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Tempio Pausania, Varoufakis diceva così nel 2011. Rubrica economica a cura di Antonello Loriga.

Yanis Varoufakis (google immagini)

Tempio Pausania, 2 mar. 2015-

 

Questa è  l

a dimostrazione di  come  già dal 2011, Varoufakis  aveva  tutte le informazioni    per     decidere di salvare i greci o le banche…oggi sappiamo cosa ha deciso, nostante i piano di salvezza economica che gli fece Mosler nel 2011 (A. Loriga)

ABBANDONARE UNA NAVE CHE AFFONDA? UN PIANO PER LASCIARE L’EURO

di Yanis Varoufakis [2011]

Come sanno i lettori abituali di questo blog, sono del parere che il collasso dell’Eurozona sarà foriero di un 1930 postmoderno. Mentre fui fortemente contrario alla creazione dell’Eurozona, in questo momento in cui essa è in crisi, sto portando avanti una campagna per salvarla. Naturalmente, come Alain Parguez ha giustamente scritto qui, è impossibile salvare qualcuno, o qualcosa, che non vuole essere salvato.

In questo post, pur non rinnegando il mio impegno personale nel continuare a cercare di salvare un’unione monetaria che è determinata all’auto-distruzione, vi espongo un’idea su come uno Stato membro della periferia [dell’Eurozona, NdT]

potrebbe cercare di ridurre al minimo gli (enormi) costi socio-economici di un’uscita dall’eurozona, (uscita) imposta dalla costante disgregazione di quest’ultima.

Detto piano è stato ideato pensando al caso dell’Irlanda. I suoi autori sono Warren Mosler (investment manager e creatore del mortgage swap e dell’attuale contratto Eurofutures swap) e Philip Pilkington, giornalista e scrittore che vive a Dublino, in Irlanda. Il punto di partenza è una diagnosi (perfettamente azzeccata): i “programmi di austerità” sono “un abietto fallimento, eppure i funzionari europei continuano a considerarli come l’unica alternativa sulla piazza. Pertanto, a questo punto possiamo concludere che, dato che i funzionari europei sanno che i programmi di austerità non funzionano, li stanno perseguendo più per ragioni politiche che economiche”.

Per ragioni che ho anche esposto più volte, a meno che non sia rovesciato, questo progetto politico porterà, forse involontariamente, al collasso dell’Eurozona. Un Paese come l’Irlanda dovrebbe aspettare fino alla fine o dovrebbe prepararsi per un’uscita, prima che l’ultimo chiodo sia stato piantato nella bara dell’euro? Mosler e Pilkington discutono per l’uscita. Ma come possono l’Irlanda, o del resto il Portogallo o la Grecia o l’Italia, uscire senza che cada loro in testa il cielo? Ecco quello che propongono. Per il testo completo cliccate qui:

  1. Subito dopo l’annuncio che il Paese sta lasciando l’Eurozona, il governo di quel Paese dovrebbe annunciare che effettuerà i pagamenti – per i dipendenti pubblici, ecc. – esclusivamente nella nuova valuta. Quindi il governo cesserebbe di utilizzare l’euro come mezzo di pagamento.
  2. Il governo dovrebbe annunciare anche che accetterà il pagamento delle tasse solamente in questa nuova valuta. Ciò garantirebbe che la valuta abbia un valore e che, almeno per un certo periodo, sia scarsa.

E questo è quanto. Il governo spende per approviggionarsi [di forza lavoro, NdT] e immette così la nuova valuta nell’economia, mentre la nuova politica di tassazione nella nuova valuta assicura che essa sia ricercata dagli agenti economici e che, quindi, assuma valore. La spesa pubblica è quindi il rubinetto attraverso il quale il governo inietta nuova valuta nell’economia e la tassazione è il tubo di scarico che assicura che i cittadini vadano in cerca la nuova valuta.

L’idea è quella di adottare un approccio del tipo “di non intervento”. Se il governo di un determinato Paese dovesse annunciare l’uscita dall’Eurozona e poi congelare i conti bancari e forzarne la conversione, allora ci sarebbe il caos. I cittadini del Paese correrebbero agli sportelli delle banche e cercherebbero disperatamente di ritirare il maggior numero possibile di banconote in euro, in previsione del fatto che esse avranno più valore rispetto alla nuova moneta.

Secondo il piano di cui sopra, comunque, i conti bancari dei cittadini sarebbero lasciati così come sono. Starebbe a loro convertire gli euro dei loro conti nella nuova valuta ad un tasso di cambio fluttuante stabilito dal mercato. Dovrebbero, naturalmente, cercare la valuta ogni qualvolta dovessero pagare le tasse, e così dovrebbero vendere beni e servizi denominati nella nuova valuta. Questo “monetizza” l’economia nella nuova valuta, mentre – allo stesso tempo – contribuisce a stabilire il valore di mercato di detta valuta.

La mia reazione a questo piano è semplice: è un progetto per chiunque pensi che il sistema euro abbia superato il punto di non ritorno. Una volta che il punto sarà oltrepassato, è forse essenziale muoversi in questa direzione rapidamente. Comunque, non credo che – attualmente – l’Eurozona abbia, superato il punto di non ritorno. È ancora possibile salvare la moneta comune attraverso qualcosa di simile alla nostra “Modest Proposal”. Potrebbe richiedere un maggior intervento da parte della BCE rispetto a quanto la “Modest Proposal” prevede (dato che sta continuando sull’attuale percorso che è insostenibile, sarebbe una sua gentile concessione dovuta al terribile ritardo nell’attuazione di un piano razionale), ma quest’ultima è ancora, credo, fattibile.

Il motivo per cui io sono fermamente convinto che questo non sia ancora il tempo di abbandonare la nave, è l’enorme costo umano che conseguirebbe dal collasso dell’Eurozona. Si consideri per esempio che cosa accadrà, infatti, se noi adottassimo il piano di uscita sopra proposto.

In sintesi, questo piano può finire per essere l’unica via d’uscita da una nave diretta contro le rocce. Dobbiamo tenerlo a mente, visto che l’ostinazione dei nostri leader europei ha messo, e mantiene, un intero continente su un sentiero angustiato dalle rocce. Ma non è ancora il momento di adottarlo [il piano, NdT]. Poiché sarà realizzato ad un incredibile costo umano; un costo che può ancora essere evitato (assumendo che io abbia ragione nel dire che il punto di non ritorno non è stato ancora raggiunto). Abbiamo ancora la possibilità di prendere d’assalto il ponte e cambiare rotta. Se questo fallisse, un piano come quello di Mosler e Pilkington può essere l’equivalente delle nostre scialuppe di salvataggio. Dovremmo, comunque, tenere sempre a mente che le nostre scialuppe di salvataggio saranno lanciate nei mari ghiacciati e, arenati su di essi, molti periranno.

Traduzione di Daniele Busi

Originale su:

http://yanisvaroufakis.eu/2011/11/27/abandoning-a-sinking-ship-a-plan-for-leaving-the-euro/

Yanis Varoufakis

Fonte  (www.retemmt.it)