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Tempio Pausania, Incidente ieri sera sulla Sassari -Tempio. Un cinghiale invade la strada e l’autovettura gli frana addosso.

La BMW incidentata

Tempio Pausania, 23 dic. 2015-

Ieri sera mentre persorrevo la strada Sassari Tempio per tornare a casa, all’improvviso è saltato fuori nella carreggiata un grosso cinghiale. L’impatto era inevitabile. Avevo 3 possibilità da giocarmi e tutte e tre nel giro di un nanosecondo. 1) Evitarlo voleva dire un sicuro cappottamento della mia macchina sulla corsia opposta, 2) una frenata brusca non avrebbe tenuto per via anche di una umidità del manto stradale e sarei uscito fuori strada e l3) a terza possibilità era quella di aumentare la mia  velocità e investire il cinghiale. Solo questa ipotesi mi avrebbe permesso di sopravvivere ad un tremendo impatto. E che sia stato tremendo non c’è dubbio e questa terza scelta, concepita in una frazione di secondo, è stata giusta.”

A dirci queste cose Antonello Loriga, 49enne tempiese, collaboratore di questo blog di cui cura da tempo la pagina economica. Al ritorno da Alghero ha avuto questa tremenda esperienza, per fortuna senza alcuna conseguenza per lui. Il cinghiale, ovviamente, è morto andando a finire, dopo l’urto, nella cunetta della carreggiata. L’autovettura, una BMW SW, ha subito ingenti danni. Persino la barra d’acciaio si è piegata sfondando anche il radiatore. Le immagini in copertina danno l’idea del danno alla macchina.

Questo episodio riporta alla luce il grosso problema degli animali vaganti, delle mancate recinzioni a bordo strada e dell’eccessiva presenza nelle nostre campagne di cinghiali, animali soggetti alla caccia nel periodo venatorio, ma che andrebbero controllati attraverso sistemi diversi dal fucile. Come? Ad esempio evitando il ripopolamento di decine di migliaia di esmplari ogni anno per assecondare la grande richiesta venatoria, come spiega molto bene il pezzo del Il Fatto Quotidiano sotto riportato a cura di Fabio Balocco, ambientalista e avvocato.

Il fatto Quotidiano, infatti, scriveva tempo fa queste riflessioni sul pericolo derivante dai cinghiali, dai danni alle colture ad attacchi anche contro l’uomo. Ecco una parte dell’articolo pubblicato il 14 settembre scorso.

LINK all’articolo del “Il Fatto Quotidiano” Iniziamo con il dire che non esiste praticamente più il cinghiale autoctono, ma quelli che troviamo in circolazione sono per lo piùibridi con specie provenienti dall’Europa dell’est, quando non sono addirittura ibridi derivanti da accoppiamenti fra cinghiali e suini lasciati al pascolo, ibridi definiti “porcastri”. Purtroppo, sono anche ibridi molto prolifici ed il cinghiale non ha altri predatori che il lupo (che prolifica molto meno).

Ma da dove provengono questi cinghiali alloctoni? Qui sta il nocciolo della questione. Essi provengono da immissioni – autorizzate o no – effettuate in questi decenni da enti che hanno assecondato le richieste delle associazioni venatorie, appunto a scopo di caccia. Se, ipoteticamente, il cinghiale fosse rimasto in questo periodo quello autoctono, autorizzandone la caccia, esso sarebbe rimasto in numero contenuto. Con le immissioni, ripeto, autorizzate o clandestine, il numero dei cinghiali è aumentato in maniera drastica.

Come ricorda giustamente il biologo Francesco Petretti: “La falla è rappresentata dai ripopolamenti che ancora oggi vengono fatti annualmente a ritmo di decine di migliaia di capi. Inutile pensare di risolvere il problema del sovrannumero dei cinghiali se prima non si tappa la falla, arrestando questo fiume di esemplari liberati ogni anno dalle strutture pubbliche e private per alimentare una crescente domanda venatoria”. La colpa, pertanto, ancora una volta è nella specie uomo e non già nella specie animale.

Eppure, nonostante i danni perpetrati al territorio, le associazioni venatorie continuano ad avere ascolto presso le istituzioni, tanto che ultimamente si è parlato di un neanche tanto tacito accordo fra mondo venatorio, Federparchi e Legambiente per autorizzare la caccia all’interno dei parchi. A parte il fatto che l’art. 11 della Legge Quadro sui parchi prevede il divieto di “cattura, uccisione, danneggiamento, disturbo delle specie animali”, e che pertanto per poter cacciare occorrerebbe modificare la legge, ma poi appare singolare che proprio i cacciatori, che sono responsabili delle immissioni dei cinghiali, poi vengano addirittura premiati lasciandoli cacciare nelle aree protette. Peraltro, c’è da notare che nel 2014 ci fu un tentativo del nostro legislatore proprio di modifica della legge, introducendo anche la possibilità di caccia in determinati casi. E lì Legambiente si disse contraria.

Se proprio si dovesse modificare la norma, bene sarebbe modificarla nel senso di possibilità di contenimento non cruente e comunque alternative alla caccia. C’è solo da sperare che la notizia della convergenza di intenti fra cacciatori, Federparchi e Legambiente, visto che sarebbe avvenuta all’interno della Festa dell’Unità, sia la solita boutade estiva, che non avrà seguito.

In ultimo segnalo che a novembre si terrà ad Asti un convegno sul contenimento dei cinghiali organizzato Lega Anticaccia, Pro Natura e Cai.