Giacomo, una storia di SLA, sanità perduta e abbandono.

Caterina "A Giacomo servono dei riferimenti sanitari sicuri. Ci sentiamo soli e senza poter fare nulla per cambiare questa tremenda situazione"

Giacomo Iannelli, 70 anni, ex funzionario bancario in pensione, si ammala di Sla,  Sindrome Laterale amiotrofica, definita dalla Medicina Malattia del Motoneurone. Una malattia del sistema nervoso che purtroppo non da scampo. La devi contrastare con la sola armi della durata. Devi tentare di resistere il più a lungo possibile cercando di evitare le maledette infezioni che ne aggravano il quadro clinico. Giacomo è conosciuto in città, non solo per il suo lavoro ma anche perché è stato impegnato nella ricostruzione del movimento scoutistico locale. E’  membro del MASCI, il movimento degli Scout Adulti.

A narrare la storia di Giacomo è Caterina Cossu, la moglie, ex docente delle Scuole Medie e oggi a tempo pieno dedita alle cure del marito assieme alla figlia Linda. Una donna forte che, da quando Giacomo si è ammalato, è praticamente h24 accanto a lui. Caterina, che ha voluto raccontare lo stato di incuria con cui la Sanità pubblica si occupa di queste malattie degenerative e terminali, vive il dramma di una malattia e dell’attuale impotenza  a gestirla.

« I primi sintomi Giacomo li ebbe nel 2015, mi accorsi io ma anche altre persone di una iniziale zoppia che però non era così marcata. Giacomo ebbe la diagnosi di Sla nel 2016 quando alle cliniche di Monserrato (CA),  ci venne data la notizia».

Un mondo che ti crolla sopra, un pianeta sconosciuto da affrontare, le insidie note e la storia breve di una malattia non comune di cui si sapeva solo la estrema rapidità di evoluzione in peggio. Che poi, a Giacomo, era toccata proprio la forma peggiore, il 3° livello che evolve e devasta in pochi anni.

Giacomo, dai primi sintomi alla conferma di Sla.

Dice Caterina:

«Ho voluto contattarvi (con me anche il corrispondente della Nuova, Angelo Mavuli) per denunciare di fatto la condizione di mio marito, affetto da Sla, che non ha dei riferimenti per la sua grave patologia. Nulla da dire della fornitura di medicine e presidi indispensabili per la sua sopravvivenza, alimenti compresi. Da dire invece sull’assistenza e sulla assenza da almeno 3 anni di quelli che erano i nostri riferimenti sanitari.

C’era un team Sla, con un neurologo Sla, un nutrizionista, uno psicologo, un infermiere e un rianimatore formati su questa patologia. C’era soprattutto la sicurezza che ci lasciava almeno sereni sulla gestione di questa terribile malattia. Col 2017 – continua Caterina – terminano le certezze». 

Il macchinario a riconoscimento ottico che serve a Giacomo a comunicare.

La sua storia inizia a fine ottobre del 2015. Una leggerissima zoppia che gli amici con cui condivideva lunghe passeggiate gli fanno notare. In realtà, non sembrava nulla di preoccupante. Non sentiva dolore ma quella zoppia  andava col tempo peggiorando. Abbiamo pensato alla schiena ma c’era ben altro.

«Giacomo chiede al fratello Pietro, medico, un parere. Pietro  gli consiglia esami diagnostici (RMN) che però non danno esito negativo.  Mi accorsi io che non c’erano solo i problemi di deambulazione ma anche di deglutizione. Il cibo lo doveva spezzettare in minuscoli boli prima di deglutirlo. Lo vedevo anche incerto quando beveva dell’acqua o del vino, come un tappo nella gola che gli impediva una normale assunzione di cibo e bevande e gli causava tosse».

Di lì a poco Giacomo accusa anche dei problemi respiratori. Caterina legge, si informa, osserva altri malati Sla e nei sintomi del marito le appare sempre più chiaro lo spettro di quella malattia tremenda. A febbraio del 2016, la paura diventa concreta, Giacomo parla sempre di più in maniera incerta, “legato”, non sciolto. La sintomatologia appare di carattere neurologico.

Giacomo e Caterina, oltre a Linda, hanno un altro figlio, Pietro che vive e lavora a Bolzano. Pietro, al suo ritorno a Tempio, nel vedere il padre intuisce qualcosa di grave. Una risonanza al cervello (ne farà diverse) conferma che si tratta di Malattia del Motoneurone ossia Sla. A fine del 2016, Giacomo non riesce a mangiare più cibi solidi.

«Giacomo è sempre stato positivo prima di arrendersi al silenzio e al letto»

Giacomo è sempre stato positivo, nonostante avverta che quella malattia sta aggravando tutto il suo stato fisico. Le crisi respiratorie diventano frequenti e pericolose ma già gli hanno inserito la Peg nello stomaco per l’alimentazione. La deglutizione normale non è più possibile. E, purtroppo, non è più possibile la normale respirazione. A marzo del 2017, Giacomo subisce la tracheotomia, un passaggio obbligato per consentire di inserire la cannula dalla quale respira e immette ossigeno nei suoi polmoni. 

