Tempio Pausania, Cos’è fare politica oggi?

Tempio Pausania, 20 gen. 2019-

La durezza dei tempi che stiamo vivendo ha determinato un innalzamento vertiginoso della rabbia popolare, siamo sempre più afflitti da problemi quotidiani, dalla mancanza di lavoro, dalle carenze dello stato sociale che perde pezzi di garanzie che prima erano base di partenza e non privilegi come ora. La sanità era una garanzia, oggi è un privilegio che non a tutti è concesso, come la scuola, il lavoro, la giustizia. Tutto quello che in  passato era garanzia per costruire una dignità di vita per tutti, oggi è diventato un favore da chiedere. Da sempre l’interlocuzione dei bisogni si attua attraverso la politica, la sola che è in grado di attuare leggi e modelli di vita che poi diventano stati di fatto.

Nel quadro generale della attuale politica, poche sono le persone che la praticano pensando alle soluzioni dei problemi che viviamo; sono i rappresentanti della nobiltà della polis intesa come bene comune da tutelare e difendere dalle angherie del sistema che ha fagocitato tutto e tutti, come una piovra famelica che divora le fragilità dei popoli.

Pensando alla salute pubblica, mi vengono in mente i tanti esponenti della vecchia classe politica che avevano stabilito il diritto alla salute per tutti, nessuno escluso e mi trovo a pensare a politici come Berlinguer, Almirante, Moro, così separati nelle ideologie di base ma così uniti nella difesa di quella carta costituzionale che era nata dalle ceneri della guerra. La costituzione italiana era per tutti il solo baluardo a difesa della scelleratezza di ulteriori conflitti armati, dei diritti che, in essa sanciti, sarebbero dovuti essere inviolabili per sempre. Dogmi che nessuno avrebbe mai leso o modificato per alcun motivo e da tenere sempre presenti pur nella variabilità della vita che in circa 70 anni ne avrebbe modificato il quadro generale. Come se una famiglia potesse disperdere nel tempo la sua genia. Impossibile! Se provengo da una stirpe, se ne posseggo le caratteristiche, il nome e il sangue, non sarà certo il tempo che la cancellerà, non sarò come un mio bisavolo ma ne avrò certo sangue e cognome, vestirò in modo diverso, mangerò cose dissimili da quelle che mangiava lui, avrò a disposizione strumenti che lui non aveva ma di lui resterà in me la familiarità, e questo è un fatto inalienabile e assoluto.

La conquista dei diritti, che la costituzione aveva sancito, sarebbe dovuta essere non qualcosa da modificare con la cancellazione ma da adattare allo sviluppo ed alla modernità dei tempi che stavano cambiando. La politica avrebbe dovuto avere quel ruolo, lo ebbe sino ad un certo punto della storia ma poi tutto cambiò, e come spesso accade, in peggio, in molto peggio.

Perché?

Perché, mi e vi chiedo, oggi stiamo molto peggio di 20 anni fa? Perché il mosaico delle scelte si è ridotto ad una subdola e maligna forma di adattamento forzato alle coercizioni che ci hanno  resi pavidi e insensibili persino alla mancanza di un lavoro? Perché non siamo in grado di ribellarci ai soprusi e alle ingiustizie di oggigiorno e accettiamo tutto passivamente? Quale macabro e perverso giogo ci facciamo stringere al collo senza fiatare? Perché continuiamo ad accontentarci del poco o nulla e pensiamo che tutto dev’essere, per chi comanda, un obbligo e per noi  un dovere da assolvere?

La politica attuale è paragonabile ad un condominio dove si impara a convivere facendo finta di non conoscersi ma che poi finisce per mangiare sempre alla stessa tavola riccamente imbandita. Anche per questo è poco credibile, anzi è del tutto inservibile, come spesso ho sostenuto, perché chi governa è a sua volta governato, chi amministra è a sua volta amministrato o ammanettato da leggi create ad hoc per ridurne il potere. Quindi, a cosa serve?

A che serve assistere in questi giorni in questa amena città alla presentazione di 10 candidati del territorio che si giocano un posto a Cagliari quando il loro ruolo, qualora fossero baciati dalla fortuna di essere eletti, li veicolerà dentro meccanismi di partito o di coalizione che ne depaupererebbero le potenzialità?

La politica, si dice, sia azione e fatti. Allora, come siamo abituati a vedere, le azioni diventano intenzioni e i fatti alla fine saranno qualche finanziamento per migliorare la città ma mai potranno essere risolutivi per creare lavoro, potenziare un ospedale che sta allo stremo, indurre i giovani a restare per un futuro che non c’è e mai ci sarà.

La politica più spesso diventa assistenzialismo perché la gente, sovrastata dai bisogni reali della sopravvivenza, ad essa si rivolgerà per tamponare qualche falla, riceverne aiuti materiali in denaro per un quotidiano che è e sarà sempre più oscuro. Ecco perché chi urla di più vince. Alla fine, le genti stremate da tutte le difficoltà di cui si è parlato, si piegheranno ai proclami, alle promesse, con un impeto che nasce dalla pancia (vuota) e non dalla testa che diventa oggetto incapace di ragionarci sopra.

Tempio Pausania – foto Giov. Ant. Puliga

Sono molto impaziente di chiedere ai candidati quali ricette miracolose abbiano in serbo per la regionali 2019, quali astuzie politiche portino alla causa della città e del territorio per il quale si candideranno. Alcuni, smaliziati, giocheranno di rimessa proponendo quanto rientra nel loro sapere ma i più, ammaliati dalla loro stessa vanità, avranno serie difficoltà a rispondere ad alcune domande chiave. Tipo, ma per la Sanità tu cosa hai fatto e farai? E per il lavoro che proponi? 

Vedremo, sono davvero molto curioso così come sono certo che nessuno capirà mai perché la politica d’oggi sia diventata inservibile.

Antonio Masoni

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