Fu battezzato con l’acqua delle lacrime, lo capì quando diventò adulto.

una storia come tante, ma differente nel finale.

Ci mise un attimo a rifarsi una vita.

La precedente si era logorata nella nervosa fila indiana che precede lo sportello delle opportunità mancate. Tutto in lui era stato scelta, dal primo momento che capì di essere uno qualsiasi, senza ricchezze ereditate, senza fondamenti di comodità soporifere o fortune inaspettate. Era stato terrorista quando la pace era dominante, pacifista nella guerra delle fatiche quotidiane che cercano solo sopravvivenza o poco più.

Bisognava rifarsi una vita, fu necessario cambiare direzione. Da quel lontano dolore, senza rendersi conto, cambiò la sua vita che era già quasi vecchio, reduce dall’anticamera dell’età adulta  che non pareva terminasse mai.

Battezzato con l’acqua delle lacrime, amare e dolorose di una madre che aveva perso una figlia di lì a 4 mesi, fu allattato e fatto crescere accanto alle foto color seppia della sorella morta a 6 anni. Temprato da quelle sofferenze, mai una sola volta la sua adolescenza risentì di quella tragedia, la foto gli ricordava di qualcuna che c’era stata e ora non c’era più.

Lui osservava padre e madre,  che alla ricorrenza della morte di Lina, si chiudevano nel silenzio e nella memoria di quell’anno tragico per loro, lo stesso in cui lui era venuto al mondo. 

Era stata l’asiatica, dicevano tutti, l’epidemia influenzale che aveva mietuto tante vittime, curabile quando si poteva disporre di corrette terapie mediche, purtroppo  non sempre disponibili allora. Lina era sua sorella, non l’aveva mai conosciuta, ma lei conobbe lui e nei suoi 6 anni di vita fece in tempo anche a prenderlo in braccio quel fratellino che gli sembrava un fagotto di pezza. Era una deliziosa bimba, dicevano i genitori, giudiziosa e assennata come si era allora, pochi gli svaghi. Qualche giocattolo, qualche semplice distrazione dai primi compiti che raccontavano di una bimba vivace, ordinata, amorevole con lui e con i genitori. Lina morì a novembre del ’57, lasciando dolore in ogni respiro di quella modestissima casa, mentre lui cresceva inscatolato nei panni di un tempo, sorrideva sempre, e fu suo il compito di deviare nei genitori il pensiero ossessivo della figlia morta verso un ritorno difficoltoso alla vita di tutti i giorni. Non fu facile, ma ci si abitua presto che nulla è semplice nella vita, quando ricordi e date ricorrono continuamente a narrarti di assenze e mancanze. Inaccettabile, frustrante, tremendo.

Tra i tanti principi sani con cui si allevavano i figli negli anni ’60, alla base c’erano la semplicità, le attenzioni, le regole. Di vizi pochi, giusto qualcuno per assecondare ancora  l’ingiustizia che aveva tolto una bimba di sei anni ad una famiglia.  Lui aveva avuto la fortuna di essere amato in modo quasi perfetto, avvertiva il peso delle affettuosità da cui veniva circondato ogni giorno, anche dopo la nascita della sorellina, nel ’61. Due figli, lui e la sorella che aveva avuto in dote il nome della sorella morta, Lina. Anzi, essendo nata il giorno di Pasqua del ’61, Maria Pasqualina. Nessuno la chiamò mai così, per tutti fu Maria Lina.

I due figli andavano d’accordo e tutt’ora, seppure lontani, vivono sempre nella piena empatia, poco più di un virtuosismo lessicale per dire, che si vedono poco e nulla ma un pensiero d’amore abbatte sempre ogni distanza. Per loro, la distanza non è mai stato un ostacolo. Lo sanno.  Hanno accettato rare telefonate e incontri ogni tanto. Quando si vuole bene, che sia amore o amicizia, non conta che ci si veda poco. Hanno entrambi sempre pensato di non mancarsi mai troppo perché tanto sanno di esserci lo stesso.

Veniamo a lui, a questo terrorista in tempo di pace e pacifista in pieno conflitto nella quotidianità. In perenne contrasto con quanti giocano a rimpiattino nella vita, si rimbalzano responsabilità e massacrano il prossimo con le armi moderne della tecnologia peggiore che esista, la virtualità. Non ha mai sopportato chi non pratica una vita onesta, detesta i furbi, gli opportunisti, i decantatori di pregiate virtù che si autoincensano, chi millanta o ostenta gradi e mostrine di ammiraglio dell’esistenza.

Oggi va tanto di modo elogiarsi e appiccicarsi medaglie al valore, anche quando non si è mai imbracciato un fucile contro le ingiustizie. Detesta, insomma, i paladini della ciarla, della cialtroneria, del vanto, del malcostume di indossare abiti di altri. Sa bene di non essere nessuno che conta, ma sa anche di contare per chi lo apprezza e lo incita ad andare avanti e tirar dritto verso ciò in cui crede. Ha tante conoscenze oggi, amici pochi, fidati pochissimi, quelli che servono.

Lui cerca di aiutare gli altri, senza scambi o privilegi sul piatto. Non fa patti con chi lo mette sul banco degli imputati, non ha mai commesso nulla di grave. Non ci sono accuse che non possono essere discusse guardandosi negli occhi, né giudizi estranei a cui essere sottoposti quando non è necessario. Lui sa chi è e chi è sempre stato. Non deve essere un altro a dirgli come deve vivere o spendere i suoi spiccioli di umanità. Lui scrive molto degli altri, poco di se. Non lo fa mai se non necessario.

Lui ha visto, letto, scritto, quanto gli è bastato per crearsi un almanacco di figure di riferimento, di azioni da preferire, di silenzi nei quali ritrovarsi, di gratitudine verso chi combatte ogni giorno la sua pena infinita per qualche sopruso patito. Lui, è così, come non conviene oggi, in luoghi dove  spesso  si deve essere  apprezzati per forza,  lo impongono le regole del presenzialismo della convenienza. La peggiore delle ipocrisie che ha cercato di sputare dalla sua gola, come bocconi avvelenati.

Lui scelse, ad un certo punto, che ogni istante della propria vita andava ponderato. Tutto divenne occasioni colte e non raccolte, giuste e sbagliate, per appagare   la sua innata predisposizione ad essere di sostegno a qualcuno, a qualcosa.

“Otterrai se soffri, lotti, almeno ti resterà la coscienza che ti apprezzerà, te la farai bastare. Sei stato abituato appena nato al dolore, che cosa vuoi che ti fermi, chi può limitare la tua corsa, chi bloccare il treno che vorresti prendere? Chi?”

Negli occhi, ancor oggi il ricordo di quella foto color seppia, di una bimba al mare con un secchiello ed una paletta sulla sabbia.

Lina era mia sorella, aveva solo 6 anni quando morì.

Antonio Masoni

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