Troppi gli interrogativi che restano senza risposta senza l'esame autoptico.
«30 giorni di atroci sofferenze, così è morto mio marito». Giovanna Fois, 46 anni, parla del marito Maurizio Serra, deceduto il giorno di ferragosto dopo un mese di straziante agonia. Una morte evitabile. forse, se qualcosa avesse da subito innescato una maggiore attenzione e qualche scrupolo in più da parte della sanità.
Il racconto della morte di Maurizio Serra, 55 anni, operaio Forestas dal ’87, nativo di Sedini ma tempiese da bambino non può non iniziare da chi fosse. Uomo buono, onesto e rispettoso, generoso e sempre pronto ad aiutare chi gli era amico.
« Maurizio era mio compare e amico da sempre – racconta Giuseppe Fresi. Descriverlo è come attingere amore dalle fonti purissime della onestà e dell’amore fraterno. Una morte inspiegabile, sicuramente andava fatto di più perché sapere che oggi non c’è più non deve lasciare indifferenti. Lo sentivo ogni giorno in questo mese, e capivo cosa stava passando. Dolori insopportabili e continuo ricorso al P.S. del Paolo Dettori. Esistono, a mio avviso, delle responsabilità e delle mancanze che non possiamo spiegare solo con il Covid. Gli ospedali sono paralizzati, di epidemia non c’è traccia ma, per curarsi, bisogna uscire fuori o andare dal privato. Maurizio chiedeva solo aiuto e questo non è arrivato. Perdo un amico unico e questo che è accaduto a lui non dovrà accadere più a nessuno».
C’è sconforto in Giuseppe ma tanta rabbia perché Maurizio chiedeva di essere ricoverato ma ciò non è accaduto. Il suo calvario inizia il 17 luglio.
«30 giorni di lenta e inesorabile agonia di mio marito».
Giovanna, la moglie, è smarrita, ieri l’altro ha ricevuto le ceneri del marito che per sua espressa volontà aveva voluto essere cremato. Ieri mattina il funerale di un giovane forte che in pochissimo tempo si era debilitato e ridotto a non camminare più con le sue gambe.
« Venerdì 17 luglio – dice Giovanna, affranta, in lacrime e sguardo perso-, Maurizio si sente male, ha dolori lancinanti alla schiena e praticamente non cammina più- Le gambe non lo reggono. Chiamo il 118 di mezza mattina. Prima vengono la Protezione Civile e poi arriva, chiamata da loro, la medicalizzata. Per rilassare la muscolatura il medico gli somministra delle gocce di sedativo. Non riuscivano a metterlo sulla barella, né a muoverlo. Al P.S. del Dettori gli hanno fatto un calmante forte e poi siamo rientrati a casa. Per uscire dal PS usano una sedia a rotelle e me lo sono caricato io stessa in auto. A casa, piano piano siamo riusciti a salire le scale (abitano al II° piano)».
In 30 giorni nessun accertamento a parte i problei alla schiena e i dolori acuti
I dolori non accennano a diminuire, e qualche giorno dopo Giovanna chiama a casa la Guardia Medica che nel cuore della notte gli somministra un anti dolorifico. Il giorno dopo la venuta della G.M. a casa, Maurizio ha ancora dolori fortissimi e stavolta viene il 118 e lo portano in ospedale con febbre e i soliti dolori acuti a schiena, gambe e braccia. Maurizio è a terra inginocchiato da fitte acute e spasimo. Siamo negli ultimi giorni del mese di luglio e un medico prescrive un visita in Ortopedia.
« In Ortopedia, con l’impegnativa del P.S. Qui mi rispondono che la visita sarà possibile solo il 4 agosto. Mi infurio e chiamo la polizia perché è grave che non si effettui una visita nelle condizioni in cui era Maurizio. La polizia mi tranquillizza e mi dice di insistere, diversamente sarebbero intervenuti. Mio marito non stava bene e lo riporto a casa. La mattina successiva, mentre andava in bagno con le stampelle, Maurizio cade perché sente una scossa alla schiena. Dolori allucinanti e chiamo ancora il 118. Vengono e lo portano al P.S. e da lì alla radiologia dove gli fanno una TAC e una visita medica in Ortopedia. Si evincono ernie e artrosi ma occorrerebbe una Risonanza per meglio definire il quadro reale del problema. In questo tempo, Maurizio non viene ricoverato e non gli fanno nemmeno analisi del sangue, sicuramente auspicabili visto quello che accadrà dopo, in un tempo ristretto».
30 giorni: il calvario continua, niente ricovero.
«Per la risonanza – prosegue Giovanna – non è possibile trovare posto a Olbia e mi consigliano Nuoro dove ci rechiamo con lui il 28 luglio, in privato ma in una struttura convenzionata. Tutte queste prestazioni sanitarie le abbiamo pagate in quanto non abbiamo esenzioni e mio marito ha un lavoro. Il 12 agosto arriva il responso della R.M.N. Degenerazioni artrosiche diffuse tra le ultime vertebre lombari e la prima sacrale e riduzione dei dischi intervertebrali. I dolori erano dovuti a questo problema ma già lo sapeva. Bisognava fare una visita neurochirurgica al Mater ma non ha fatto in tempo, l’avevano prevista per oggi alle 15.30 (ieri 18/08/’20). Maurizio viveva tra letto e divano immobile, non si muoveva più, atrofizzato in ogni minimo muscolo. La sua sofferenza è stata atroce e non posso spiegarmi perché nessuno abbia mai pensato di fare delle semplici analisi del sangue. Il giorno di ferragosto alle 22.35, Maurizio muore nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Olbia, sedato dalla morfina. L’esito dice: setticemia fulminante».
Non aggiungiamo altro a questo terribile racconto, la morte di un giovane pieno di vita che lascia la moglie Giovanna, le due figlie, Aida con Mario e la nipotina di soli 5 anni Ester, l’altra figlia Renata, la madre 82enne Salvatorica. I fratelli e le sorelle, i cognati, i nipoti e i parenti tutti.
La famiglia forse ricorrerà alla giustizia, o forse non lo farà. Esistono però delle evidenti mancanze in questi 30 giorni di lenta e assurda agonia di un uomo che non sappiamo perché avesse in corso una setticemia. I medici non la sanno spiegare la ragione.
E’ certo solo Maurizio Serra ieri mattina è stato accompagnato nel suo ultimo viaggio assieme ad una mesta sensazione di sconforto, rabbia, dubbi e una costellazione di interrogativi sullo stato della nostra sanità pubblica.