« L’indifferenza», la moglie ha un malore ma… La lettera.

Firma con nome e cognome ma non è questo che conta quanto l’indifferenza con cui un improvviso malore accaduto alla moglie viene considerato. Succede a Tempio, quindi non su un barcone di emigrati o su una strada di una affollata metropoli. La lettera non è importante solo per il fatto in se, quanto nella dinamica dei fatti che induce allo sdegno qualsiasi persona che vi si fosse imbattuta. Alla lettera si lascia, come giusto che sia,  margini per una svista da parte di qualcuno,  anche se dallo scritto si evidenzia ben altro.

Ricordo molto bene quando accadde ad un telefonista che lavorava presso un ente  qui a Tempio. Si sentì male, anche in quel caso, era una colica dovuta a calcoli biliari. Non ebbe la forza di chiamare soccorsi e fu casuale che mi trovassi a passare di là e vederlo piegato in due, sudato e con dolori lancinanti. Del tutto impotente ad usare anche il telefono che era l’attrezzo del suo lavoro. Anche in quel caso poteva essere il cuore, non lo fu per fortuna. Non ci fu indifferenza degli impiegati, nessuno vide o sentì. Fu solo casualità che fossi lì ad accompagnarlo io stesso al P.S.

« Gentile Antonio, scrivo questa lettera per mettere in risalto un episodio accaduto a mia moglie ieri mattina ( 4 luglio). Ieri mattina lei si è recata alla Agenzia delle Entrate per ritirare un documento. Gli uffici aprono alle 8.00. Lei però è arrivata prima, attorno alle 7.15. Ad un certo punto si è sentita male, erano le 7.30 circa. Il malore era serio, e lei ha bussato alla porta e alla finestra degli uffici, percependo chiaramente che dentro c’erano già alcuni impiegati. Non essendo ancora ora di apertura, è lecito che quelle persone stessero chiacchierando o facendosi i fatti loro. Ora, per fortuna il malore accaduto a mia moglie non era una cosa grave, una colica». 

L’indifferenza, un problema di questa epoca distratta

«La cosa che mi da fastidio e tanto, è che nessuno ha aperto la porta e che quello che si è rivelato un dolore di altra natura, poteva essere un infarto. Lei sarebbe morta di sicuro in quel caso, perché nessuno è uscito fuori e quindi nessuno le ha prestato soccorso. La fortuna è stata la presenza di un impiegato dell’INPS, i cui locali sono di fronte agli uffici dell’Agenzia delle Entrate. Costui, per fortuna è uscito e le ha prestato soccorso avvisando il 118. Lei era riuscita, pur nell’evidente stato di dolore acuto, a chiamarmi. Sono venuto di corsa a Tempio (abita ad Aggius) e l’ho trovata coricata al sole, perché dall’ufficio della Agenzia no si è presentato nessuno. La avrebbero messa dentro l’ufficio e non lasciata al lì al sole con un problema che poteva anche essere grave.

Certo, possono aver pensato che una persona volesse entrare prima dell’orario di ingresso, ma se una bussa alla finestra, alla porta, una domanda sul perché lo si faccia con insistenza, te la vuoi mettere? Ma costava tanto affacciarsi e dire, non è ancora ora e quindi rendersi conto che non era quella la ragione del bussare la porta e i vetri?

Alle 8.00 quando hanno aperto, si sono resi conto che c’era una donna sdraiata, il 118 era arrivato, altre persone attorno a lei, compreso il sensibile impiegato dell’INPS che aveva chiamato i sanitari e tranquillizzato mia moglie. Lo ripeto, non è tanto il fatto in se, la colica non era infarto, al P.S. dell’ospedale nell’arco della mattinata l’hanno risolta.

Quello che mi preme sottolineare è provare a scuotere le persone da questo male che è l’indifferenza. Ieri è capitato a mia moglie ma domani potrebbe succedere ad altri. Dobbiamo sempre valutare ogni cosa con questo atteggiamento lontano da quella umanità che tutti rivendichiamo ma poi siamo i primi ad allontanarcene?

Grazie del suo interessamento e se vorrà pubblicare questo appello alla coscienza di noi tutti ».

Ci hanno rubato anche l’umanità

Ora non è il caso di prendersela con gli impiegati dell’ufficio, potrebbero non aver visto né sentito. Capita a tutti la distrazione o l’essere impegnati fuori orario in conversazioni, un caffè o altro. Quel che occorre ribadire, ed era questo il senso della lettera del nostro lettore, non prescinde dal universalizzare il vero problema sociale di questi decenni, l’indifferenza.

Un estratto di Antonio Gramsci, “Odio gli indifferenti”, ci riporta alla giusta considerazione su questo tema sempre più attuale, declinato al passato remoto da questa società distratta, spesso asciutta e priva di sensibilità verso il prossimo.

L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall’impresa eroica. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera.

Lo diciamo spesso, torniamo alla bella umanità, ai rapporti sinceri e rispettosi, non chiudiamoci nell’apatia e nelle diavolerie di questa società che pensa ma non ragiona. Che stritola ogni cosa con la velocità di un razzo, non ripassa mai sui troppi cadaveri che scorge, che di vivo hanno solo gli occhi smarriti e persi nel vuoto. Non usiamo l’indifferenza come scusante, essa non ha giustificazioni, né oggi, né mai. Gli altri oggi siamo sempre noi, ieri, adesso e domani. Aiutiamoci per raggiungere un livello accettabile di relazioni umane che sono appiattite sempre più dall’indifferenza. 

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