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Era un regime, vincoli e paletti sembrano eliminati.

foto galluranews

Che si trattava di un regime, ce ne siamo accorti da vicino quando dal mese di ottobre 2028 siamo stati in occupazione presso la sala CUP del Paolo Dettori. Ad ogni piè sospinto, ci mandavano la polizia, dalla direzione sanitaria aleggiava un clima di intimidazione e di non sopportazione della nostra presenza.

Persino dei cartelli disegnati dai bambini, davano fastidio. La musica anche a basso volume,  dei tanti musicisti sostenitori dell’occupazione, diventava disturbo. Una convivenza difficile, dove si aveva a che fare con medici e sanitari che ci passavano a largo, timorosi di essere inquadrati dalle telecamere di controllo. A volte un saluto e qualche parola, ci incoraggiava a proseguire ma il tutto avveniva sempre in silenzio. Come se fossimo e loro dei fantasmi.  E stavamo cercando di difendere e tutelare gli interessi di tutti e quindi anche i loro..

Li vedevamo rasentare il muro per andare al bar che ha sede nella sala CUP, a volte ne ridevamo. In realtà c’era ben poco da ridere. L’atteggiamento era dovuto a determinati paletti imposti dall’azienda, quindi nessuna confidenza, al massimo fuori dall’occhio elettronico indiscreto che vigilava silenzioso dagli angoli della sala. Qualcuno, i più informati, dicevano che fosse imposto, che derivasse dal diktat del manager Moirano, suffragato dalla direzione aziendale e dalle sue responsabili. Se volevamo parlare con la direzione, ci era consentito ma il più delle volte il dialogo si infrangeva dietro una pseudo relazionalità che era solo parvenza e non sostanza. 

Qualcosa però, sembra cambiato. Perbacco, si dovrebbero sempre ascoltare  le tante voci silenziose che avrebbero tanto da dire e da ridire.

I medici su tutti, costretti a scarne comunicazioni, a segretissime confidenze, quasi si trattasse di spie e non di coscienziosi sanitari che altro non potevano fare se non informarti. In tale regime, è difficile sapere cosa succede dentro, devi attenerti a quanto da solo provi a scoprire.

Tabù infranti? Il regime è finito o ne inizierà un altro?

Recenti dichiarazioni, le costanti presenze sui social anche dei vari operatori sanitari, forse stanno aprendo alla speranza che il regime sia finito. Sempre che non ne inizi un altro. E di qualche giorno la posizione del responsabile del Pronto Soccorso, il Dott. Tamponi al giornale.

Il Paolo Dettori è un Ospedale non uno Stabilimento

fonte RTG web 

Entrano a gamba tesa e allo scoperto anche diversi medici galluresi. Prima le severe regole interne, imposte da Fulvio Moirano, impedivano di lamentarsi per le disfunzioni dell’Assl di Olbia.

Uno di loro, che pubblicamente aveva denunciato diverse manchevolezze, per esempio, fu portato addirittura in giudizio dove fu assolto con formula piena. Il cambio di marcia avviene dopo la vicenda, della 92nne tempiese operata a casa da un Chirurgo motociclista in vacanza sull’Isola.  Diversi medici ora escono allo scoperto e si lamentano con forza delle troppe disfunzioni e disattenzioni con cui viene gestita la Sanità a livello burocratico. Fra questi vi è anche  Elio Tamponi, direttore del Pronto Soccorso di Tempio che lamenta che:

“nel burocratese della nostra Assl, la parola “Ospedale” non viene mai usata. Significativamente, scrive, i burocrati parlano sempre e comunque di “Stabilimento”. 

Ad indicare, quasi, che quanto avviene fra le mura di un ospedale possa essere equiparato a quanto avviene in una stabilimento di imbottigliamento dell’acqua, in un fabbrica di tappi di sughero, o in una azienda di rondelle e guarnizioni.  

“I malati che noi trattiamo, dice invece il dottor Tamponi, non sono tappi, bottigliette d’acqua o rondelle da trattare in uno stabilimento, sono esseri umani da “curare” in Ospedale. Ecco, dice Elio Tamponi, diamo ad ogni luogo l’esatto nome. Io, così come gli altri miei colleghi. non siamo mai stati dipendenti dello “Stabilimento” Paolo Dettori di Tempio. Siamo medici dipendenti dell’Ospedale. Se dessimo ad ogni cosa il giusto appellativo, forse saremmo tutti (medici e burocrati), più consapevoli della nostra missione”.

Regime, dittatura, regole, disciplina ferrea. 

La memoria ci riporta ancora sui tanti episodi di cui abbiamo saputo. Delle troppe disfunzioni create da regole dittatoriali verso chi si preoccupa esclusivamente dei malati e della loro salute. E’ un sistema che cozza con il desiderio di umanizzazione di un ospedale che non può né deve avere le regole di un’azienda che fa profitto.

E’ evidente lo sconforto che aleggia sui tanti medici coscienziosi che sono lì per obbedire ad un giuramento, cercando di rispondere solo ai bisogni dei malati. La focale, si sposta su chi ha ridotto la sanità a meri calcoli e dati numerici, costoro andrebbero banditi dalla categoria essere umani. Non può la sanità sottostare a un folle pareggio di bilancio, tanto spendo e tanto incasso, sapendo molto bene che la stagnazione conseguente produrrà solo macerie. Disumano fare turni di lavoro massacranti senza soste. Anche perché il numero dei medici  è sempre più piccolo.

Non si acquistano materiali, farmaci, presidi, non si fanno assunzioni. Senza la spesa pubblica, decade anche la voce attiva di un bilancio. Come posso pareggiare un bilancio se mi occorre spendere per rendere funzionale un ospedale e dotarlo dei servizi necessari? La materia sembra complessa ma non lo è. E’ semplice nel momento stesso che si capisce  che la moneta unica ha prodotto anche questi danni.

Un regime dentro un altro regime

Come possono restare zitti i sanitari che vivono il declino dentro le realtà ospedaliere? Come possono essere ancora soggetti al regime del silenzio dentro un altro regime, molto più pericoloso, che vuole ridurre la spesa sanitaria costringendola al pareggio di bilancio? Follia!

Stanti così le cose, la sanità pubblica scompare nel giro di pochi anni. Gli ospedali destinati alla chiusura, l’umanità obbligatoriamente in vacanza perenne e i medici sempre sul piede di guerra ad urlare nel deserto. 

All’orizzonte si profila la perdita della sanità pubblica, stritolata da interessi privati dei paperoni  che ci fanno business.

Lo spettro che in Italia mancheranno oltre 20.000 medici nei prossimi 10 anni. Le scuole di specializzazione che sfornano pochi medici. I tanti sanitari che emigrano perché in Italia non si assume.  Il tam tam penetra ovunque, i solleciti di ripristino di una sanità accettabile e dignitosa si elevano dalla Sicilia al Veneto. 

Tanti, troppi ancora, parlano di ristrutturazione sapendo, o forse ignorando, che a monte ci stanno criminali che vogliono che tutto questo succeda. Quando si capirà che nessuna politica attuale cambierà una sola virgola dello sfascio in atto nell’intero stato sociale, saremo già Grecia. E non aggiungo altro, perché anche della Grecia nessuno parla più. 

E ci chiamavano complottisti!