Giovanna, una storia di disabilità oltre le sofferenze.

La storia di Giovanna Sini, 67 anni, origini campagne perfughesi ma residente a Tempio, è direttamente relazionata al suo stato di salute, una invalidità oggi del 100% che sta alla base di questa vicenda. La conosco attraverso un comune amico, anche lui reduce da una storia diversa ma “vestita” di altrettanta ingiustizia. Lei è oggi in pensione dopo diversi lavori sino al 1995 quando viene assunta in comune a Tempio. Dopo 23 anni in comune, e altri 17 precedenti,  raggiunta l’eta di pensionamento, lascia il suo lavoro a marzo del 2018. La pensione percepita è bassa, appena 700€ al mese e certo non può permettersi che una modesta casa oppure richiedere una dei 20 appartamenti di AREA che alla fine dello scorso anno, si assegnavano agli aventi diritto.

« Signora Giovanna, perché ha voluto che venissi a casa sua per ascoltare la sua storia? »

« Intanto grazie per aver accettato. Il problema è uno solo ma si intreccia con la mia evidente condizione di invalidità. Le case popolari, quelle assegnate già a dicembre dello scorso anno. Tra le cose che mi hanno detto è che era innanzitutto al 1° piano. La seconda cosa che deponeva a mio vantaggio, vista la mia impossibilità a salire e scendere delle scale, era la presenza dell’ascensore »

« Se già c’erano queste due condizioni, soprattutto la seconda, perché le cose non sono andate bene?»

Giovanna “Se non avessi firmato, la casa non me la davano”

« Quando ho firmato, e tenga conto che c’erano tutti i miei documenti sanitari e il mio grado di invalidità all’atto delle assegnazioni dei 20 appartamenti dell’A.R.E.A., non mi era stato detto quale appartamento avessi dovuto avere. La firma è necessaria, non firmare significa in automatico rinunciare. Quindi, il 21 dicembre, vigilia dello scorso Natale, come tutti gli altri assegnatari, sono andata per la consegna simbolica delle chiavi. Quando vado nella nuova casa, nel blocco di via Pertini, inizio a vedere che l’ascensore esiste ma non è attivo. Inoltre, le rampe di scala sono quattro e non una. Sto per rinunciare quando la signora che si occupa di me, una cara persona, e mio nipote  mi inducono ad accettare. Il primo impatto nasce dai primi due ostacoli, ascensore non attivato e quattro rampe di scala. Molto nervosa. entro nella casa». 

« Un inizio immagino negativo e di disagio futuro che se le prospettava. Giusto?».

« Altroché, tenga conto che con me c’era anche il geometra della casa, legato ad AREA Olbia-Tempio, il sig. Tocco. Quando entro nel bagno, minuscolo e senza alcuna dotazione per disabili, crollo letteralmente. Come posso – mi chiedo – pensare di adattarlo alle mie condizioni, o farmi una doccia in un piatto doccia piccolo, il minimo che si trova (80×80 cm). Io sto veramente male, la mia gamba, perché una sola funziona, non va più. I problemi ossei sono tanti, dal femore al bacino, alla caviglia lesionata, al ginocchio a cui sono già operata. Vivo tra dolori lancinanti e una vita segregata senza uscire di casa, se non  con la macchina perché devo assistere un fratello che sta male, peggio di me. Al geometra faccio presente tutto».

Giovanna, “Inascoltata, trattata male e senza un minimo di garanzia per abitare questa casa”

« Il geometra che le dice? ».

« Da lui avevo avuto garanzie che il bagno avrebbe avuto le caratteristiche per disabili, fu la prima domanda che feci lui. Lui disse allora che mi avrebbero messo i corrimano per attaccarsi. Quando ho fatto notare che senza una doccia coi minimi criteri di adattabilità per un disabile, io non potevo vivere, lui si è arrabbiato. Poi mi ha anche detto che certe cose io le avrei dovute dire alla Asl. Alla Asl? Ma quando mai, ribadisco. Ci vivo dentro le leggi, per lavoro prima e ora per necessità. So perfettamente che in questo accordo la Asl non c’entra nulla ma queste case sono nate da un accordo tra AREA e Comune di Tempio.

No, gli dico, siete voi che dovete farmi un bagno adatto alla mia condizione. La legge dice che un disabile assegnatario di casa popolare, deve avere sia la cucina che il bagno con le giuste misure e senza una sola barriera architettonica. Tra l’altro, la legge parla di piano terra e non di primo o secondo piano. Lui scappa via, non si fa sentire. Passa Natale, ed inizio a chiamare questo geometra. Da lui ricevo aggressività e anche male parole che a quanto mi viene detto rilascia a destra e manca, quasi fossi una appestata, prepotente e ingrata. Una con cui  è vietato ragionare. Assurdo, mi creda».

La parola, è inevitabile, passa ai legali

« Giovanna, il geometra le chiude il telefono senza una risposta, la casa quella era e quella rimane. Che cosa ha fatto per avere almeno ascolto e perorare la sua legittima causa?».

