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Tempio Pausania, Sull’uso dei social, sulla rabbia che genera cattiveria, sul cambiamento dei tempi…

Tempio Pausania, 27 mag. 2017-

Coltivo come sempre, a puro titolo illusorio e nient’altro, la speranza che si possa vivere un mondo migliore, una diversa partecipazione della gente alle relazioni umane, più convinta e determinata di come invece avviene. Spesso, e non credo di essere il solo, mi scontro con questa nuova deriva dei tempi che viviamo, deficitaria e compulsiva, fatta di gesti e parole reazionarie e subdole, accenni di diffamazione a cui non riesco nemmeno io a sottrarmi. Il frutto, secondo me, della mutata condizione umana anche nei nostri paesi, così civili sino all’altro ieri, quando erano profondamente accomunati da vicinanza e relazioni dirette.  Ovvio, anche banale, pensare che alcuni strumenti a nostra disposizione siano stati mal usati e soprattutto li abbiamo fatti diventare armi pericolose e fuorvianti. Distrazioni, le chiamiamo un po’ tutti, ma in realtà appendici della mancanza di altro. Mi ci metto pure io tra questi, e non scrivo queste righe per dichiararmi innocente, anzi. Sono e siamo tutti colpevoli, qualcuno in modo inconsapevole, altri in maniera conscia e voluta. 

Il dialogo, questo misterioso e arcano metodo di relazionarsi col nostro prossimo, è stato abbandonato e giace nelle farse della politica che, a sua volta, e sicuramente in maniera consapevole, è stata dirottata verso la sottomissione a questo nuovo vangelo della confusione e del caos assoluto. Nulla di definitivo, visto che sembra che a tutti piace pensare che questo cambiamento sia voluto e tutti lo abbiamo accettato. Ogni mutazione dei tempi è figlia del momento storico che si vive, e credo che questo sia ampiamente condivisibile da tutti. Credo che la rabbia che esplode nei social, nel web, la scelta di assaporarne quasi famelici la spettacolarità, la cerchiamo tutti, non possiamo farne a meno, tranne poi ipocritamente negarlo. 

Che gusto c’è se non leggiamo qualcosa di forte, di spinto, di dissacrante, di scorretto, di accattivante, morboso, infamante? Nessuno lo vorrebbe, ma tutti ci sguazziamo dentro. E non ci si provi neppure ad alzare la mano professando la propria innocenza, non sareste credibili. Anche perché, se qualcuno ha mantenuto un comportamento corretto, poi privatamente ha raccolto, e qualche volta, diffuso, il malessere di qualche amico. In sostanza, anche chi riceve lo sfogo di qualcun altro e non mette fine alla catena, è colpevole a sua volta e complice della poco virtuosa diatriba innescata da qualche parte sui social.

Dicevo prima, frutto dei tempi che stiamo vivendo. Vero, figlio anche della cosiddetta crisi economica che ha gettato nel panico moltissimi di noi, assurti ad un nuovo ruolo che non è più lo stesso di vent’anni fa. La sintassi del pensiero scritto è cambiata anch’essa, si scrive meno e peggio, si prova forzatamente a stare al passo col presunto progresso tecnologico e oggi, persino un volantinaggio è inutile. Hai whatsapp,  spedisci mille volantini in due minuti, hai facebook con 1000 “amici” e fai sapere una cosa il tempo necessario per essere letta. Immediatezza e rapidità esagerata, che hanno reso l’incontro e la relazione diretta una nostra perduta peculiarità.  “Pigrizia docet”. 

La rabbia monta facilmente, nessuno ci sta a subire un post che lo veda attaccato o crocefisso, e immediatamente risponde con la sua contraerea che mica è meno dannosa, macché! Come farsi male senza nemmeno conoscersi di persona, senza mai una sola volta aver scambiato due parole uno davanti all’altro. Come è possibile tutto questo? Se riuscissimo a darci una risposta, saremmo già a buon punto e forse capiremmo che nessuna piattaforma virtuale, per quanto ci abbia agevolato la vita accelerando poi non si sa bene cosa, potrà mai sostituire una lite, una discussione, “vis a vis”. Non siete d’accordo? Sicuramente la maggior parte di voi risponderebbe di SI ma immediatamente ricadrà nella metodica collaudatissima di tornare sui social dove, a loro parere stavolta non certo il mio, riavrà la sua vera vita. Perché il social, secondo il pensiero omologante e omologato, è la vera vita. Non sono d’accordo ma accetto chi la pensa così.

Vorrei svegliarmi un giorno, ma anche questa è la mia consueta visione utopica, e scoprire che quel mondo migliore, dove la gente si incontra, litiga e discute, si ama e si odia, è ancora fuori della porta. E vorrei anche rispondere ad un sms con un “Vediamoci” e sentire “ok” dall’altra capo del telefono e non “ci vediamo su facebook” dove non ci si vede, non si incontra e ci si diffama che è una bellezza!

Ad maiora, lettori

Antonio Masoni