La narrazione autobiografica del cibo, un metodo di cura nei pazienti uremici cronici.

Concluso con successo il primo corso di formazione organizzato dal servizio di dialisi del Paolo Dettori,

La narrazione autobiografica del cibo è quanto di più bizzarro possa esistere, specialmente se inserita in un contesto scientifico dove il cibo assume una rilevanza sospesa tra il suo valore nutrizionale, la sua provenienza e le tradizioni che ce lo hanno fatto conoscere. Una rassegna, di sapori e conoscenze, che ha entusiasmato i partecipanti a questa prima edizione del corso di formazione promosso da ATS e Assl Olbia.

Destinato ai sanitari e ai pazienti nefropatici, che siano attualmente in dialisi o che siano trapiantati, il corso ha destato curiosità e attenzione.

Il collegamento, nelle intenzioni delle esperte chiamate alla organizzazione, è stato tra la narrazione e la raccolta di ricette, comprese le innumerevoli variabili delle stesse, dovute alla provenienza dei pazienti ma anche a quelle differenze e abitudini che caratterizzano la preparazione di alcuni piatti tradizionali.

Narrazione e raccolta ricette

L’evocazione di eventi passati, sempre col tramite del cibo, le esperienze, le aspettative dei pazienti, dei famigliari e di tutti gli operatori sanitari presenti, hanno creato un piccolo miracolo. Alla fine, sono emerse tante curiosità, sia sulla preparazione dei cibi, sia sulla scelta e le preferenze. Attraverso l’analisi dei risultati, racchiusi in questionari finali, si valuteranno, da un punto di vista medico, sia i possibili rischi e pericoli nell’assunzione di determinati cibi, aspetti nutrizionali che potrebbero incidere nella salute del paziente e sia quelle opportune sostituzioni che ne garantirebbero l’assunzione.

Il corso, che aveva come obiettivi, un laboratorio autobiografico, finalizzato all’autoconoscenza e all’autoriflessione dei pazienti cronici e degli operatori sanitari, alla fine ha raggiunto i suoi scopi e lo ha fatto con il divertimento dei partecipanti. E’ sempre difficile riuscire ad informare senza che il tutto avvenga in modo cattedratico.lezioso e distaccato.

I sanitari, hanno accresciuto il loro bagaglio di pratica riflessiva, la narrazione della propria memoria e l’ascolto. Il tutto, viene poi a ricadere nella loro quotidiana assistenza dei pazienti dei quali si possono conoscere i bisogni migliorando, di fatto, le relazioni interpersonali.

La narrazione autobiografica, i pazienti e il tuffo nel loro passato

I pazienti, gli altri destinatari di questa narrazione del cibo, hanno intanto aperto le porte della loro memoria, specialmente quando si è trattato di pietanze dimenticate mai più mangiate. La consapevolezza del valore dell’esperienze vissute, ha fatto emergere ricordi ed emozioni ma ha anche rielaborato momenti bui e oscuri, rafforzatola consapevolezza delle capacità personali di ciascuno, migliorato le relazioni tra pazienti e tra essi e i sanitari. Il tutto, parlando e ricordando di cibo, seguendo una narrazione che punta ad una più sana alimentazione.

Sullo sfondo, attraverso questa esperienza umana e socializzante come poche, ci si troverà ad affrontare più serenamente un futuro di malattia, consapevoli che si sono individuati gli interventi da utilizzare per contrastare i disagi e le sofferenze.

Un corso di narrazione del cibo può fare questo? No, ma aiuta e favorisce l’accettazione di se stessi e della propria condizione.

La narrazione del cibo con 10 sanitari e 15 pazienti

I partecipanti, 10 sanitari e 15 pazienti, suddivisi in gruppi, hanno con entusiasmo riscritto le ricette, preso appunti, discusso e interrogato se stessi, col proposito di descrivere, al meglio, cibi preferiti, della tradizione, o anche le usanze e le variazioni esistenti per la stessa pietanza. Il tutto, con grande allegria e con una punta di pacata sfida che non guasta.

Le esperte sono state uno psicologo dell’Università di Torino, la dottoressa Carla de Prosperis. Una infermiera psicologo in campo dialitico, Maria Grazia Olivetti, che ha creato il progetto ed ha frequentato la “ LUA” Libera Università dell’ autobiografia ad Anghiari, ed infine un medico nefrologo della struttura complessa di Cagliari, la dottoressa Simonetta Caria. La responsabile del corso è stata la dottoressa Sabina Fancello, dirigente medico del servizio di dialisi del Paolo Dettori di Tempio.

Il tavolo delle esperte relatrici con Sabina Fancello

Una nota conclusiva: questo esempio di formazione legata alla narrazione del cibo, assolutamente positivo e da ripetere, è anche il primo che nasce con lo scopo di rendere migliore la vita di tutti, siano essi pazienti che operatori sanitari, senza imporre chissà quali regole o dogmi. Bastano ascolto e l’innegabile desiderio di tutti di acquisire conoscenza con un sorriso. E i sorrisi non sono davvero mancati.

Alla fine, verrà prodotto un libro che racchiuderà le numerose ricette raccolte e l’esperienza del corso verrà anche raccontata nell’ambito di una manifestazione pubblica che si svolgerà prossimamente in città.

 

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