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Tempio Pausania, Un composto dolore e tanta partecipazione. Così la città ha salutato Piera.

foto galluranews

Tempio Pausania, 12 mag. 2016-

Una folla imponente e tanto sgomento ancora per la scomparsa di Piera Ranedda, la 56enne di Tempio che oggi è stata salutata nel giorno del funerale. Commozione vibrante tra le persone che hanno invaso la chiesa di San Giuseppe e tra quelle che non hanno trovato posto all’interno e hanno atteso nel piazzale esterno l’uscita del feretro, dopo la cerimonia funebre.

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Ancora dubbi, domande, una miriade di congetture e di ipotesi, queste le parole udite. Come se non bastasse il dolore straziante di Piero e Graziella, dei fratelli e delle sorelle, dei parenti e degli amici più cari.

Come se la sete di indagare sul dolore fosse maggiore rispetto alla compostezza e al silenzio a cui tutti abbiamo diritto, nessuno escluso, da vivi e da morti. Il chiacchiericcio ai funerali mi devasta l’anima, mi catapulta dentro una spirale di omologante assurdità dalla quale scappo. E ogni funerale, è la stessa cosa, che sia “una bella età” per morire o che sia di una giovane, come questa

Come se facebook e la sua perenne e insaziabile voglia di trascendere dal rispetto, si spostasse ora di qui, dove c’è un fatto di cronaca, o di là, dove si saluta per l’ultima volta un feretro dove non ci sta solo una povera donna, vinta dalla fatica di vivere, ma anche un macabro desiderio di sapere “il perché”.

Come se la vita di tutti non sia più fatta di relazioni vere e di conoscenza del prossimo reale, ma di una virtualità sciatta che angoscia e spinge le anime pure, che per fortuna ancora ci sono, a predicare la migliore delle forme di rispetto possibili, il silenzio.

” Mi hanno detto…”, “No, a me invece una/uno che ha visto, mi ha detto…”, ognuna di queste frasi significa solo che non vi importa nulla di chi ci lascia e allora, abbiate l’accortezza di rispettarne il ricordo e la memoria, si che mostriate almeno di provare un vuoto dentro per una persona che ha smesso di piangere e di ridere alla vita. Dentro quella bara non devono esserci ombre e dicerie, ci devono restare i momenti condivisi assieme, le belle parole dette con lei, quel legame, sottile o forte, che ci legherà a lei per sempre, oppure una semplice parola, seguita dai fatti: rispetto. Altrimenti, la partecipazione ad un funerale non è obbligo scritto o dovere, come dice qualcuno.

Se non si sente nulla, meglio restarsene a casa, a frantumarvi le dita sulla tastiera virtuale e far uscira da quelle parole scritte una caterva di immani stupidate.

Ciascun volto è il simbolo della vita. E tutta la vita merita rispetto. È trattando gli altri con dignità che si guadagna il rispetto per se stessi. (Tahar Ben Jelloun)

Amen!

Antonio Masoni