Tempio Pausania, 25 feb. 2018-
Stavolta a scrivere non sono le madri dei bambini della scuola elementare per parlare di sfilate si o sfilate no durante il carnevale. Il problema stavolta era un altro, serio e difficile da risolvere come qualsiasi problema che riguarda la scuola italiana, sottoposta spesso a decisioni calate dall’alto senza un’attenta concertazione e una mediazione tra le innumerevoli esigenze delle famiglie. So benissimo che anche stavolta si scatenerà la divisione tra i lettori e tra le famiglie, tutti pensano di aver ragione e pronti a bandire le altrui scelte quando le stesse non rientrano nel loro abito mentale. Si sa come siamo fatti tutti, ci prendiamo a palle di neve anche quando di neve non se ne vede e, cosa assai spiacevole, ne affidiamo il destino a Ponzi Pilati che, in virtù dell’accostamento storico che li contraddistingue, decidono di non decidere oppure, come nel caso in oggetto, ricorriono a referendum consultivi che diventano “magicamente” risolutivi, senza che nessuno prima ne sapesse nulla.
Partiamo dal caso della scuola di Tempio, quella media. La decisione di applicare la settimana corta è stata letteralmente imposta ma, per dare una parvenza di condivisione, si è sottoposta la scelta ad un referendum che fu presentato come consultivo.
Scrivono alcune mamme:
” Tale referendum era di natura consultiva e senza alcun potere decisionale. I genitori sono stati avvertiti in maniera frammentaria, talvolta senza comunicazione scritta affidando la comunicazione al solo sito della scuola che la maggior parte dei genitori non consulta quotidianamente, poiché per le comunicazioni importanti viene generalmente usata la vecchia maniera dell’avviso sul quaderno dei bambini. Inoltre la consultazione è avvenuta a due giorni di distanza in orario lavorativo e per sole 2 ore. Hanno partecipato 172 persone : 80 contrari e 92 a favore Su circa 700 persone che avrebbero dovuto votare… Il Consiglio d’istituto alla fine si è espresso facendosi forte di questa consultazione”.
La lettera dice chiaramente che è mancata la corretta comunicazione tra le parti. Le giornate per la consultazione non hanno tenuto conto di chi lavora e, quel numero così limitato di votanti, lascia intendere che non si può determinare un risultato di una qualsiasi consultazione se a votare vanno solo 172 persone su circa 700 bambini. In molti casi, quasi in tutti, a votare sono andati entrambi i genitori. Facendo rapidi calcoli, approssimativi ma abbastanza attendibili, si parla di rappresentanza di 100 bambini circa in tutto. Una percentuale di votanti che esprime il 15/20 % del totale. Come si può decidere per una questione importante se la stessa viene presa da una così esigua percentuale? Queste non sono opinioni, questi sono stati i dati. Aggiungiamo che doveva essere consultivo ed è diventato definito e otteniamo un imposizione.
“Il problema – ci racconta una mamma – si riflette anche sulle attività scolastiche del musicale. I due rientri settimanali che spettano a ciascun iscritto a questa importante sezione delle attività didattiche, sono concentrati in 5 giorni e non in 6. Un giorno viene dedicato singolarmente a ciascun allievo col proprio strumento, a orari diversi e a ragazzi diversi. In questo giorno mio figlio rientra a casa per pranzo alle 13.30 e poi rientra alle 14.30 e finisce alle 15.30 L’altro giorno del rientro, si fa orario continuato sino alle 15.30, in un turno di musica “tutti insieme”.
L’impegno dei ragazzi, concentrato in questi 5 giorni, è intenso e rimane poco tempo per dedicarsi al resto dell’attività scolastica. A ciò si aggiunga anche che molti ragazzi frequentano anche palestre e altre attività sociali che gravano sulla loro capacità di apprendimento complessiva. Queste, però, sarebbero mie impressioni. Il fatto denunciato ha altre motivazioni che hanno fatto parte di una lettera di diffida di un legale che ha supportato questa protesta e che è basata su queste riflessioni:
“….concentrare l’attività didattica in 33 ore distribuite in soli 5 giorni, significa rinunciare ad una parte significativa del tempo per lo studio quotidiano che resta lo scopo fondamentale della scuola, sulla capacità di creare connessioni innovative e la creatività nella creazione di metodi e conoscenze ad aree diverse del sapere. Le 6 ore – continua la lettera del legale – avrebbero sicuramente delle criticità soprattutto in relazione alla 6^ e ultima ora. I ragazzi sarebbero stanchi, deconcentrati e poco partecipi, a discapito dell’apprendimento, della relazione coi docenti molto inferiore alle 5 ore che invece si avrebbero il sabato mattina”
In altri termini, fare cinque ore sino al sabato e non sei ore in soli cinque giorni sino al venerdì.
A questo il legale aggiunge anche:
“…..per gli studenti che frequentano anche il corso musicale, oltre alle 6 ore di scuola, si aggiungono anche i due rientri che ciascun studente iscritto ad essi deve svolgere. Non essendo previsto un sevizio mensa, molti saltano il pranzo nella giornata di orario continuato e sono costretti a nutrirsi di merendine e pasti preconfezionati. Difficilmente si tratta di cibi sani. Molte le implicazioni in ambito alimentare. I ragazzi si trovano a pranzare “da soli” quando di solito si fa merenda mettendo a rischio la corretta modalità di assunzione e di qualità del cibo, fatto assai importante per la salute psico-fisica degli adolescenti. Gli studenti non pranzeranno in famiglia, in quei momenti dove si racconta com’è andata la giornata scolastica, sono questi i momenti in cui si condividono le soddisfazioni e le piccole o grandi frustrazioni della vita scolastica. La delibera (vedi sotto) con la riduzione dei giorni di scuola incide anche in possibili disturbi alimentari e ostacola anche il dialogo intra familiare.”
La diffida prosegue con le richieste di un numero congruo di mamme che chiedono di revocare la delibera del Consiglio d’Istituto del 15 gennaio scorso.
La delibera del Consiglio d’Istituto.
Un aspetto toccato nella chiacchierata avuta con una delegazione di mamme, evidenzia anche un disinteresse dell’amministrazione su questa scelta operata, lo ribadiamo, senza una totale condivisione.
“Ancora – dicono le mamme – aspettiamo un incontro con l’assessore alla cultura. Esiste di fatto la conoscenza della problematica ma non siamo state sentite. Il Consiglio d’Istituto – concludono – non ha deciso valutando le due possibilità. Ha scelto senza pensare ai ragazzi, lo ha fatto in segreto, così come non ha pensato a tutte quelle persone che come noi avrebbero desiderato una decisione maggioritaria e almeno discussa da tutti. Non si fa un referendum di questo tipo con una ristretta partecipazione. Siamo avvilite e tenteremo in ogni modo lecito di far valere anche i diritti di chi non era d’accordo”
Antonio Masoni