«Dopo la tracheotomia, Giacomo vede la sua situazione precipitare. Pensate che il consenso alla tracheotomia, lo ha firmato lui stesso. Le sue mani, dopo, non hanno più ripreso la loro normale funzione. Da quel momento, abbiamo fatto la formazione perché a casa te lo danno dopo appena un mese dal ricovero e dal periodo necessario per noi familiari di apprendere quanto occorre per la cura di Giacomo. A Tempio, l’ADI (Assistenza Domiciliare Integrata) si occupa  tre volte la settimana di lui, dei prelievi e delle necessarie cure. Al resto, pensavano gli specialisti del progetto aziendale Sla che è stato per noi un grandissimo sostegno e aiuto. Ogni settimana, da Olbia, venivano questi specialisti del Team Sla, oggi miseramente finito. Un neurologo, un rianimatore, lo psicologo, utile a Giacomo ma anche a noi, ed un infermiere. Tutto sino al 2017. Da quel tragico fine anno, Giacomo perde l’uso delle braccia e si alletta definitivamente».

«Purtroppo, ed è questa la ragione di  una narrazione di denuncia, il progetto finisce col 2017. Dall’anno seguente il Team Sla esaurisce il suo eccellente progetto. Una fortissima negatività della patologia è che non esiste un personale specializzato, ma solo da formare. Questo vi fa capire con quali difficoltà ci muoviamo noi che viviamo nella paura di vederlo morire senza un aiuto. Infatti, il 118 non è attrezzato per un’emergenza che riguardi un malato di Sla, l’ospedale nostro lo stesso. Servirebbero le figure chiave della Sla, il neurologo e il rianimatore che oggi non sono a disposizione. Il medico di famiglia, è essenziale e va bene ma la sua competenza arriva sino ad un certo livello dell’emergenza».

Dal 2018, “annus horribilis” della sanità sarda, tutto peggiora.

L’annus horribilis della sanità in Sardegna è stato il 2018. Da quel momento nulla è stato come prima. A ricordarcelo non è solo la storia di Giacomo ma anche alcune privazioni della sanità anche a Tempio, dal punto nascita alla chirurgia che inizia a balbettare ed a perdere la sua precedente operosità. Tagli su tagli, compresi ovviamente anche quei finanziamenti al progetto Sla che tanto aveva fatto per i pazienti affetti da questa malattia. Non vengono più gli specialisti una volta la settimana. L’ADI c’è solo 3 giorni alla settimana (con l’emergenza Covid solo una volta) e Giacomo viene assistito solo dalla moglie e dalla figlia, dal medico di famiglia e periodicamente da un medico che si preoccupa di sostituire la Peg (di solito ogni 3 mesi). Su richiesta del medico di famiglia, Giacomo ha anche assistenza di altre figure mediche specialistiche ma solo sporadicamente mentre occorre la continuità.

La famiglia si sente sempre più sola ma Caterina non molla e vuole che le figura di riferimento per la patologia di Giacomo, vengano di nuovo inserite nella esistenza del congiunto.

Giacomo e la famiglia vivono nella paura di restare senza aiuti medici

«Non è possibile vivere nel terrore di perdere mio marito senza aver fatto il possibile per salvarlo. Per me è indispensabile un neurologo e un medico rianimatore nel caso accada un’emergenza. Sembra un paradosso ma dobbiamo ringraziare che Giacomo si sia ammalato nel 2016, oggi per lui non ci sarebbe forse una possibilità di essere assistito e curato. Fatto sta che dal 2018, l’ADI è la sola organizzazione della sanità pubblica che si occupa di Giacomo, con il medico di famiglia e, come detto prima, degli specialisti che, sporadicamente, sono chiamati dal medico di famiglia.

L’ADI della Assl, si interessa della fornitura dei farmaci e degli altri presidi necessari.  Quello che invochiamo è di poter avere dei sanitari a cui rivolgerci. Ci sentiamo soli e drammaticamente persi perché vediamo la situazione dell’ospedale di Tempio. Oggi a Tempio non ci sono anestesisti per poter cambiare la Peg o la cannula in trachea. Il responsabile della Assl, ora è a Olbia e viene a Tempio per alcuni pazienti ma sempre in emergenza per via anche del Covid. Questo vogliamo, il supporto medico specialistico per sentirci tranquilli».

Un ultimo saluto a Giacomo che ci guarda e piange quando entriamo nella sua stanza. La moglie gli asciuga le lacrime. Si commuove ogni volta che qualcuno lo va a trovare. Attorno a noi decine di foto di lui con Caterina, del nipotino che è impresso anche assieme a lui in una coperta che lo copre sul letto. Le foto lo avvolgono e lo fanno sentire a casa. Un momento di commozione acchiappa anche noi, è inevitabile. Giacomo è attaccato ad una macchina, comunica con un PC attraverso un macchinario a riconoscimento ottico.  A febbraio ne avrà uno nuovo, quello vecchio tarda a stare al passo con la stanchezza degli occhi che giorno dopo giorno sono sempre più pesanti. 

Lo abbiamo scritto e detto decine di volte: quando sarà l’anno zero della sanità? Pensate che lo avevamo già vissuto? Nemmeno per idea. 

 

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