Un decoro che sarebbe meglio chiamare inurbano. Tanto c’è da dire e da obiettare su questo argomento che lascia sconcertati, sicuramente arrabbiati, per l’incuria dei luoghi migliori della città. Quelli che un tempo, purtroppo lontano, erano i salotti della Tempio che non esiste più.
Un giro a piedi rivela delle brutture evidenti anche per occhi allenati a peggiori e più importanti problematiche degli ultimi anni. Una passeggiata tra la Fonte Nuova, oggi deserto assoluto negli interessi dei cittadini, sempre più rari da vedere alla vigilia della stagione estiva di fatto iniziata grazie alle alte temperature e al clima favorevole. Sino alla sempiterna utopia di Rinaggju, la attempata incompiuta che nessuna amministrazione ha mai risolto.
“Si – mi si dice- ma ci sono i bandi e fra poco si iniziano i lavori“. Nel frattempo, penso, da anni a Rinaggju non ci va nessuno, quei tavolati non ospitano più i tempiesi alla ricerca di aria, acqua e ristoro. Il luogo è più lugubre del silenzio che ci accoglie oramai da tempo.
Lo scorso anno uscivo ogni sera e alla Fonte non ci vedevo mai nessuno. Giusto uno sparuto gruppo di giovani che si radunano dalle parti del monumento o nell’ovale in fondo, in prossimità del bosco di San Lorenzo. A giudicare da questo pomeriggio assolato, anche quest’anno le cose sembrano non diverse, anzi.
Ci segnalano qualche ostacolo per i bambini, con quella scusa approfondiamo osservando altre sconcezze e un senso di inquietante trascuratezza generale che lascia amarezza e tanta rabbia. Penso subito: “Ridateci quella città, con meno luccichii ma almeno decorosa e degna di essere visitata”.
Memorie passate, quando l’orgoglio per questi luoghi, ci induceva a portarci un amico che non li conosceva.
Decoro inurbano: la Fonte Nuova
A parte il frastornante silenzio, il viale all’ingresso appare pulito a sufficienza. Inoltrandoci con necessario passo lento, si iniziano a vedere bruttezze e incuria. Le cascatelle sono sporche, seppure attive. Alla fine del vialetto sottostante l’ovale, c’è la fontanella che custodisce una tragedia remota di un giovane tempiese che vi morì schiacciato. Ridotta in fin di vita, spenta e acciaccata, silente come tutta l’atmosfera di questo luogo un tempo magico.
Ritornando indietro, cerchiamo l’ostacolo segnalatoci. Lo troviamo. E’ un grosso spuntone di ferro che sottendeva anni fa l’altalena dell’area giochi. Insieme alle vecchie piattaforme di cemento che bloccavano i pilastri delle altalene, sono pericolo evidente per i bambini che nonostante tutto troviamo con le mamme a giocare.
Risalendo verso l’ovale, tre gentili donne ci fanno notare il contorno di una delle belle aiuole in granito che hanno alberi all’interno. Distrutta, forse da tempo, ma certo non bello da mostrare. Ascoltando le donne, traspare dalle loro parole tanta nostalgia per un luogo che hanno visto come una delle belle realtà di Tempio.
Laddove hanno messo degli attrezzi del percorso vita, camminiamo su 5/10 centimetri di foglie secche. Prima di addentrarci nel bosco di San Lorenzo per arrivare a Rinaggju, lo sguardo cade sull’ennesimo pozzetto delle acque piovane sgangherato. Una costante della città che anche in passato abbiamo rilevato.
Decoro inurbano: Rinaggju
La camminata lenta e proficua, ci da modo di assaporare la bellezza del nostro bosco, ora ricoperto nel suo sentiero da una ottima pavimentazione. Il verde attorno attende lo sfalcio, ma il tutto appare abbastanza decoroso. La salita si inerpica sino a Monte Passiziu, il nostro Monte Bianco della giovinezza. Sentiamo vociare di bambini che giocano nei vari attrezzi distribuiti lungo tutto il percorso. Almeno qui c’è movimento di giovani. La fontanella di San Lorenzo è ora attivata e eroga acqua buona, somiglia a quella rinomata di Rinaggju e ha risolto tanti problemi per i tempiesi, oggi non più costretti ad andare altrove a rifornirsi del prezioso liquido.
Rinaggju è come sempre, deserto, cronaca infinita di una morte mai annunciata ma di fatto vissuta da 50 anni. Il piazzale principale è spoglio, le solite panche distrutte da anni, qualche residuale tronco di piante abbattute, e le fonti sottostanti quelle principali che non danno più acqua e giacciono in un contorno morto e sepolto. Di lato alle bocche asciutte non si sa da quanti anni, si percepisce chiaro che l’acqua c’è ma va altrove senza uscire dalle bocche della fonte che ha 50 anni.
Prima di ritornare, facciamo in tempo a vedere l’ennesima fuoriuscita di acqua da non si sa dove che quando esonda, allaga sino agli scalini per scendere alle fonti principali. Un sentimento di mestizia si fa strada tra la rabbia e l’ennesima delusione.
Considerazioni
Tristemente ritorniamo verso la Fonte, con appresso le foto che vedete e un sentimento che ora si mischia ancora con un po’ di stanchezza fisica. Un ultimo sguardo su quello che un tempo era un campo di bocce, oggi la sagra dell’erbaccia. Veniamo attratti da musica di cui non riusciamo a capire la provenienza. Sostiamo e prestiamo meglio l’orecchio.
Viene da sotto, proprio da un locale vecchio, inaccessibile perché chiuso da anni. Dentro sentiamo le voci distinte di diversi giovani che fanno baldoria. Come ci sono arrivati? Non lo capiamo ma resta il fatto che questo luogo ha evidenti rischi. Non solo per l’incuria ma anche per le cancellate con spuntoni mortali nell’apice. C’è il tanto di farsi del male e segnaliamo la presenza alla prima pattuglia della Stradale che troviamo. E’ un dovere civico farlo, oltre tutto quei ragazzi bisogna farli uscire e metterli in guardia dei rischi che corrono.
Il viaggio nel decoro inurbano per oggi finisce così.
Una Tempio che non riconosciamo più, alle prese con i conti che un passato di amministrazioni forse non all’altezza ha ridotto a questo stato di apatia diffusa. A parte le persone attempate, quelle che hanno conosciuto tempi decisamente migliori, sembra che della città non interessi nulla a chi deve. E non veniteci a parlare di turismo per favore, che forse è meglio pensare ad altro.