Da portiere aveva parato tutto, nulla ha potuto contro un male rapido e terribile.
Zimbo, al secolo Tonino Casu, se ne è andato oggi dopo una breve quanto tremenda malattia. Con Zimbo se ne è andato anche un periodo della mia giovinezza quando il calcio era sport da pionieri e spesso i calzettoni non erano appaiati. Zimbo, per talento e sua vocazione, era portiere e viveva le partite come se fossero tutti spareggi per non retrocedere. Sempre col coltello tra i denti, con quella bella grinta che sfoderava nelle sue non comuni parate e nella grinta con i suoi compagni. Un leader, uno che non te la mandava mai a dire ma che alla fine ti sorprendeva con un sorriso e una pacca sulla spalla. Era così Tonino, tutto cuore, forza e affetto, verso i suoi meno esperti compagni di squadra. Un grande lavoratore che conosceva il sacrificio nella vita di ogni giorno.
Tonino Zimbo era così, anche con la sua famiglia. L’aveva vestita d’amore, circondata di forza e di bontà, senza mai rinunciare ad una sana e piacevole ironia. Dal mese di marzo, un brutto male lo aveva colpito e in due mesi se l’è portato via. Un grande uomo, un marito e padre esemplare.
Tempio piange un altro pezzo della sua storia. Quel tempo, a cavallo tra gli anni ’70 e gli ’80 che, per i sessantenni di oggi, è un campo da calcio polveroso e un pallone che risuonava di metallo quando lo calciavi. Ogni volta che ci vedevamo, a parte le reminescenze calcistiche, con lui si parlava dell’oggi, delle difficoltà del lavoro, della situazione della città a cui è sempre stato legato. Non aveva mezze parole, sempre sul pezzo e una battuta finale che smorzava qualsiasi negatività. Zimbo era così.
Ciao Zimbo, un abbraccio affettuoso alla moglie, alla cara Giuliana, Gian Mario, Fabio e a tutta la famiglia. Mancherai e tanto.