San Teodoro, 17 lug. 2016-
Il lato peggiore sull’uso indiscriminato di un sistema sociale, per altri versi molto utile, è che tutto viene assecondato, giustificato, spiegato anche quando i commenti si alternano tra favorevoli e contrari. Però su facebook. Nella vita reale si ritorna alla “solita routine” che a quanto pare non soddisfa quasi più nessuno. Nessuno, in questi tempi di aridità sociale marcatissima, si accontenta del proprio ruolo, autorevole o umile che sia. Si scoprono intere carovane di tuttologi sempre all’opera, pronti a commentare tutto, senza alcuna limitazione cognitiva. Chi sono? C’è di tutto, dalla casalinga informata all’avvocato specializzato, dall’opinionista seriale all’esperto di geopolitca con l’occhio rivolto alla soluzione dei problemi internazionali od economici. Di tutto, non manca nessuno.
L’aspetto più eclatante lo si ravvisa negli stati, i cosiddetti “…sto pensando a..”. Qui ci si scatena e si spiattella quanto ci attraversa la corteccia cerebrale senza alcun limite, anzi, se è possibile si amplifica a dismisura per toccare l’amico (?) o l’amica(?) che, puntualmente, commenterà la sua con “Fregatene! E’ tutta invidia!”. E che dire dei cuoricini, dei “quanto siete belli!”, dei figlioletti sbattuti in prima pagina come un trofeo. Storture di questa micidiale arma di distrazione che è stata creata e progettata proprio per mettere fine al ragionamento personale, a condizionare la mente di tutti, sino a renderla del tutto inutile per la conoscenza reale dei problemi e all’assoggettamento alla virtualità. Un fatto raccontato nel mondo virtuale è reale? Un fatto reale può essere traslato sul virtuale? Certo che si, quasi sempre almeno, a tutte e due le domande.
Da questo, passare il fiume e istituire processi e esprimere sentenze, mi pare sia un fatto gravissimo. Non mi riferisco all’episodio di San Teodoro che è già di suo grave, ma in generale alla devianza diventata omologata di prendere per buona qualsiasi cosa venga diffusa. Poi ci sono anche coloro i quali del web prendono tutto tranne quello che dovrebbe servire per farsi una idea vicina alla realtà dell’accaduto. Spesso ci si chiude a riccio nella propria spocchia intellettualoide, impedendo alla nostra mente di essere libera di avvicinarsi ad un altro ragionamento. “Come può tizio saperne di più di me? Impossibile!”.
La clausura mentale è peggiore addirittura dell’invidia, di cui è però stretta parente. Impedisce di andare oltre il cognitivo e anche alla mente umana di essere umile e privarsi dell’arrogante convinzione che “noi siamo sempre i più intelligenti, i migliori”. A poco serve redigere veri testamenti spirituali per far capire che si scrive a ragione veduta e dichiarare anche che “ben venga chi non la pensa come me”. Da quello scrigno dorato, fatto di like e condivisioni dello stato, si ricevono risposte che inducono a perseverare. “Vuoi vedere che ora mi seguiranno?”, manco foste dei profeti! Profeti di facebook? Profeti della virtualità? Tipo un’azienda multilevel con l’imbonitore sul palco che inneggia alla strategia di vendita?
Ecco perché la deriva di questa pessima condizione sociale si tradurrà sempre più nell’uso spregiudicato di un social. La convinzione che ormai è indispensabile alle nostre vite quando invece sarebbe dovuto essere solo un passatempo o il suo utilizzo per scopi importanti alle comunità, emergenze e bisogni.
La discussione su una piattaforma virtuale è pensare di saper nuotare quando in casa abbiamo un quadro con il mare dipinto, saper scrivere se abbiamo molti libri, saper informare dopo aver ascoltato il TG. Uguale!
Antonio Masoni