La cimice asiatica, nome scientifico Hemiptera Pentatomidae Halyomorpha halysInvasioni, rappresenta una probabile minaccia per le colture sarde, già colpite in maniera ingente dai danni causati dalle invasioni di cavallette. La Coldiretti Sardegna, mette in guardia sulla forte probabilità per il prossimo anno di una invasione di questo insetto, la cimice asiatica.
Per la Sardegna agricola, si potrebbe profilare all’orizzonte un altro possibile pericolo. Tutto ciò all’indomani della invasione di cavallette che ha colpito il centro dell’isola, e la costante e ciclica presenza massiccia di Lymantria Dispar, La cimice asiatica (Hemiptera Pentatomidae Halyomorpha halys), per la quale al momento si può e si deve parlare esclusivamente di prevenzione.
Gli esperti della Università di Sassari hanno registrato la presenza dell’insetto nell’isola, e ne stanno monitorando la diffusione. Le fasi di proliferazione sono già studiate in altre regioni, dove si è giunti già a una fase critica per via dei danni prodotti dall’insetto su una vasta gamma di colture. Colpiti sia il frutto che il seme, dal riso all’uva, dalle mele al grano.
In Sardegna allo stato attuale, gli studiosi parlano di “aumento degli svernanti”, fase che precede i primi ritrovamenti sui campi.
Luca Saba, direttore Coldiretti Sardegna sulla cimice asiatica
«Significa che a partire dalla prossima primavera potremmo trovarci di fronte a una nuova invasione di insetti. Un’emergenza che in altre regioni d’Italia ha rappresentato l’ennesimo flagello per tantissime realtà produttive. Per il nostro governo un’emergenza fitosanitaria nazionale assieme alla Xylella».
Un problema a cui prestare quindi molta attenzione, anche perché è difficile pianificare azioni di contrasto una volta che è già avvenuta la pullulazione, se non attraverso il massiccio utilizzo di insetticidi.
Battista Cualbu, presidente Coldiretti Sardegna
«Insomma, bisogna evitare che si ripeta con la cimice asiatica ciò che è successo per le cavallette. Quest’estate sono state la diretta conseguenza dell’abbandono della lavorazione dei campi (se il prodotto viene pagato poco, gli investimenti aziendali si riducono). Riteniamo fondamentale, alla luce di quanto sottolineato dagli esperti, che si pongano in essere tutte le azioni per contrastare ancora prima del nascere il problema. E’ necessario il coinvolgimento di tutti gli attori, a partire dalla corretta informazione alle aziende. Solo in questo modo non ci ritroveremo impreparati a fronteggiare l’ennesima grossa difficoltà».