« Ho chiamato il legale, per forza. Lei immagini la mia condizione, la aggravi per le condizioni di mio fratello che non sta bene e dal quale devo andare almeno per compagnia, a Olbia, allettato. Ci aggiunga questa impotenza nel sentirmi discriminata, senza una tutela, che avrei dovuto fare?  L’avvocato fa la lettera, l’AREA non risponde mentre il comune risponde ma da poco. Un altro mio fratello, vedendomi sempre triste e piangente a causa di questa profonda ingiustizia, decide di chiamare lui il geometra. La cosa paradossale è che con mio fratello si mostra gentile, al punto che mio fratello quasi dubita che le cose non fossero come lui sapeva da me. Viene fuori che a mio fratello si dice disposto a risolvere la situazione del mio appartamento. La storia prosegue poi con altri incontri e con un altro geometra del’AREA di Sassari che quasi mi sbatte in faccia la mia ingratitudine per  una casa “in regalo”. Ad un condomino che fa le veci gratuite di capo condominio, più volte chiedono se la signora Sini, va nella casa, se sale le scale, se ci abita. Capisce? Sarebbe questa l’umanità di cui tutti parlano? Magari lo avessi potuto fare! ».

Per Giovanna una casa non adatta

« Esiste una normativa di appartamenti AREA con caratteristiche di idoneità a disabili? A lei hanno detto com’era il suo appartamento?».

« Mi hanno detto che c’era una sola rampa di scale. Ne ho quattro invece. E deve vedere che scale! Non lo so di preciso ma penso che ve ne deve essere almeno uno ogni 25 appartamenti. Nella pianta del garage ci sono tre posteggi per disabili, quindi immagino che ci sia una legge ad hoc per stabilire il numero minimo di appartamenti idonei per chi è disabile. In questa palazzine ci sono stalli per disabili, in pianta ma non in pratica. Tenga conto della fatica che faccio io per usare la macchina. Il solo sedermi, è un’impresa. Ho bisogno di spazio per aprire tutto lo sportello, che sia io a guidare o un altro. A me si assegna il posteggio più piccolo che c’è. Non le dico inoltre dei Sanpietrini che danno accesso alle case! Come faccio con la stampella? Ci sono anche due cancelli, uno che si chiude. Quindi barriere architettoniche ovunque. Per andare in queste case, dovrei parcheggiare fuori e pagarmi intanto un garage che non posso usare. La sola soluzione è avere l’ascensore e adattare il bagno alle mie condizioni, cosa che è impossibile, essendo ridotto di misura. 

Per l’ascensore, il comune mi risponde che è a norma ma di fatto non funziona. Scordavo di dirle che la mia domanda di assegnazione di casa popolare risale ad oltre 10 anni fa. La casa che vede, dove siamo ora, è in affitto. Sarebbe ideale perché è comunque a piano terra ma ci sono scalini stretti lo stesso. In più per scendere al locale lavanderia, ci sono scale difficili da scendere con una stampella».

«Insomma, Signora Giovanna, da questa situazione non può uscirne?».

Giovanna “Discriminazione, mancanza di sensibilità, e impotenza”

« Mi sento discriminata, ho a che fare con persone che non mi ascoltano, insensibili, vivo nell’attesa di qualcuno che si faccia carico dei problemi dei disabili con queste problematiche. Mi creda, è vero che rompo le scatole ma le unghie le deve tirare fuori per forza se vive questa realtà. Non siamo tutti uguali, a voglia di dire queste banalità, farsi belli quando non si vive una disabilità. Non si ha nemmeno idea che esistano tantissimi disabili in questa città, non si conoscono le difficoltà, le fragilità che incombono anche per il passare degli anni. Nulla, qui a Tempio, è una realtà a sé. Ora, credo che esistano dei finanziamenti per l’abbattimento delle barriere architettoniche, quindi anche certi lavori sono sgravati di certi oneri fiscali.

Lo penso, non lo so di certo. Ma, qualunque cosa ci sia, io lotto da una vita, ho sempre preso pesci in faccia. Ma sono stanca. Stanca di questa situazione, di una pensione misera con cui pago un affitto anche di una casa popolare che ho visto solo una volta. Sarebbe la mia, ma di fatto non la posso abitare. La speranza è che mi diano l’accompagnamento per avere un altro reddito minimo. Da poco ho fatto un’altra visita perché alla prima mi avevano esclusa Cercare una casa idonea a me, che lo ripeto, vivo da sola. Ora come ora, non me la posso permettere».

La disabilità che punisce oltre lo stato di infermità

Già la vita è difficile per tutti. Ma per la Signora Giovanna Sini, afflitta da patologie gravi, da una disabilità al 100%, che lotta per essere autonoma con una sola gamba deteriorata dalla disabilità, diventa impossibile. Lei, che vede la sua vita ad un bivio per una condizione economica non facile. Con  una casa assegnatale ma non abitabile. Che si ritrova ad essere una rompiscatole solo perché rivendica i suoi diritti. La speranza è che avvenga un incontro e una soluzione. E nessuno si permetta di dire che Tempio è una città a “misura d’uomo”. Intanto, non è vero, e se lo fosse dovrebbe precisare di quale uomo si tratti.

 

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