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Tempio Pausania, Combatteva contro titani, ora è tornato. Grazie Marcello!

Marcello Doneddu

Tempio Pausania, 18 nov. 2018-

Aver riascoltato Marcello, dopo diversi anni in cui la sua intelligenza era stata sedata dalla insufficiente considerazione del suo operato, mi induce ad una riflessione che credo verrà condivisa da tutti gli amici e compagni di questa occupazione pacifica ma pertinente del Paolo Dettori. L’abbraccio, mica di circostanza che mi ha chiesto diverse volte, ha per me un significato di empatia vera, non di semplice solidarietà e vicinanza alla lotta in corso. Così come quando dedica a Alessandro il meritato termine di condottiero romano col sangue di gallurese (Alessandro ha madre calangianese ma universalità e coraggio di un guerriero apolide), non lo fa a caso.

La sua voce, sempre attenta alle parole, che arrivano dritte al cuore dei problemi, affascina, diventa un coro di poetiche riflessioni che tradiscono la sua spiccata vocazione al ragionamento deduttivo, mai fine a se stesso, mirato a far capire quel che dice,  sempre figlio di quella bella persona che è sempre stata. Lui, così fuggevole dalle carezze del populismo, sa entrare in punta di piedi nelle tematiche che conosce alla perfezione, e non le spreca per attirare interesse, le spende perché sono le riflessioni della sua intelligente comprensione del tutto.

Marcello è persona fidata, ma si rivolge, forse per la prima volta dopo anni, a persone di cui ha consapevole fiducia. Lo stiamo tutti ad ascoltare in silenzio, talvolta interrotto da attimi di introiezione nelle atmosfere  nostalgiche del suo racconto.

Legge un libretto, vi sono scritti gli anni del lavoro suo e di quella eroica commissione sanità che stava scoprendo le carte truccate della riforma che oggi stiamo subendo. Affiora la sua sensibilità, perché quel libretto e quella parte storica documentata della sanità gallurese, è un tuffo al cuore, ricordi che in tanti di noi sono ancora vivi, perché vissuti o perché a noi narrati nella nostra infanzia. Era la sanità pionieristica di questa città, allora un modello sempre all’avanguardia in Sardegna, col primo ospedale in Gallura che era nato proprio a Tempio. Ama quel ricordo, ne intravvedi il suo ripercorrere quasi commosso le prime impronte che affermavano, a ragion veduta, quel ruolo oggi perduto di città guida del nord sardegna. Erano altri tempi, erano altri e grandi uomini, altri e grandi politici, quelli di quel periodo.

Ti sembra di  vederli mentre decidono che il territorio non era allora un vago pensiero, era la strada che conduceva al bene collettivo, il solo che permette coesione, armonia e unicità dell’azione politica. 

Marcello Doneddu, l’ho rivisto un’altra volta armato, si riaccende in lui, e nella sua agiatezza nel sentirsi ora parte della lotta, quella luce che vedevo 5 anni fa quando si buttava anima e cuore nella difficile opera di convincimento di quel che aveva scoperto sulle conseguenze di leggi numeriche che stavamo per subire.

Intravvedeva il pericolo: “questa città non aveva strumenti politici per difendersi al meglio, chi più e chi meno asserragliati nelle logiche delle appartenenze partitiche” che a lui non sono mai interessate. Lui cercava allora e cerca sempre un bene comune da far diventare non un modello di riferimento occasionale ma il solo scopo a cui ciascuno deve tendere.

Ecco, Marcello, è uno di noi, lo è sempre stato proprio perché in lui vivono in armonia, amore e dedizione alla rinascita di questa porzione di Gallura che vorrebbe difesa con intelligenza e senza pensieri di carriere o poltrone, come purtroppo è diventata. Una terra da spartirsi, dove a mangiare sono i più famelici carrieristi o i navigatori che cercano approdi importanti. 

Colpisce dritto, mantenendo sempre distacco da nomi e  tragici momenti che ha vissuto quando scopriva le “porcate” che si andavano profilando all’orizzonte della sanità in Gallura.

Vederlo ancora sul “pezzo”, come ai bei tempi, mi porta a considerare il suo abbraccio come la conferma che è tornato. Ora sta con noi, a farci indossare conoscenza e informazioni accurate per meglio individuare gli scopi e le finalità della occupazione.

A sentire lui, la sua nuova impostazione di vita, è quella della serenità, ha speso troppo in una battaglia dove si è trovato a lottare contro titani ai quali poteva opporre solo una ferma e ostinata direzione opposta. La popolazione ha saputo, ma tardivamente prese coscienza di quanto lui stava dicendo e che, oggi, si è crudamente, cinicamente, spietatamente, imposta.

Dice che non è tardi, che bisogna ribaltare questo disegno liberista che è in atto ovunque, sanità o scuola o lavoro, non è diverso.

Lo sappiamo Marcello, ora grazie a te e al tuo impegno che qualcuno ha voluto inopinatamente omettere, lo sanno anche i coraggiosi presidianti, e quando una goccia, continua seppure lenta,  arriva a scavare una semplice traccia sul terreno, col tempo diventerà valanga di acqua, come quel battito di ali di una farfalla che per la legge causa/effetto determinerà un uragano in tutt’altra parte del mondo.

Nulla è a caso, tutto avviene per la straordinaria dinamica della natura. Noi ci stiamo provando. Oggi con noi c’è anche lui, un pensatore silenzioso che è tornato ad agitare anime pronte e sensibili su cui possiamo contare. Lo sta facendo con l’organizzazione dell’intelligenza, quella che per tutti questi anni è venuta meno

“Vai dunque Marcello, sei circondato da condottieri romani, galluresi, uomini e donne coraggiose che non hanno mostrato neppure un attimo di cedimento e mai avranno tregua sino a che le cose non ritorneranno al giusto posto. Perché accadrà Marcello, e con te siamo tutti sicuri che nessun risultato ci verrà precluso”. 

La storia di questa occupazione ha già scritto qualche pagina nuova, giusto poche righe, ma abbastanza per non abbassare la guardia o arrendersi alla orda barbarica che sta uccidendo lo stato sociale in ragione del business e delle privatizzazioni selvagge. 

Antonio Masoni