Il cuore che non c’è, l’umanità che scricchiola davanti alle vicende di povertà e disagio. Si abbattono muretti ma si lascia intatta quella montagna che separa le persone in due categorie distinte più le altre mille sfumature che convivono tra loro a fatica. La linea di demarcazione si allunga sino ad assumere contorni estremi, da una parte chi c’è e può, dall’altra chi tenta di esserci ma non ha nulla. Storie di umana sofferenza con famiglie composite, uomini, donne, anziani e bambini piccoli che cercano solo la sopravvivenza. Non c’è cuore in chi non vuole vedere quanti drammi riservi la povertà, che non ha fisionomie uniche ma un’unica costante specificità, la sofferenza.
E non serve ammantare il bisogno di dignità, lo si fa sempre, come se bastasse quella a superare le difficoltà economiche. No che non basta e non può bastare. Non te la mangi la dignità, non ci fai la spesa, non ci paghi le bollette, non ti scaldi. No, non basta l’orgoglio e la fierezza o la testa eretta, nemmeno quelle cose ti servono per sbarcare il quotidiano che ti incalza.
Hai poche scelte, forse nemmeno una. Non sei tra quelli che leggono l’oroscopo e pensano che domani sarà un giorno migliore. Domani per te è come l’oggi o l’ieri. L’aiuto lo chiedi ma ti senti rispondere che ” Non abbiamo soldi per tutti”. La drammaticità di questo momento sociale la si conosce, si tappa un buco ma ci sono tanti crateri ancora aperti.
Il cuore che manca, in un momento così difficile
Il cuore che non c’è è una storia vera, è qui a Tempio, in una palazzina di via Togliatti. Tre appartamenti e relative famiglie. Un allaccio idrico abusivo che risale a tanti anni fa. Nessuno dei residenti è a conoscenza che quella palazzina era servita da acqua non dichiarata. Vi regnano difficoltà lavorative, finanze ristrettissime, bisogni diversi di caratura pesante. Non esistono qui benessere né facoltà tali da modificare il corso della vita di chi ci vive.
Accade che passano molti anni e Abbanoa prende in mano questa situazione anomala e chiede di ufficializzare l’allaccio. Ci vogliono 3.000€ ma le famiglie residenti si impegnano per pagare la metà della somma e la restante poterla rateizzare. La società non cede e rifiuta l’accordo.
Lo avevo scritto prima, il cuore che non c’è, la totale mancanza di empatia da chi gestisce un servizio penoso che ha solo bollette salate e poco più. Non c’è spazio per i poveri, o paghi o ti slaccio l’utenza. O risani il pregresso o resti senz’acqua.
Così dallo scorso 20 dicembre, l’intera palazzina è rimasta all’asciutto. Dai rubinetti non sgorga una sola goccia d’acqua. Tre mesi così, con una vicina di casa che generosamente rifornisce di bidoni d’acqua queste famiglie. Un affronto alla dignità umana, altro che dignità da portare sempre appresso come emblema di chissà cosa.
Dal comune dicono che soldi non ce ne sono. Ci sono persone che non lavorano, qualche Reddito di cittadinanza che basta a malapena per sopravvivere.
Tre famiglie, con più persone e anche bambini che non possono usare acqua, così preziosa e necessaria in questo momento di epidemia, dove si raccomanda igiene assoluta e distanze da rispettare.