Pasqualino Settemonnezze e il 25 dicembre
Il 25 dicembre di Millantar è sempre stato un spasso, anni, addirittura secoli che si trascorreva sempre allo stesso modo, avvolti dalla nebbia e dai fumogeni del pianeta delle truffe. Lo spettacolo pirlatecnico era fantastico.
Le piazze di Fake City si riempiono di mercanti, idiotini alla ricerca di fighe da annusare e cazzoni festaioli che cercavano di imporre il loro modello di vita spirituale. Erano i seguaci del misticismo della minchietta, olistico e novax come pochi altri..
Le donne di Millantar erano speciali, dalle scimmiette sdentate col cuore gonfio d’amore per il prossimo, alle barbute e attempate caciarone che infestavano idiotbook con i denti da orango afghano alcolizzato.
I fuochi d’artificio erano preparati con cura da una ditta specializzata, La Scoreggi e C., azienda al top del settore. La Scoreggi aveva un sistema di sparare i fuochi previa accensione dei deretani dai quali siluravano la grandiosità del 25 dicembre.
Fofò, come veniva chiamato Tarlok, godeva dalla finestra del palazzo a vedere tutta la gioia dei suoi millantariani. Una leggenda, riportata come attendibile realtà, narra che Fofò era anche conosciuto nella galassia come Pasqualino Settemonnezze, per una insolita propensione ai rifiuti, da quelli umani ai tradizionali fanghi tossici e nauseabondi che pare esportò, in un lontano recente (l’altro ieri) nella sua valle, a ridosso del vulcano Ruttor.
Fofò era però inquieto quel Natale. Qualcosina non era andata proprio bene e avvertiva un senso di smarrimento a vedere la migrazione massiccia dai suoi salotti, i famigerati Clen Clen. Ma era Natale, cazzo cazzo, e i cattivi pensieri erano al bando. La festa era in corso, tra bagordi, ciulate di massa e renne al pascolo per le vie di Fake City.
Il fido Testicolini, padre putativo del nuovo trend millantariano dei consorzi, lo assisteva e gli accarezzava la minchia per vederne le reazioni. Nulla, non accadeva nulla. Anche quella era ormai monnezza.
25 dicembre, tra bagordi, ciulate epocali e renne
Lo spettacolo delle renne al pascolo era straordinario. Renne e renni che vagavano per la città alla ricerca di pascoli da brucare. L’aria era fetida di fottiture extralarge, uno che cercava di fregare l’altro. Tra gli altri, il rito della mungitura val la pena che sia raccontato.
Trattasi di una tribale usanza di acchiappare le renne femmine e mungerle. Il latte andava poi bevuto in un solo fiato. A tracanno, come i pastori delle pianure arabo-venete.
Gigius il coglione, era il campione indiscusso del Mungi & Bevi. Ma un beffardo destino lo attendeva quel Natale. Il suo acerrimo nemico, Testiculus, lo fece bendare per comprovare la sua abilità anche da orbo nell’esecuzione di quel rituale.
Scambiò una renna con un renno e Gigius, senza sapere cosa fosse, afferrò il cazziello del renno e lo spremette talmente forte che il renno godette come una biscia guatemalteca alla vista della preda.
Il bramito si udì lontano nella galassia della città della nebbia. Ma, non pago del godimento inatteso, il renno eccitatissimo, atterrò Gigius e se lo inchiappettò seduta stante. Anche stavolta, si sentirono urla disumane ma non erano quelle del renno.
Così, tra un bagordo e un altro, il 25 dicembre trascorreva con la libidine nel cuore dei millantariani.
Il 25 dicembre di Pasqualino Settemonnezze
A palazzo, Fofò, alias Settemonnezze, osservava il suo trono vacillare sotto i colpi dei Detrax. Impavidi guerrieri, i Detrax, stramazzati dalle risate per quel popolo di coglioni che vivevano su Millantar, scommettevano e puntavano sulle prossime mosse del Re.
Bicius e Factorius, scopritori delle panzane sparate a raffica su Millantars, assieme a Farlus il condottiero indiano, alzarono la posta sulla scommessa.
« Scommettete 1000 tok tok che Pasqualino Settemonnezze ha in serbo un’altra freccia?».
Facile vincere anche per questa profezia.
Pasqualino, alias Fofò, alias Tarlok, alias Settemonnezze, ha sempre un asso nella manica. Dal cilindro estrarrà altra merda per mungere ancora quel popolo di imbecilli che si facevano inchiappettare pure dai renni. Provare per credere.
Buon Natale Beoti!