La normativa sui resti della macellazione.

La Normativa vigente.  Ricordate la recente denuncia di ossa di maiale abbandonate per strada, nei pressi di un passaggio a livello? La denuncia scritta parte martedì scorso per mano del Signor Aldo Cossu che scopre questi resti qualche giorno prima della segnalazione a galluranews. 

La sua affermazione di maiali a due zampe, diede il senso vero della orribile scoperta. Al resto, hanno pensato il caldo, il nauseabondo fetore e il possibile rischio sanitario di resti che non possono essere buttati ovunque si creda. La segnalazione, viene fatta per “supposta pertinenza” al Comando Forestale di Tempio. Questo prevede la logica e il ragionamento di chiunque di noi quando si ha a che fare con qualcosa nelle nostre campagne. In effetti la Forestale si attiva secondo la sua mission ed effettua il sopralluogo. Il sopralluogo. concordato con i tecnici del comune, rivela un altro “mondezzaio” segnalato, a cielo aperto, sempre di ossa di maiale seppure in luogo distante dal primo (zona Tre Fontane).

Le quantità, pare, fossero decisamente maggiori rispetto alle due cassette. Stavolta, sempre per nostre informazioni, chiuse in bustoni di plastica  e per altri resti, a guardar le stelle, in terra, secondo un rituale oramai noto e del quale mai ci stancheremo di denunciare l’inciviltà.

Cosa dice la normativa al riguardo?

Facile pensare che questo genere di reperti, “ossa di maiale”, come di qualsiasi animale macellato, alla fine non si sappia che farne e quindi ciascuno fa come crede per lo smaltimento. Tuttavia, esiste una precisa normativa che abbiamo ricostruito attraverso le opportune conoscenze e leggendo i regolamenti che presiedono a questa materia. L’obbligo esiste per il proprietario dei terreni dove questi rifiuti vengono lasciati. Nel nostro caso: il Comune di Tempio, seguendo le direttive dell’azienda sanitaria.

Perché una normativa esiste, mica ci si inventa tutto in questo paese dove tutti sembrano agire seguendo discipline personalissime e, come nel nostro caso, arbitrarie e decisamente spregevoli.

Gli scarti di macelleria, quali prodotti di origine animale non destinati al consumo umano,sono sottratti all’applicazione della normativa in materia di rifiuti e, quindi, soggetti esclusivamente al Regolamento CE1069/2009/C, solo se sono qualificabili come sottoprodotti ai sensi dell’art. 184 bis, del D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152. Diversamente, in ogni altro caso in cui il produttore se ne sia disfatto per destinarli ad un illecito smaltimento, restano soggetti alla disciplina del Testo Unico ambientale.

Tale principio di diritto, enunciato dalla Corte di Cassazione – Sez. III, 24/03/2009 n. 12844 – trova il suo fondamento nell’art. 185, comma 2, lett. b) del D. Lgs. n. 152/2006, che esclude dall’alveo della disciplina dei rifiuti,in quanto regolati da altre disposizioni normative comunitarie, i sottoprodotti di origine animale, eccetto quelli destinati all’incenerimento, allo smaltimento in discarica o all’utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio.

Tanto premesso, rivestendo gli scarti in questione la natura giuridica di rifiuti, la condotta descritta nel quesito, al pari di quella di un qualsiasi deposito di rifiuti sul marciapiede, anche in assenza dei cassonetti, è vietata dall’articolo 192 del D. Lgs. n. 152/2006, che, ai commi 1 e 2, stabilisce:

1.L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.
2. É altresì vietata l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.

Il reato configura le seguenti pene:

a) la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;

b) la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

La normativa è precisa, ma all’atto pratico cosa fare?

I rifiuti nel nostro caso, erano ubicati in agro comunale, in quanto si tratta di luoghi catastalmente riconducibili al comune. La prima cosa da fare, è chiamare il servizio veterinario.

  • Se il ritrovamento capita ad un cittadino, dovrebbe segnalare, come fatto peraltro, in comune o all’assessore all’Ambiente. Nel caso specifico, la Forestale chiamata al sopralluogo ha risposto alla segnalazione ma ha coinvolto, secondo la procedura codificata dalla normativa,  sia il comune che l’azienda sanitaria. La presa in carico, nel nostro caso, da parte della Forestale, nonostante non prevista, in quanto spetta al proprietario dei terreni segnalare alla Asl, è dunque apprezzabile ma non dovuta. 

Tornando a cosa fare. Resta da ribadire che queste azioni, di vergognosa e inqualificabile inciviltà, contemplano delle regole che vi abbiamo descritto. Il resto, lo lasciamo alle autorità competenti. 

L’azione contro questi personaggi che agiscono in sprezzo all’ambiente in primis, alla nostra salute, e alla normativa vigente, deve essere energica e deve godere della collaborazione di tutti i cittadini.

  • Se vedete o ritrovate voi stessi, questo genere di abbandoni, chiamate subito la Asl e i suoi uffici veterinari;
  • Allertate il comune se i terreni in questione ricadono in agro comunale;
  • Se il terreno è il vostro, avete l’obbligo di rimuoverlo voi stessi, fatte salve le indicazioni della normativa.
  • Non smaltite buttando via tali rifiuti, commettete un reato. 

Se non volete essere voi stessi a fare la segnalazione, scrivere a questo blog potrebbe essere una soluzione. Non che il presente sito risolva nulla ma, conoscendo queste disposizioni a sua volta, interesserà gli uffici di competenza.

foto giovanni Debidda

In ultimo, non siate passivi, non lasciate perdere per farvi i fatti vostri. Sareste complici, seppur non ugualmente colpevoli, di aver permesso che questo luogo, questo fantastico ambiente, rappresenti il luogo maledetto definito “Terra di Nessuno” da chi ne mina quotidianamente l’integrità e la bellezza.

 

 

 

 

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