, la vita di tutti i giorni.

«Che idea ti sei fatto del Covid 19. Quando pensi possa finire e come percepisci da gallurese la situazione della tua Gallura. Cosa ti manca di più».

« Da giovane medico, lascio le previsioni agli epidemiologi. Si intuisce però che il dato nazionale sia da oggi in calo. A livello sardo, la ripercussione la avremo forse per altre due o tre settimane. Nel cuore mi auguro di poter godere di una spicchio di primavera, chissà, forse da Giugno potremmo respirare e tornare alla normalità. Dipenderà dal nostro comportamento e dal rispetto delle norme in vigore. Per me è dura, non vedere la mia famiglia, i miei genitori, mia sorella, gli zii, le zie, tutti insomma. Mi manca la Gallura. Soffro la distanza dal mio territorio ma devo resistere. Questo è quello che ho scelto di fare e so che questa interruzione, meglio, questa “sospensione”, mi aiuterà a crescere e fare esperienza nella mia professione».

«Grazie Antonio, in bocca al lupo»

«Grazie a te per questa bella conversazione».

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