La memoria che va raccontata, Curragghja 37 anni dopo.

La memoria che va raccontata è quella di Curragghja, 37 anni dopo la più grande tragedia della comunità. Il suo pesante, insostenibile fardello di morti e interrogativi che resistono perché incise a fuoco nella mente di chi allora c’era e ricorda. Un’altra commemorazione, con lo stesso immutabile spirito di sempre. Troppo forte l’emozione, palpabile nei volti di chi è sopravvissuto e in chi ha morti da commemorare in questa triste giornata. La giornata afosa di oggi è  come quella di  37 anni fa.

La memoria è la gente che tiene a raccontarti dove si trovava quel giorno, quella di chi non era a Tempio ma fu informato mentre si apprestava a tornare. Sono momenti di commozione che si ripetono ogni anno, uguali e sinceri, perché ognuno di noi ha qualcosa da raccontare. Chi era piccolo rammenta il fumo e le campane, chi era a casa era scappato via, chi invece accorse a dare il suo contributo ne traccia il dramma ancora palpabile e reale.

Come Mario Marchesi, dipendente della forestale che sentirete nel video. O come Lucia, allora 15enne che quel giorno non vide il padre ritornare, imprigionato in quella trappola infernale come tutti gli altri deceduti quel giorno e quelli morti dopo qualche tempo.

La memoria che va raccontata con le parole e col silenzio

Una serata iniziata nel luogo del silenzio, nel cimitero cittadino con la deposizione della corona d’allora e qualche canto del buon Giuseppe Sotgiu, altro sopravvissuto. Presenti tutte le autorità civili, religiose, militari e politiche, come sempre. Tra i morti ci furono anche dei forestali e tocca a loro depositare la mesta corona di ricordo. La banda musicale accompagna il corteo che raggiunge il monumento ai caduti, “quest’anno siamo di più”, “lo scorso anno era un tempaccio”.

Il video e le tante foto sono la memoria di questa ricorrenza, a poco altro servono le parole. Tra gli intervistati anche il giornalista del TG regionale, Mario Mossa, allora operaio della forestale. Trattiene a stento le lacrime pure lui. Quel giorno spegneva incendi da altre parti. 

Le note del “silenzio” con la tromba si spandono. Anche il silenzio è memoria che va raccontata. L’alza bandiera, la benedizione del vescovo, il concerto del trio, Onida, Peggin alla chitarra e Sanna alla tromba. Grazie a loro e al Coro Gabriel che ha organizzato questo splendido momento di riflessione e ascolto.Il sole lentamente tramonta sulla collina e su questa commemorazione. Suggestivo momento che accentua ancor di più l’emotività dei presenti. 

 

Il coraggio è consapevolezza che esiste la paura. Sono sentimenti contrapposti ma che coesistono in azioni e gesti eroici. Loro di coraggio ne ebbero tanto, sfidando un nemico troppo superiore a chi vi si oppose con armi semplici. Un esempio da custodire dentro ciascuno di noi e tramandare ai nostri figli e nipoti. Raccontate Curragghja a chi non c’era e sappiate sempre indicarlo come la più nobile azione di altruismo di cui è dato conoscere. Sarà il modo migliore per ricordare ma soprattutto per non dissipare quanto quelle persone ci donarono 37 anni fa..

 

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